Bitcoin di Stato? Il caso della moneta digitale di banca centrale

Paolo Paesani prendendo spunto da un recente rapporto della Banca dei Regolamenti Internazionali che affronta il tema delle monete digitali delle Banche Centrali, illustra, anzitutto, il funzionamento di questo nuovo strumento monetario; esamina, quindi, le principali conseguenze che potrebbe avere sul sistema dei pagamenti, sulla politica monetaria e sulla stabilità finanziaria; si sofferma, infine, sui suoi possibili vantaggi ma anche sui rilevanti rischi che esso potrebbe determinare.

Il 12 Marzo scorso, la Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) – il forum delle banche centrali del mondo con sede a Basilea – ha pubblicato un interessante rapporto dedicato al tema delle Central Bank Digital Currencies (CBDC). Il rapporto fornisce un utile quadro di riferimento per avviare una riflessione sulla possibilità che le banche centrali creino valute digitali di stato, avvalendosi della tecnologia blockchain utilizzata da Bitcoin e dalle altre criptovalute private. Di fatto, queste valute risulterebbero equivalenti a banconote virtuali, spendibili online, emesse dalla banca centrale attraverso accreditamento su conti appositi, aperti presso la banca centrale stessa.

La questione presenta rilevanti implicazioni in materia di funzionamento del sistema dei pagamenti, politica monetaria e stabilità finanziaria ed è di stretta attualità per diverse ragioni. La progressiva scomparsa del contante in alcune nazioni, come la Svezia, con i dubbi che ciò crea in relazione al tema della privatizzazione completa della moneta, l´entrata di nuovi soggetti privati non regolamentati nel settore dei pagamenti e dell´intermediazione, l´attenzione crescente verso le criptovalute e il binomio finanza-innovazione tecnologica, giustificano l´interesse per il tema in questione. Ma andiamo con ordine.

Al momento, la moneta emessa dalle banche centrali, che i manuali di economia chiamano base monetaria, consiste di due strumenti diversi: le banconote, utilizzate per effettuare pagamenti in contanti in forma anonima, e le riserve bancarie, moneta immateriale emessa dalla banca centrale a favore delle banche che la utilizzano per regolare i pagamenti interbancari. Le monete metalliche si affiancano alle banconote per formare il circolante ma godono di uno status particolare sul quale non possiamo soffermarci in questa sede. Sulla base monetaria, e in particolare sulle riserve bancarie, fa leva la creazione dei depositi bancari, che come è noto sono un multiplo della base monetaria. Per dare un´idea dei valori in campo, nell’eurozona nel 2017, a fronte di una massa di circolante in euro pari a 1.112 miliardi, esistevano depositi in conto corrente per 6.635 miliardi, depositi vincolati o a risparmio per 3.456 miliardi euro (Fonte: Banca Centrale Europea).

Ogni volta che una banca (es. la Banca A) concede un prestito a un individuo o a un´impresa, crea un deposito di pari ammontare a favore del mutuatario, che inizia a spenderlo, alimentando la creazione di nuovi depositi. Quando ciò avviene, la Banca A trasferisce alle banche, presso la quali sono aperti i depositi di chi riceve pagamenti dal mutuatario originario, riserve bancarie per un valore corrispondente a quello dei pagamenti. Le banche che ricevono questi fondi, ne depositano una parte presso la banca centrale (riserve libere e obbligatorie) e utilizzano il resto come base per nuovi prestiti. Una parte della moneta che si forma in questo modo, esce dal circuito ogni volta che qualcuno decide di prelevare contanti. Se aumenta (diminuisce) la percentuale di riserve che le banche scelgono di tenere “in deposito” presso la banca centrale o se aumentano (diminuiscono) i prelievi di circolante, il processo di creazione della moneta bancaria (moltiplicatore monetario) rallenta (acquista velocità).

Fino a questo momento, il mondo della moneta ha funzionato secondo lo schema testé tratteggiato, consentendo alle banche centrali di esercitare un controllo efficace sul sistema dei pagamenti, sulla liquidità generale del sistema e sui tassi d´interesse e di cambio (attraverso la politica monetaria). L´arrivo delle criptovalute, che alcuni vedono come un´occasione di libertà e altri come uno strumento al servizio del crimine, mette in discussione l´assetto esistente, attirando perciò l´interesse delle banche centrali, fra cui – non a caso – la Riksbank svedese, delle istituzioni internazionali, come la BRI o il G20 e dei singoli economisti.

La moneta digitale di banca centrale, di cui parla il rapporto della BRI, consiste in una valuta digitale creata, gestita e depositata presso la banca centrale stessa, diversa dalla banconote e dalla riserve bancarie, da utilizzare come intermediario degli scambi, mezzo di pagamento e riserva di valore.

Una diffusione limitata di questo strumento, ristretta ai soli intermediari specializzati, con l´obiettivo di agevolare lo scambio di prodotti finanziari specifici (titoli e derivati), non avrebbe effetti dirompenti. Si tratterebbe, di fatto, di ampliare la gamma di strumenti di pagamento che la banca centrale riserva agli intermediari finanziari senza coinvolgere il resto del sistema economico. I vantaggi rispetto alla situazione attuale sarebbero tre: la disponibilità di liquidità in tempo continuo, slegata dagli orari di apertura degli sportelli di banca centrale, la possibilità di effettuare pagamenti peer-to-peer e la possibilità di mantenere l´anonimato nei confronti della banca centrale, almeno nei limiti consentiti dalla tecnologia blockchain.

