Menabò n.10/2014

etica ed economia menabo n10 2014

Questo numero del Menabò si apre con un breve saggio di Luciano Barca apparso sulla nostra rivista il 29 settembre 2011. Luciano è morto il 7 novembre 2012. A due anni dalla sua scomparsa vogliamo ricordarlo nel modo più semplice. Ascoltando di nuovo le sue parole di osservatore attento, sensibile e “schierato” sul tema del lavoro e dei salari, che è il tema centrale di questo numero del Menabò.

Emilio Reyneri ricorda alcuni aspetti del nostro mercato del lavoro, spesso trascurati. In particolare, guardando il tasso di occupazione invece che quello di disoccupazione il quadro appare perfino peggiore. E’ così anche perché il deficit di occupazione si concentra nelle professioni più qualificate e in settori essenziali sia per la produttività, sia per la riproduzione biologica e culturale della società. Reyneri sostiene che la crisi ha accentuato queste tendenze verso una via bassa alla decrescita.

Maurizio Franzini e Michele Raitano cercando anche di rispondere alla domanda formulata da Renzi alla “Leopolda” (“In questi anni, abbiamo discusso di che cosa sta dietro al mondo del lavoro o ci siamo limitati a un dibattito ideologico?”) analizzano le carriere dei lavoratori in Italia e trovano che sono caratterizzate da una notevole mobilità, anche per coloro ai quali l’art. 18 dovrebbe garantire il “posto fisso”. Appare, perciò, contraddetta l’ipotesi che il problema principale del nostro mercato del lavoro sia la sua rigidità e che essa dipenda dall’art. 18.

Andrea Ricci illustra una caratteristica delle imprese italiane solitamente trascurata eppure densa di implicazioni per il modo in cui esse vengono gestite e per la loro competitività. Si tratta del fatto che i nostri imprenditori sono mediamente meno istruiti dei loro colleghi europei e, in base a un’analisi econometrica, la presenza di un imprenditore laureato incide molto su variabili decisive per la utilizzazione e la valorizzazione del capitale umano, in particolare incide sulla quota di lavoratori ai quali le imprese offrono occasioni di formazione professionale.

Silvia Niccolai esamina criticamente la tesi secondo cui il giudice non dovrebbe interferire con i rapporti di lavoro a causa della sua ignoranza delle esigenze aziendali. Dopo aver ricordato le origini di questa idea, Niccolai illustra i punti deboli del tentativo di sostituire il giudice con la previsione di alcune fattispecie discriminatorie e, riferendosi anche all’esperienza americana, conclude che l’esito probabile del processo in atto sarà il superamento del diritto antidiscriminatorio – peraltro malamente inteso come social engineering – a vantaggio di tecniche apparentemente neutre di gestione del personale.

Nella prima delle due schede che pubblichiamo, Elenora Romano analizza gli indici elaborati dall’OCSE sulla Employment Protection Legislation, cioè sulle regole e le procedure di assunzione e licenziamento dei lavoratori nel settore privato. Dopo avere illustrato come tali indici vengono costruiti e alcuni loro limiti, Romano mostra che il nostro paese non si caratterizza per particolari rigidità. Ad esempio, con riferimento al lavoro a tempo indeterminato, l’Italia, anche per effetto della “riforma Fornero” risulta meno rigida della Germania.

Nella seconda scheda Francesca Fontanarosa ricostruisce l’evoluzione normativa italiana della disciplina dei licenziamenti individuali, concentrandosi in particolare sulle modifiche dell’art.18 St. Lav. apportate dalla Legge n. 92/2012. Quindi esamina i principali
provvedimenti adottati di recente con il Jobs Act, mettendo in risalto le implicazioni di un’ulteriore intervento sulla disciplina sanzionatoria dei licenziamenti, per l’impianto delle garanzie dei lavoratori.

Nella Rubrica “Territori lontani” Monni e Pallottino ricordano che nel 2015 verranno a scadenza gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio e che è in corso il dibattito per definire i nuovi obiettivi. Monni e Pallottino illustrano il risultato provvisorio di questo dibattito che consiste in una lista di 17 nuovi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e sostengono che in questa lista sono presenti tutte le parole chiave del ‘politically correct’ dello sviluppo, ma sembra mancare la cosa più importante: il coraggio di rompere con le vecchie idee.

Infine, nei “Contrappunti” Elena Paparella ragiona sulle polemiche suscitate dalla lettera inviata il 22 ottobre dal Commissario Katainen al ministro Padoan per chiedere chiarimenti sul rinvio del raggiungimento degli obiettivi di medio termine della finanza pubblica, ritenendo il caso meritevole di attenzione al di là dell’accordo poi raggiunto. Paparella puntualizza, da un lato, che la lettera di Katainen non può essere accostata a quella che Trichet e Draghi spedirono al governo italiano nell’agosto del 2011 e, dall’altro, che non vi sono norme che prevedano la segretezza pretesa dal presidente Barroso.

Licenza foto: CC 2.0 International Labour Organization

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