Alcune conseguenze dell’inclusione delle attività illegali nel Pil

Morales Sloop descrive le nuove regole (ESA-2010) per il calcolo del Pil e quelle relative alla decisione di contabilizzare nel Pil di tutti i Paesi Europei le attività illegali legate al traffico di sostanze stupefacenti, alla prostituzione e al contrabbando di sigarette e alcol. Egli offre anche una valutazione dell’impatto che si potrà avere sul Pil, delle conseguenze che ne deriveranno per i deficit ammissibili in base alle regole europee e del probabile aggravamento della comparabilità internazionale dei Pil dei diversi paesi.

*Pubblichiamo nuovamente, per la sua attualità, questa scheda originariamente comparsa sul Menabò del 1 luglio 2014.

Dal prossimo ottobre, le regole di calcolo del Pil cambieranno. Le conseguenze saranno numerose e su diversi piani; ad esempio potrà cambiare l’entità del deficit pubblico consentita dai vigenti parametri europei, con effetti rilevanti sulla nostra vita quotidiana.
Le novità riguardano principalmente due aspetti: l’introduzione dell’ESA-2010, ovvero delle nuove procedure relative all’European system of accounts (SEC nell’acronimo italiano), e alcune modifiche nella compilazione dei conti stessi. L’obiettivo di questa scheda è chiarire i dettagli di tali novità, discutendo, dapprima, i cambiamenti legati all’adozione dell’ESA-2010, e concentrando, poi, l’attenzione sulle novità legate alle modifiche nella compilazione dei conti, in particolare sulla decisione di contabilizzare nel Pil di tutti i Paesi Europei le attività illegali legate al traffico di sostanze stupefacenti, alla prostituzione e al contrabbando di sigarette e alcol.
Come riassunto nella tabella 1, l’introduzione dell’ESA-2010, che sostituisce l’ESA-95, comporterà tre principali modifiche. La prima, con un impatto positivo sul Pil, stabilisce che le spese in Ricerca e Sviluppo e quelle per gli armamenti pubblici siano considerate come investimenti e non più come costi intermedi. La seconda, che ha effetti nulli sulla misura del Pil, attiene all’introduzione di una nuova metodologia di stima degli scambi con l’estero per le merci da sottoporre a lavorazione. Infine, la terza modifica, che inciderà sul livello sia del Pil che del deficit, riguarda la revisione dell’elenco dei soggetti appartenenti alla P.A.
In base alle prime stime di Eurostat, le nuove metodologie previste nell’ESA-2010 dovrebbero comportare una crescita del 2,4% del Pil dell’intera Unione Europea. Per l’Italia, invece, l’aumento dovrebbe attestarsi tra l’1 e il 2% (tabella 1).