Il discorso sarebbe molto diverso se le banche centrali consentissero ai singoli cittadini e alle imprese di utilizzare il nuovo contante digitale emesso o di aprire dei conti digitali presso di loro. In questo secondo caso, le banche centrali entrerebbero in concorrenza con le banche ordinarie nella gestione dei pagamenti e dei risparmi, recuperando un prerogative che alcune di esse (es. la Banca d’Inghilterra) hanno esercitato in passato, prima di essere nazionalizzate, con effetti potenzialmente dirompenti sulla tenuta del sistema bancario privato.

L´esigenza di mantenere un controllo efficace sui pagamenti potrebbe giustificare una scelta del genere, soprattutto nel caso in cui l´introduzione della CBDC permettesse di ritirare dalla circolazione le banconote di taglio più elevato. Inoltre, l´esistenza di una CBDC faciliterebbe la transizione verso l´abolizione del contante che tanti auspicano in nome della lotta al riciclaggio e all´evasione fiscale, con la possibilità – almeno potenzialmente – di tracciare digitalmente qualunque pagamento al dettaglio e/o all´ingrosso. Al di là di questi vantaggi, che acquisiscono maggior risonanza nel quadro di una riflessione sul tema della moneta come bene pubblico, i rischi non mancano e non sono di poca importanza.

In condizioni normali, la possibilità, per i cittadini e le imprese, di aprire un deposito presso la banca centrale, che non corre rischi di liquidità (almeno in termini di valuta nazionale), potendone emettere quanta ne vuole, e che può fallire con la stessa probabilità con cui può fallire lo stato, metterebbe a rischio la raccolta di depositi in conto corrente. Perché tenere il proprio denaro presso la Banca X, esposta ai rischi di liquidità e d´insolvenza, quando esiste la moneta digitale di banca centrale? In risposta a una domanda del genere, le banche private potrebbero offrire interessi sui conti correnti, con un vantaggio per i clienti e un costo aggiuntivo per le banche stesse, trasferito verosimilmente sui mutuatari. In condizioni particolari, però, l´emergere di dubbi sulla stabilità di una banca o il profilarsi di rischi sistemici, acuirebbe il problema, rendendo possibile una corsa agli sportelli (bank run) che porterebbe i depositanti a spostarsi in massa dalle banche private verso la banca centrale. In un contesto particolare come quello dell’eurozona, con paesi molto diversi fra loro per condizioni economiche strutturali e cicliche, ciò potrebbe generare con travasi di liquidità dai paesi più deboli a quelli più forti effetti differenziati da un paese all’altro.

Il problema evidentemente si amplifica, se dal piano domestico ci spostiamo su quello internazionale. L´esistenza di una CBDC potrebbe consentire “corse digitali” verso le banche centrali, che emettono valute di riserva internazionali, come il dollaro, l´euro e il franco svizzero, con velocità e dimensioni senza precedenti. Inoltre, l´esistenza di un nuovo prodotto finanziario, massimamente liquido e magari fruttifero, potrebbe mettere sotto pressione i diversi segmenti del mercato monetario e in particolare quello dei titoli di stato a breve termine e quello della carta commerciale. Si tratta evidentemente di ripercussioni imprevedibili di cui è difficile valutare la portata in assenza di maggiori dettagli.

La CBDC non influirebbe sulla discrezionalità che le banche centrali hanno nella scelta degli strumenti di politica monetaria nonché sulla scadenza, liquidità e rischio di credito delle loro attività. Tuttavia, se i flussi verso la CBDC diventassero ingenti e non associati a un diminuzione significativa nell´uso delle banconote, come potrebbe accadere in periodi di stress finanziario, le banche centrali potrebbero trovarsi di fronte a sfide inattese (come la necessità di ampliare le attività che detengono come garanzia a fronte dei prestiti concessi al sistema bancario). La moneta digitale di banca centrale potrebbe arricchire il kit degli strumenti di politica monetaria, facilitando la trasmissione di variazioni nei tassi ufficiali d´interesse verso i tassi di mercato. Non è chiaro, tuttavia, se vi sia davvero bisogno di un´innovazione del genere. Gli strumenti e le politiche convenzionali e non convenzionali, messe in campo dalla banche centrali, possono in una certa misura raggiungere risultati simili senza introdurre nuovi rischi e sfide. Su questo, in un interessante paper recente, scritto per la fondazione Hoover, Michael Bordo e Andrew Levin, analizzano il futuro della politica monetaria, soffermandosi sulla capacità della CBDC di assolvere alle funzioni tradizionali della moneta e sulle implicazioni derivanti dall´esistenza della CBDC per la formulazione della politica monetaria.

Alla luce delle considerazioni testé sviluppate, e per altri motivi, che il rapporto chiarisce in dettaglio, la BRI suggerisce di mantenere un atteggiamento di estrema prudenza nei confronti dell´ipotesi di una CBDC alla portata di tutti. Le valute digitali sono uno strumento rivoluzionario che le banche centrali dovrebbero prendere in considerazione, ma rimangono troppo rischiose per essere utilizzate come moneta a corso legale in tempi brevi.

Schede e storico autori