Rosetta, la cacciatrice di comete

Il 6 Agosto 2014, Rosetta, la cacciatrice di comete dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), dopo un viaggio di dieci anni è arrivata paziente e puntuale al suo appuntamento, a 500 milioni di km dalla Terra, con una piccola, piccolissima, cometa, dalla forma a “paperella” e un nome impronunciabile 67P/Churyumov–Gerasimenko. E qualche mese dopo, il 12 Novembre, dopo aver effettuato più di un miliardo di calcoli per trovare la traiettoria giusta, ha fatto atterrare su quel sasso polveroso e ghiacciato di 4 km, il suo Lander Philae, il primo “piede”(robotico) posato dall’uomo su una cometa. E’ il risultato di una straordinaria cooperazione europea e della sua eccellenza tecnica e scientifica, ma anche del coraggio di provare a fare cosa mai fatte prima, paradigma assoluto e motore di innovazione

Questa missione è, infatti, una delle più ambiziose e complesse mai concepite nella storia dell’esplorazione del Sistema Solare. Per arrivare a quell’appuntamento Rosetta ha percorso oltre 6,5 miliardi di km, ha ricevuto quattro spinte gravitazionali effettuando orbite attorno alla Terra e Marte per caricarsi di energia, utilizzando ad ogni giro, come fa una fionda, il loro campo gravitazionale per aumentare la velocità. Ha poi incontrato da vicino due asteroidi, Steins e Lutetia, ma a quel punto, considerando che mancavano ancora quattro anni all’incontro con la sua cometa, Rosetta ha messo i suoi strumenti a “dormire”, per risparmiare energia. Nella sua silenziosa traiettoria verso quel lontano rendez-vous, Rosetta ha così trascorso ben 31 mesi in ibernazione (cosa mai fatta prima!), con tutti gli strumenti disattivati ad eccezione di un orologio interno che, senza alcun intervento dalla Terra, il 20 Gennaio 2014 ha fatto suonare la sveglia, perché ormai si stava per arrivare.

L’ evento “Wake up Rosetta!” è stato seguito da milioni di persone in tutto il mondo come dimostra anche il successo che ha avuto sui social network. Qualche mese dopo, Rosetta ha finalmente trovato la 67P, e con una serie di manovre di avvicinamento incredibilmente complesse, si è posizionata per ruotarle intorno, in quell’ordinato minuetto con cui accompagnerà la cometa per più di un anno. Le magnifiche foto dal buio di quegli spazi profondi sono arrivate subito. E già questo sarebbe bastato a fare di Rosetta una missione straordinaria. Ma un altro capitolo stava per iniziare.

Quando Rosetta è arrivata sufficientemente vicina alla cometa per sentire la sua, seppure debolissima, gravità, ha lasciato cadere Philae, un lander delle dimensioni di una lavatrice, che in una discesa al rallentatore – circa 7 ore per una caduta di 22 km – ha centrato quel sassolino, non certo immobile ma in corsa verso il Sole all’incredibile velocità di 135000 km all’ora. La discesa di Philae, autonoma e non controllata da Terra, è stata piuttosto movimentata nella fase finale: il malfunzionamento di alcuni sistemi di ancoraggio hanno fatto sì che il lander rimbalzasse due volte, a causa della bassissima gravità, trasformando il primo atterraggio di un oggetto creato dall’uomo su una cometa in una sorta di triplice touch-down al rallentatore. Dopo poco, il segnale è arrivato, Philae era sul nucleo ghiacciato di una cometa. Un successo senza precedenti, il nostro uomo col suo piede robotico sulla Luna, e là fuori in uno spazio che oggi è meno infinito di ieri.

C’è questo e molto di più nell’ esplosione di gioia all’European Space Operations Center dell’Agenzia Spaziale Europea in Germania quando arriva il primo segnale di Philae, e la tensione si scioglie finalmente negli applausi. Come commenta il Direttore Generale dell’ESA, Jean-Jacques Dordain : “Noi Europei siamo stati i primi a farlo, e lo saremo per sempre”.

Ricevuto il segnale che Philae aveva toccato il suolo ed era pronto ad iniziare la sua missione, tutta l’attenzione degli specialisti di missione si è concentrata su come sfruttare al meglio le 64 ore disponibili prima che le batterie principali si esaurissero. La sua posizione finale infatti, sul bordo di un cratere a circa un kilometro di distanza dall’area inizialmente prevista, lo ha privato della quantità di luce solare sufficiente a ricaricare le batterie tramite i pannelli solari. Nonostante questo, alcuni dei dieci strumenti a bordo di Philae hanno già fornito informazioni inedite: la superficie della cometa, almeno nel punto in cui si trova il lander, è molto più dura del previsto, con uno strato abbondante di polvere e ghiaccio più in profondità. Inoltre, le analisi dei dati ricevuti permetteranno di stabilire con precisione quali composti chimici sono presenti nell’atmosfera e nel suolo, e potranno anche dare nuove e definitive conferme sulla presenza di composti organici ed in particolare di amminoacidi, i mattoni essenziali per la vita: una scoperta che avrebbe implicazioni profonde per capire come si sia evoluta la vita sulla Terra.

