Chi paga il debito? Le insidie del concetto di “popolo greco”

Ugo Pagano prendendo spunto dal dibattito in corso sui benefici di cui ha effettivamente goduto il “popolo greco” attraverso la concessione del debito e il suo bail out, si interroga sul significato reale di espressioni come “debito greco” e “popolo greco”. Muovendo dall’osservazione che se esiste la mobilità delle persone il popolo che beneficia dei prestiti può non coincidere con quello su cui grava la restituzione del debito, Pagano mostra la rilevanza di questa possibilità per la vicenda greca e, più in generale, per il futuro dell’Europa.

In un interessante dibattito su lavoce.info, Borri e Reichlin hanno discusso con Zingales sull’effettiva entità dei benefici conferiti al “popolo greco” sia dai prestiti iniziali sia dai successivi aiuti alla restituzione del debito. Queste note non si occupano dei problemi inerenti alla quantificazione di quei benefici (e di quanto sia invece andato a beneficio delle banche tedesche e francesi) ma si soffermano sui concetti di “debito greco” e di “popolo greco” che sono stati ripetutamente utilizzati in quel dibattito. Riflettere su questi concetti per darne una più precisa definizione può avere importanti conseguenze per la politica economica europea e non soltanto con riferimento al caso greco.

L’osservazione di partenza è che sia i crediti ricevuti sia i debiti da restituire non riguardano tutti i cittadini greci (sono esclusi quelli che risiedono all’estero) né riguardano soltanto i cittadini greci (possono essere inclusi residenti in Grecia che non sono cittadini greci). Dunque, sono i residenti in Grecia che costituiscono il “popolo greco” da prendere in considerazione quando si analizzano i benefici dei crediti ricevuti e i costi della loro successiva restituzione. Un’ovvia conseguenza di questa corretta definizione di “popolo” è che gli individui che lo compongono possono facilmente diventare parte di un “popolo” diverso. Possono così trasformarsi da debitori in creditori spostandosi da un’area geografica all’altra. Il “popolo” che ha preso in prestito può quindi essere molto diverso dal “popolo” che dovrà, in seguito, sopportarne il peso e, per di più, la sua composizione non è esogenamente determinata indipendentemente dagli effetti del debito sull’andamento dell’economia. Infatti il “popolo” si costituisce endogenamente e spesso questo processo ha un carattere perverso che porta al peggioramento di ogni situazione “debitoria difficile”. Questa ultima va semplicemente intesa come una situazione in cui la restituzione del debito determina dei sacrifici consistenti che ne sviliscono le opportunità economiche di un’area rispetto ad altre aree geografiche con cui la prima condivide un’elevata mobilità dei fattori.

In una situazione “debitoria difficile” si possono scatenare dei processi a catena difficilmente arrestabili. Prima emigrano verso le aree creditrici (o anche solo meno indebitate) i più ricchi e gli individui dotati di capitali più mobili. In seguito al peggioramento della situazione vanno via i lavoratori più qualificati. Dopo il nuovo peggioramento sono spinti a emigrare i giovani in buona salute, e così via. Alla fine per pagare il debito resta proprio chi è meno in grado di ripagarlo. Il “popolo” che paga è composto da coloro che conservano la residenza nel paese debitore e la sua drammatica prospettiva è quella di un impoverimento crescente.

Il debito di un singolo paese, integrato in un’area con elevata mobilità dei fattori, è difficilmente assimilabile al mutuo ricevuto per l’acquisto di una casa: in quest’ultimo caso i debitori sono ben definiti indipendentemente da dove risiedono, mentre nel caso del debito di un paese i debitori sono un insieme endogenamente variabile, e tale è il cosiddetto “popolo greco”. . Infierire su chi è rimasto nel paese debitore non ha alcun senso né da un punto di vista economico né da un punto di vista morale.

Ma vi è una lezione più generale che si può trarre da queste considerazioni. Elevata mobilità dei fattori e restituzione di debiti contratti da paesi che si collocano in aree geografiche economicamente integrate sono difficilmente conciliabili. Per questo solo un “debito federale”, stipulato cioè dall’insieme di paesi economicamente integrati, è compatibile, nelle situazioni difficili, con un’elevata mobilità dei fattori. Peraltro, un debito federale, come è ad esempio quello americano, contiene, inoltre, degli stabilizzatori automatici (le aree in crisi pagano meno tasse e ricevono maggiori trasferimenti) che evitano la desertificazione economica dei singoli paesi in difficoltà.

Il debito di un paese appartenente a un’area economicamente integrata va invece necessariamente tagliato se il suo peso comincia a penalizzare in modo rilevante quel paese. Altrimenti, alcuni residenti nel paese debitore, in particolare quelli più capaci di generare reddito, tenderanno, con un’emigrazione individualmente e socialmente spesso molto costosa, a sfuggire dal debito ed eventualmente a trasformarsi in creditori del loro stesso paese. Frattanto chi resta s’impoverisce sempre di più.

In molti casi una parte rilevante del debito (che talvolta può persino eccedere il valore del debito) viene restituita mediante un cospicuo trasferimento di risorse che, purtroppo, non viene ancora conteggiato dalla contabilità economica in uso: il popolo dei debitori finisce con il cedere a quello dei creditori i suoi talenti migliori, quelli su cui ha investito rilevanti risorse che sono così gratuitamente acquisite dai creditori. Mentre migliora la composizione (non solo demografica) del popolo dei creditori, il popolo dei debitori, privato di questi talenti, tende a ridefinirsi come un popolo diverso, sempre più incapace di pagare il debito e di intraprendere un percorso di sviluppo del suo territorio.

Le cosiddette “generazioni future” del paese debitore, che sono considerate spesso le vittime principali del debito, sono proprio quelle che hanno una probabilità più elevata di trasformarsi da debitori in creditori del paese che ha pagato per la loro formazione. Gli stati che più si lamentano della mancata riscossione dei loro crediti coincidono spesso con quelli che si sono appropriati del capitale umano generato ed esportato gratuitamente dai loro cosiddetti debitori. In un recente studio coordinato da Anna Triandafyllidou  possiamo leggere che i greci residenti in Germania da 276,685 nel 2010 erano già diventati 316,331 nel 2013 e che la Germania è, di gran lunga, la maggiore beneficiaria di questa drammatica emorragia di capitale umano greco. E, come risulta dai dati OCSE, è molto consistente anche il flusso di greci in uscita verso i Paesi Bassi. Come dire, due tra i paesi più intransigenti rispetto alla restituzione del debito.

Il concetto tedesco di schuld, unificando stranamente colpa e debito, genera numerosi problemi. Ma se l’identificazione del popolo dei debitori è tutt’altro che agevole, ben più problematica è l’identificazione del “popolo dei colpevoli”.

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