Obiettivo centrato? Il tutto e le sue parti nel consuntivo di Finanza Pubblica

Morales Sloop confronta i recenti dati di consuntivo del bilancio pubblico nel 2015, con quelli previsti nella nota di aggiornamento al DEF e osserva che per l’indebitamento complessivo non vi è scostamento tra consuntivo e preventivo mentre non è così per le principali voci che concorrono a determinarlo. Morales Sloop documenta questi scostamenti e osserva che essi suggeriscono che l’obiettivo dell’indebitamento sia stato centrato grazie a favorevoli coincidenze e non all’effettivo controllo, da parte del Governo, delle singole voci della finanza pubblica

Il 1° marzo sono stati pubblicati dall’ISTAT, a consuntivo, i valori relativi all’indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche e al PIL per l’anno 2015 che il successivo comunicato del 4 marzo ha modificato solo marginalmente.

In questi giorni, l’attenzione degli analisti e dei media è concentrata sugli andamenti economici previsti nel Documento di economia e finanza (DEF) per il 2016, presentato l’8 aprile scorso. In questo articolo confronteremo i dati di consuntivo con quanto previsto precedentemente dal Governo nei documenti di finanza pubblica, ed in particolare nella Nota di aggiornamento al DEF (NADEF).

Prima di procedere è utile ricordare che l’accreditamento/indebitamento di un paese è calcolato come differenza tra le entrate e le uscite totali delle Amministrazioni pubbliche; il saldo che si ottiene viene poi rapportato al Pil (corrente) ottenendo, così, il rapporto deficit/Pil. Con le nuove regole della governance economica europea, ogni anno ad aprile il Governo predispone il DEF che viene presentato alle Camere e inviato al Consiglio dell’Unione Europea. A settembre, poi, è predisposta la NADEF contenente eventuali adeguamenti degli obiettivi programmatici fissati nel DEF più il recepimento di eventuali raccomandazioni formulate dal Consiglio Europeo. Infine, ad ottobre, sulla base degli orientamenti esposti nella NADEF, il Governo presenta il disegno di legge di bilancio ed il disegno di legge di stabilità.

Le previsioni sull’andamento di finanza pubblica sono, quindi, elaborate dal Governo e in seguito validate dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio. Trascorso l’anno di riferimento, a consuntivo, l’ISTAT e la Banca d’Italia, rispettivamente, forniscono i dati sul deficit e sul debito.

Perché allora analizzare un quadro consuntivo rispetto ai più gettonati scenari previsivi?

La scelta è dettata dall’interesse che riveste una dettagliata verifica del rapporto tra quanto previsto e quanto realizzato. Tale verifica potrebbe essere istantanea qualora decidessimo di confrontare unicamente il rapporto deficit/Pil previsto con quello effettivamente raggiunto.

Infatti, per il 2015, i documenti presentati dal Governo prevedevano un indebitamento pari al 2,6% del Pil e il dato di consuntivo – sia con la pubblicazione del 1° marzo sia con quella del 4 marzo – ha confermato lo stesso valore. Verifica conclusa? Si. Dal punto di vista delle procedure europee il 2015 può considerarsi archiviato, salvo successive revisioni (formalmente, in base al trattato di Maastricht, la procedura si chiude con la Notifica dell’indebitamento netto e del debito delle Amministrazioni Pubbliche).

Seguendo il nostro punto di osservazione, invece, è necessario un ulteriore approfondimento: verificare come l’obiettivo è stato raggiunto.

Nella Figura 1 sono riportate, per ogni voce che costituisce il conto economico delle Amministrazioni Pubbliche, le differenze tra il valore del consuntivo e quello stimato; tanto più gli istogrammi si discostano dallo “0” tanto più elevato è stato l’errore nella previsione. Dal grafico emerge, come già anticipato, che l’errore sul livello di indebitamento (segmento rosso) è stato molto ridotto, tanto da risultare a consuntivo sovrastimato di circa 430 milioni di euro, ovvero pari a circa l’1% dell’indebitamento complessivo (che risulta pari a 42,3 miliardi di euro).

Figura 1: Conto economico consolidato delle Amministrazioni Pubbliche: Consuntivo vs Previsioni (Anno 2015 differenze in mln euro)

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Fonte: Elaborazione su dati ISTAT e Ministero dell’economia e delle finanze

Come si vede, però, mentre il saldo è risultato in linea con le previsioni, le singole voci che compongono il conto hanno fatto registrare scostamenti considerevoli.

Le entrate complessive (segmento verde) sono state sovrastimate, da parte del Governo, per circa 4,7 miliardi. La posta maggiormente interessata – più di 6,5 miliardi di discrepanza – è quella relativa alle imposte dirette. Gran parte della sovrastima è attribuibile ai proventi attesi, ma mai realizzati, derivanti dalla possibilità di richiedere in busta paga il trattamento di fine rapporto (TFR). Infatti, la legge di stabilità per il 2015 ha introdotto, in via temporanea (dal 1° marzo 2015 al 30 giugno 2018), la possibilità per la quasi totalità dei lavoratori dipendenti del settore privato di richiedere in busta paga il flusso annuo di TFR. Ma, anche in ragione del fatto che il trasferimento in busta paga sarebbe soggetto alle aliquote marginali Irpef anziché alla più favorevole tassazione separata prevista per il TFR, la norma non ha prodotto gli effetti attesi, tanto che alcune stime riportano che meno dello 0,8% dei dipendenti interessati ha usufruito di tale possibilità. Di conseguenza, il gettito delle imposte dirette – seppur aumentato (+1,9%) rispetto al 2014 – è risultato nettamente inferiore a quelle previsto nel NADEF.