Tab. 1: Stime provvisorie dell’impatto sul Pil del passaggio a ESA-2010

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Fonte: Eurostat

Come anticipato, però, l’obiettivo di questa scheda è di approfondire quegli aspetti, comuni a tutti i Paesi europei e non strettamente legati all’ESA-2010, derivanti da alcuni cambiamenti nella compilazione dei conti.
L’esigenza a livello internazionale di ottenere stime affidabili, esaustive e, soprattutto, comparabili tra paesi aveva portato già con l’ESA-95 a includere nella frontiera della produzione anche l’economia illegale. Riprendendo lo stesso concetto l’ESA-2010 stabilisce che “Le attività economiche illegali sono considerate operazioni quando tutte le unità partecipanti intervengono consensualmente. Di conseguenza, l’acquisto, la vendita o gli scambi di droghe illecite o di refurtiva si configurano come operazioni, al contrario del furto che non è considerato una operazione”. Si riconosce così un valore economico a tutte quelle attività, anche illegali, in cui esiste uno specifico accordo tra compratore e veditore.
Stimare l’entità degli scambi illegali è però molto complicato e le differenze nei sistemi giuridici degli stati membri –alcuni paesi considerano illegali attività che invece sono legali per altri– complicano ulteriormente il quadro. Per tali ragioni le attività economiche illegali erano finora state escluse dai conti nazionali di tutti i Paesi dell’Unione Europea.
Nel prossimo futuro, tuttavia, lo scenario cambierà. Eurostat, infatti, fornendo linee guida ben definite, ha richiesto a tutti gli Stati Membri di includere nel calcolo del Pil il contributo economico derivante dal traffico di sostanze stupefacenti, dai servizi della prostituzione e dal contrabbando di sigarette e alcol. Ma qual è il valore di tali attività? Con quale grado di precisione si riesce a calcolarle? E, ancora, con quale metodo sarà calcolato il Pil reale per la parte inerente le attività illegali e, conseguentemente, quale sarà l’effetto sul deflatore del Pil e sul tasso di crescita di quest’ultimo?
Ad oggi, ad eccezione di alcuni calcoli da parte dell’Ufficio Nazionale di Statistica del Regno Unito, non si dispone di stime sul valore economico delle attività illegali. In attesa di conoscere ufficialmente quale sarà l’incremento del Pil italiano legato all’inserimento di queste attività, proviamo allora a delineare qualche scenario possibile.
In alcuni lavori preliminari presentati dall’Istat è stato calcolato, per il solo consumo di droga nel 2005, un valore pari allo 0,4 % del Pil. L’ufficio statistico del Regno Unito  per il 2009, invece, stima un impatto della prostituzione e del traffico di droga pari allo 0,7% del Pil. Stime ben diverse sono invece fornite in un lavoro pubblicato dalla Banca d’Italia [1. Cfr.: Ardizzi G., Petraglia C., Piacenza M. and Turati G. (2012) “Measuring the underground economy with the currency demand approach: a reinterpretation of the methodology, with an application to Italy”], che quantifica al 10,2% del Pil nel 2005 e al 12,6% nel 2008 il valore delle attività legate a droga e prostituzione.
Discrepanze così ampie possono essere in parte spiegate dalle diverse metodologie di stima adottate. Nel lavoro della Banca d’Italia si segue il currency demand approach [2. La dimensione dell’economia sommersa, nel Currency Demand Approach, è ottenuta applicando la velocità di circolazione della moneta, registrata nell’economia ufficiale, alla domanda di contanti per transazioni irregolari. Quest’ultima variabile è calcolata stimando l’eccesso di domanda di contanti – riconducibile alla decisione di effettuare transazioni irregolari per evitare gli adempimenti fiscali – rispetto alla liquidità standard.], in quelli dell’ISTAT e dell’Ufficio Statistico britannico diverse metodologie a seconda dell’attività considerata. Nel caso delle sostanze stupefacenti la metodologia prevede una stima del valore economico sia dal lato dell’offerta sia dal lato della domanda. La domanda viene stimata moltiplicando il numero di consumatori per una media delle quantità consumate per un prezzo “di strada” (opportunamente pesato per il grado di purezza); dal lato dell’offerta, invece, il valore è ottenuto moltiplicando il prezzo “di strada” (sempre pesato per il grado di purezza) con la quantità consumata, ottenuta tenendo conto delle quantità importate e dei sequestri effettuati. Nel caso della prostituzione, invece, sembra essere preferita la sola stima dal lato dell’offerta e il valore dell’attività viene ottenuto sottraendo alla spesa per consumi in prostituzione i consumi intermedi sostenuti per lo svolgimento dell’attività. Non sono invece, al momento, disponibili informazioni sulle metodologie seguite per stimare il valore del contrabbando.
Sulla base delle stime disponibili è, però, possibile effettuare un primo esercizio per stimare come sarebbe variato il rapporto deficit/Pil in Italia negli anni 2010-2013 laddove nel denominatore si fosse inserito anche il valore delle attività illegali. Consideriamo due scenari: nel primo (ipotesi minima) si ipotizza un aumento del Pil pari allo 0,7% (coerente con le stime Istat e del Regno Unito), nel secondo (ipotesi massima, basato sulle stime della Banca d’Italia) si assume una crescita del 12,6%. In base all’ipotesi minima, nel 2013 il rapporto deficit/Pil migliorerebbe di soli 0,02 punti percentuali rispetto al valore attuale del 3%, mentre nel secondo scenario la riduzione del valore del rapporto sarebbe sostanziale, pari a 0,34 punti percentuali.

Figura 1: Impatto del valore delle attività illegali sul rapporto deficit/Pil

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Fonte: nostre elaborazioni

Traducendo in valori assoluti le percentuali riportate nella Figura 1, ceteris paribus, le attività illegali determinerebbero un aumento del Pil tale da consentire, sempre nel rispetto del rapporto del 3,1% tra deficit e Pil, di aumentare il deficit di un importo compreso tra 600 milioni (ipotesi minima) e ben 6,3 miliardi di euro (ipotesi massima).
Indipendentemente dal valore assegnato alle attività illegali, il rapporto deficit/Pil trarrà, dunque, un beneficio dall’introduzione di tali attività. Questo vantaggio non è, però, senza costi. Ad esempio, le difficoltà di stima di queste attività renderanno inevitabile il ricorso a assunzioni non soltanto arbitrarie ma anche variabili da paese a paese, con la conseguenza di vanificare i molti sforzi profusi per raggiungere la tanto auspicata comparabilità internazionale dei dati.

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