Cambiamento tecnologico e preferenze degli italiani per schemi di sostegno al reddito

Dario Guarascio e Stefano Sacchi analizzano la relazione tra l’esposizione al rischio di sostituzione del lavoro da parte delle macchine e le preferenze degli italiani nei confronti di due misure chiave di sostegno al reddito, il reddito minimo e quello di base. L’indagine da essi condotta mostra come l’esposizione al rischio tecnologico sia correlata con il sostegno sia al reddito minimo che a quello di base; inoltre, questa relazione viene rafforzata dalla percezione del rischio nel caso del reddito di base.

La rapida digitalizzazione dei processi produttivi ha ravvivato il dibattito economico attorno agli effetti occupazionali e distributivi del cambiamento tecnologico. Come ai tempi di Marx e Ricardo, le posizioni tendono a polarizzarsi. Da un lato gli ottimisti, secondo i quali l’intrinseca capacità del mercato di compensare l’iniziale distruzione di posti di lavoro è destinata a riportare il sistema in equilibrio garantendo il pieno impiego delle risorse. Dall’altro i pessimisti, per i quali disequilibrio, asimmetrica distribuzione del potere e dei redditi e disoccupazione tecnologica rappresentano l’inevitabile manifestazione di persistenti contraddizioni sistemiche foriere di destabilizzazione sociale e conflitti. Al di là delle caricature, la rinnovata polarizzazione del dibattito economico (cfr. V. Cirillo, R. Evangelista, D. Guarascio, D. e M. Sostero, “Digitalization, routineness and employment: an exploration on Italian task-based data”, Research Policy, 2020, 104079) è connessa alla peculiare natura delle tecnologie digitali che si stanno attualmente diffondendo (Big Data, Intelligenza Artificiale, Internet delle Cose, etc.) e alla loro capacità di sostituire mansioni, e dunque di minacciare posti di lavoro, anche laddove l’importanza di prerogative ‘strettamente umane’ come la creatività o l’adattamento a contesti complessi tendeva ad essere considerata un ostacolo insormontabile, a prescindere dall’intelligenza della macchina e dalla volontà degli imprenditori di sostituire lavoro umano.

Qualcosa di cui la letteratura ha iniziato ad occuparsi solo di recente è il legame tra il rischio di automazione della propria professione e le preferenze di cittadini/lavoratori per le politiche sociali. Quest’ultime sono di ovvia centralità nel sostenere i redditi coloro che perdono il lavoro, a prescindere dalla causa che sta dietro tale perdita. Nel recente passato, il discorso politico ha messo in relazione lo spettro di una incipiente disoccupazione tecnologica di massa e la necessità di introdurre strumenti di sostegno al reddito di natura ‘universale’, sconnessi cioè dalla situazione lavorativa/contributiva presente e passata del percettore. Sebbene l’evidenza empirica mostri come gli effetti dell’automazione e più in generale del cambiamento tecnologico riguardino essenzialmente la contrazione nel tempo delle quote di occupazione per le professioni soggette a sostituzione piuttosto che fenomeni di licenziamenti di massa (OECD, Employment Outlook, 2020) e quindi la perdita di centralità e di status di lavoratori occupati in professioni un tempo appetibili, il problema si pone certamente per i nuovi entranti nel mercato del lavoro che hanno difficoltà a trovare una buona occupazione pur con competenze un tempo adeguate, e per chi dovesse perdere un lavoro manuale o di ufficio di tipo ripetitivo.

Questo articolo discute, prendendo le mosse da un lavoro di recente pubblicazione, la relazione che c’è tra l’esposizione dei lavoratori italiani al rischio di sostituzione da parte delle macchine, la percezione che questi hanno di tale rischio e il supporto che esprimono nei confronti di due distinte politiche di sostegno al reddito: i) reddito di base (incondizionato) ii) reddito minimo (condizionato). L’analisi contribuisce a una recente evoluzione della letteratura che identifica: i) la professione svolta dagli individui quale luogo ove le preferenze maturano e prendono forma; ii) il rischio occupazionale legato all’introduzione di nuove tecnologie quale uno degli elementi di rilievo nello spiegare le preferenze individuali nei confronti delle politiche sociali. Vengono introdotti vari elementi di novità. In primo luogo, l’esposizione al rischio di sostituzione tecnologica è preso in considerazione sia in termini ‘oggettivi’, ricorrendo alla misura tradizionalmente utilizzata dalla letteratura economica mainstream e facente riferimento alla quota di mansioni ripetitive e sostituibili che caratterizzano le singole professioni (il Routine Task Index (RTI) – un’ulteriore analisi relativa alla dimensione organizzativa e a quella del potere connessa a tale indicatore è stata trattata da uno degli autori in un precedente contributo del Menabò); sia ‘soggettivi’, avvalendosi del modulo ad-hoc inserito nelle due più recenti edizioni italiane (Round 8, fase di campo condotta nell’autunno 2017 e Round 9, fase di campo condotta nell’inverno 2018) della European Social Survey ove è presente una domanda che consente di misurare il rischio di sostituzione da parte delle macchine percepito a livello individuale. In secondo luogo, viene arricchita l’evidenza sin qui disponibile andando oltre le generiche preferenze redistributive degli individui ed esplicitando le differenze tra reti di sicurezza sociale condizionate e incondizionate. Infine, la relazione generale, testata su un campione rappresentativo degli occupati italiani, viene analizzata con riferimento al genere e verificandone la robustezza riguardo a istruzione e classe sociale di appartenenza.