Philae ora si è spento, ma è possibile che con l’avvicinamento al Sole le batterie si ricarichino nel corso dei prossimi mesi, e comunque Rosetta continuerà a orbitare intorno a 67P e a seguirne l’evoluzione durante l’avvicinamento e il successivo allontanamento dal Sole .  Nel corso del prossimo anno potremo assistere e studiare da un punto di vista unico e privilegiato la formazione della chioma e della coda della cometa, man mano che l’aumento della temperatura trasformerà il ghiaccio  presente nel nucleo in crescenti quantità di acqua e gas, con un picco corrispondente al punto di massimo avvicinamento al Sole, il 13 Agosto, quando la  superficie della cometa si prevede emetterà tonnellate di acqua e gas

L’Italia, terzo paese contributore all’ESA, ha partecipato in maniera consistente alla missione. L’Agenzia Spaziale Italiana è, infatti, parte del consorzio internazionale per il lander Philae, è stata membro del comitato decisionale e ne ha co-gestito il progetto. Sull’orbiter ben tre degli undici strumenti scientifici sono stati costruiti in Italia: VIRTIS, dedicato allo studio del nucleo cometario e realizzato dall’Istituto Nazionale di Astrofisica di Roma; GIADA che permetterà lo studio delle polveri della chioma, proveniente dall’Università “Parthenope” di Napoli e OSIRIS/WAC, realizzato dall’Università di Padova, che potrà fornire una mappatura dettagliata della superficie della cometa. Inoltre, il Politecnico di Milano ha realizzato lo strumento di raccolta e distribuzione dei campioni SD2 situato a bordo di Philae, mentre altre industrie italiane sono state coinvolte nell’assemblaggio e integrazione dei componenti. E’, infine, in gran parte italiana la tecnologia degli innovativi pannelli fotovoltaici, gli elementi chiave senza cui non sarebbe stato possibile dare energia alla sonda in questa remota regione del Sistema Solare, a meno di ricorrere ai sistemi nucleari RTG.

La motivazione di questa missione è essenzialmente scientifica. Una missione inedita, con l’obiettivo di dare risposte a interrogativi profondi quali l’origine della vita stessa sulla Terra. L’importanza di studiare e capire da vicino cosa sono le comete nasce dal fatto che sono corpi planetari “primordiali” composti principalmente da roccia, ghiaccio e polveri, originati agli albori della formazione del Sistema Solare, circa 4,6 miliardi di anni fa, e che da allora non hanno subito alterazioni nella composizione chimica, a differenza dei pianeti. Le comete hanno saputo preservare i “semi” del nostro sistema solare e, quindi, le informazioni che ci permetteranno di capire meglio l’origine e l’evoluzione del Sistema Solare, spiegare la provenienza dell’acqua sulla Terra nonché il contributo alla nascita della vita sul nostro pianeta attraverso molecole organiche e amminoacidi.

Il significato del successo di Rosetta va comunque ben oltre i risultati scientifici e tecnologici già di per sé straordinari. Innanzitutto, l’esperienza e professionalità acquisita e dimostrata dall’ESA rafforzano l’Europa intera nel contesto internazionale, specialmente nei rapporti con le altre agenzie spaziali, come già dimostra il riconoscimento delle capacità europee da parte della NASA. E’ anche il successo della concreta cooperazione intergovernativa tra 20 stati Europei, che proprio quest’anno celebra il 50esimo anniversario della fondazione della prima agenzia Europea dedicata alla ricerca scientifica nello spazio, e in questo senso realizza pienamente il suo mandato.

Scienza, innovazione tecnologica e prestigio internazionale sono quindi, anche se in misura diversa, i driver e i risultati di questa missione, decisa più di venti anni fa.

Oggi le cose, forse, sarebbero diverse. Se paesi come la Cina moderna e l’India perseguono significativi programmi spaziali spinti da motivazioni essenzialmente legate al prestigio nazionale, l’ analisi dei costi-benefici è diventato un fattore determinante per i governi nel decidere se intraprendere programmi spaziali ambiziosi, poiché il contesto finanziario impone compromessi severi.

Lo si vede chiaramente nel caso degli Stati Uniti che hanno in questo senso vissuto un recente cambio di paradigma: il prestigioso programma di ritorno dell’uomo sulla Luna annunciato durante l’amministrazione Bush, è stato abbandonato dall’amministrazione Obama, che ha ridimensionato le ambizioni nell’esplorazione spaziale e favorito la commercializzazione di alcune attività. Ormai prima di decidere di imbarcarsi in nuovi programmi spaziali gli Stati chiedono una analisi chiara del loro valore, in termini di ricadute tangibili e non, e l’attenzione sulla Space Economy è senz’altro crescente, così come lo sforzo di arrivare a stabilire quelle cifre magiche che sono i “moltiplicatori” economici, che influenzano le priorità negli investimenti pubblici.

La missione Rosetta, nei 20 anni dall’inizio del suo sviluppo , è costata circa 1.4 miliardi di Euro , equivalenti a 4 Airbus A380 e mezzo, o, come spesso si usa dire in caso di investimenti pubblici, 3.5€ per cittadino Europeo. E questi fondi hanno comunque creato valore reale sulla Terra in termini di competenze, innovazione, lavoro e spin-off. Sono utili e rassicuranti, queste informazioni? Ci permetteranno di avere missioni ancora più visionarie e straordinarie di Rosetta? Il dilemma è ben più complesso. E lo documenta bene un Tweet che è stato seguitissimo sul Web il giorno dell’atterraggio di Philae. Un americano si chiede : “perche’ l’America ha sprecato tutti quei soldi per atterrare su una cometa?”. Uno scienziato risponde “ Ma questa è una missione europea”, e l’americano: “perché, allora, non ci siamo andati prima noi?”.vaudo

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