Di contro, l’ammontare delle imposte indirette è risultato sottostimato di circa 3,7 miliardi. Questo effetto può essere ricondotto al buon andamento dell’Iva, il cui gettito nel 2015 è aumentato del 4,8% (dati MEF), mostrando una crescita ben maggiore di quella dei consumi nazionali (+ 0,6%), spiegabile in parte dagli effetti delle misure di split payment e reverse charge introdotte dalla Legge di Stabilità per il 2015. Il buon andamento del gettito dell’IVA ha di fatto compensato anche i minori introiti previsti (-2,7 miliardi) dal Governo per la deduzione del costo del lavoro dall’IRAP (art.1 comma 20 della legge di stabilità per il 2015). Complessivamente le imposte indirette hanno fatto registrare un aumento dello 0,5 % rispetto al 2014.

Dal lato delle uscite, invece, il quadro sembra meno omogeneo rispetto a quello delle entrate. Complessivamente le uscite totali (segmento viola) sono state sovrastimate, da parte del Governo, per circa 5 miliardi di euro.

Analizzando le singole voci notiamo che solo i Consumi intermedi ed i contributi agli investimenti sono stati sottostimati (la spesa effettiva è risultata, dunque, maggiore di quella prevista); tutte le altre voci seguono l’andamento opposto.

La spesa effettiva per le retribuzioni dei dipendenti della Pubblica Amministrazione è risultata inferiore di circa 3,1 miliardi rispetto a quanto previsto dal Governo e la discrepanza rispetto al preventivato sembra riguardare principalmente la spesa per il personale da parte delle Amministrazioni locali. Tuttavia, pur tenendo conto del miliardo previsto nel fondo per la realizzazione del piano “La buona scuola” che, probabilmente, non è interamente confluito nelle uscite “di cassa” del 2015, l’errore di previsione dei salari pagati ai dipendenti della P.A. risulta, al momento, difficile da spiegare. A consuntivo, infatti, le retribuzioni dei dipendenti pubblici – oltre a risultare in valore assoluto inferiori a quanto previsto – decrescono dell’1,1% rispetto al 2014, laddove nella NADEF era prevista una crescita dello 0,6%. La riduzione della spesa non può però essere imputata ad una diminuzione del numero dei dipendenti della P.A. che, misurati in termini di Unità di lavoro (ULA; trasformando cioè in unità di lavoro a tempo pieno le posizioni lavorative a tempo parziale – contratti part-time e seconde attività), risultano invece aumentati, tra il 2014 e il 2015, di 0,6 punti percentuali. In termini pro-capite, l’effetto combinato dell’aumento dei dipendenti e della diminuzione delle retribuzioni, ha comportato una perdita di circa 800 euro per ogni ULA.

La sovrastima redditi della spesa per le retribuzioni dei dipendenti pubblici è stata compensata, come anticipato, da una sottostima dei consumi intermedi, la cui spesa effettiva ha ecceduto quanto previsto di 3,1 miliardi di euro per effetto di maggiori spese nello Stato, nella Sanità e negli enti territoriali. Questa voce è da sempre oggetto di particolari attenzioni; al suo interno, infatti, sono comprese alcune spese che potrebbero costituire una fonte di “spreco”, come ricordato, recentemente anche dal presidente dell’Autorità nazionale anti corruzione Raffaele Cantone che ha sottolineato “i rischi di infiltrazione di delinquenti di ogni risma nella sanità a causa dell’enorme giro di affari che si muove intorno a questo settore”.

Complessivamente, i consumi intermedi hanno fatto registrare, rispetto al 2014, un lieve incremento di spesa (+0,3%), mentre nella NADEF era prevista una diminuzione del 3,1%. I dati disponibili non consentono maggiori approfondimenti circa le responsabilità dello sforamento, in particolare quelle delle amministrazioni centrali e di quelle locali; si può però ricordare che la legge di stabilità per il 2015 prevedeva un risparmio di circa 5 miliardi come concorso degli enti territoriali alla finanza pubblica.

Così come accaduto per le retribuzioni dei dipendenti pubblici, anche le prestazioni sociali in denaro (per previdenza e assistenza) sono state sovrastimate in preventivo per 2,5 miliardi di euro. Lo scostamento tra preventivo e consuntivo è da imputare quasi interamente alle “altre prestazioni sociali in denaro”, per la mancata attuazione, per diverse ragioni, di alcune misure che erano state invece previste: fra queste, l’estensione della sperimentazione per il Sostegno dell’inclusione Attiva (SIA), il nuovo sostegno ai disoccupati di lungo periodo (l’ASDI), nonché la diversa quantificazione del “bonus 80 euro”.

Quali conclusioni si possono trarre da questa breve analisi? Da un lato le previsioni relative al principale obiettivo di Finanza pubblica sono state confermate dai valori di consuntivo; dall’altro emerge, però, come il raggiungimento dell’obiettivo sembri dettato più da una coincidenza favorevole tra sottostime e sovrastime delle voci del conto che da un effettivo controllo dei singoli aggregati di finanza pubblica.

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