L’ipotesi di base è che una significativa esposizione al rischio “oggettivo” di sostituzione tecnologica, misurabile attraverso l’RTI, si associ ad un sostegno più elevato nei confronti di misure di sicurezza sociale, reddito minimo e reddito di base. Qualora ad una significativa esposizione oggettiva si associ anche una elevata percezione soggettiva del rischio di sostituzione tecnologica, e questa è la seconda ipotesi, ci si attende che la preferenza nei confronti delle politiche di sostegno al reddito prese in considerazione sia ancora più forte. L’idea è che la formazione delle preferenze sia legata, attraverso processi di apprendimento e di elaborazione dei giudizi soggettivi sui fenomeni economici e sociali, alla professione svolta dal lavoratore.

La figura 1 offre due evidenze di rilievo. La prima: il rischio oggettivo è inversamente correlato alla struttura gerarchica delle occupazioni. Andando verso la parte bassa della struttura occupazionale (‘blue collars’ e occupazioni elementari), la quota di mansioni facilmente sostituibili tende a crescere e con esse il valore del RTI. Un andamento meno chiaro e una scarsa correlazione con lo stesso RTI è riscontrabile se si guarda alla misura soggettiva (rischio percepito). Ciò conferma l’utilità di distinguere e di analizzare congiuntamente le due misure circa la relazione con il supporto nei confronti di reddito minimo e di base.

 Figura 1. Rischio oggettivo e soggettivo per categoria occupazionale

La figura 2 consente invece di apprezzare l’attitudine degli italiani nei confronti del reddito di base universale (UBI, nella legenda della figura), di quello minimo condizionato (GMI, nella legenda della figura) e della funzione redistributiva dello stato più in generale. Con poca differenza tra una rilevazione e l’altra, sia il reddito minimo sia quello di base godono del supporto della maggioranza dei rispondenti con percentuali che oscillano tra il 58% (quota di coloro che nell’autunno 2017 hanno espresso una forte preferenza per il reddito di base) e l’80% (quota di coloro che nell’inverno 2018 hanno espresso una forte preferenza per il reddito minimo). Gli italiani coinvolti nella ESS si rivelano, più in generale, fortemente favorevoli rispetto all’adozione di politiche redistributive.

Figura 2. Sostegno nei confronti di reddito minimo e di base

Combinando le due misure di esposizione al rischio con il supporto relativo nei confronti del reddito minimo e di base, la figura 3 fornisce un’ulteriore porzione di evidenza empirica.

Figura 3. Sostegno nei confronti di reddito minimo e di base per categorie di rischio

Coerentemente con le ipotesi già avanzate, coloro che svolgono lavori caratterizzati da un basso rischio oggettivo e che hanno manifestato una bassa percezione del medesimo rischio (Low Perc., Low RTI, nella legenda della figura 2) risultano essere meno favorevoli della media rispetto a entrambe le misure prese in considerazione. Al contrario, la coincidenza di elevato rischio e significativa percezione dello stesso (High Perc., High RTI, nella legenda della figura 2) si associa ad un manifesto favore nei confronti delle due misure. Una certa eterogeneità è altresì riscontrabile quando vi è discordanza tra rischio oggettivo e percezione.

La relazione tra rischio di disoccupazione tecnologica e sostegno nei confronti di reddito minimo e di base è ulteriormente approfondita mediante una serie di stime che tengono conto, come potenziali fattori alternativi alla relazione principale, di una pluralità di elementi socio-demografici (età, titolo di studio), occupazionali (tipo di contratto: a tempo indeterminato, di durata prefissata, a tempo pieno o parziale, esperienze di disoccupazione), reddituali (reddito della famiglia, insicurezza economica percepita), socio-politici (collocazione all’interno dello spettro politico, partecipazione a organizzazioni sindacali, orientamenti universalistici o particolaristici), territoriali (vivere in regioni aperte o chiuse al commercio internazionale, o caratterizzate da livelli di disoccupazione elevati o in repentina crescita), nonché di elementi direttamente connessi all’oggetto di analisi (sostegno nei confronti di generiche politiche redistributive) che possono incidere sulla medesima relazione. In questo modo è stato possibile isolare, a parità di altre condizioni, il contributo relativo del rischio oggettivo, di quello soggettivamente percepito, e dell’interazione tra i due nello spiegare le preferenze individuali nei confronti delle due misure di sostegno al reddito prese in considerazione. I risultati sono forti e univoci: esposizione al rischio oggettivo di sostituzione tecnologica dà luogo a un più elevato sostegno per entrambe le misure di politica sociale, reddito minimo e reddito di base. Nel caso del reddito di base, inoltre, la percezione del rischio rafforza l’effetto dell’esposizione al rischio oggettivo, incrementando il sostegno. I risultati sono robusti rispetto a diverse specificazioni del grado di istruzione e all’inclusione della classe sociale di appartenenza.

Questi risultati sono però guidati interamente dalla componente maschile del campione. Sebbene gli indicatori di rischio oggettivo per le donne non siano difformi da quelli per gli uomini, per queste le preferenze relative alle misure di politica sociale sono determinate in misura preponderante da rischi connessi alla posizione sul mercato del lavoro quali il settore economico e l’occupazione a tempo parziale. Sembra quindi che siano all’opera due distinte logiche di influenza del rischio tecnologico sulle preferenze di politica sociale: la logica individuata sin qui è operativa solo per gli uomini, mentre per le donne le condizioni di rischio oggettivo esistono, ma il loro impatto impallidisce rispetto ad altri fattori e vincoli strutturali, in primo luogo relativi alle vulnerabilità sul mercato del lavoro.

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