Marcello De Cecco: un ricordo personale

Paolo Paesani dedica il suo resoconto a Marcello de Cecco, scomparso a marzo, in memoria del quale si è tenuto un convegno a Siena il 17 settembre. Basandosi sul suo intervento al convegno e attingendo ai propri ricordi, Paesani ricostruisce la personalità inimitabile di questo grande economista italiano, ricordando l’originalità e l’attualità dei suoi contributi - soprattutto in tema di sistemi finanziari internazionali, di crisi del modello di sviluppo italiano e di Europa -, il fascino delle sue lezioni e l’efficacia della sua attività di divulgatore.

“E’ evidente che, per un paese come il nostro, tanto profondamente dualistico, il far parte di un’entità economica grande come l’Unione europea è il solo modo per restare unito […] un treno, l’Unione monetaria, che non si può perdere perché la ‘guerra di corsa’ non si addice a un paese di 57 milioni di abitanti, privo di proprie grandi imprese multinazionali, e di efficienti strutture burocratiche, e quindi disperatamente bisognoso di un’ancora esterna alla quale aggrapparsi, e di un timone esterno dal quale farsi dirigere”. (M. De Cecco 1999, L’oro d’Europa, Donzelli, p. 29)

Con queste parole, venate di scetticismo, Marcello De Cecco, scomparso il 3 Marzo di quest’anno, salutava la decisione italiana di partecipare, fin dall’inizio, all’Unione Monetaria Europea. Queste parole tornano alla mente oggi, in un momento di difficoltà per il nostro paese e di crisi a livello europeo, e invitano a ricordare chi le scrisse allora, ribadendole tante volte negli anni. Un convegno organizzato, lo scorso 17 Settembre, da Ugo Pagano e dal Dipartimento di Economia politica e Statistica dell’Università di Siena ha offerto l’occasione per farlo. Al convegno hanno partecipato colleghi, amici e familiari di Marcello De Cecco, uniti nel ricordo di un grande economista dalla personalità inimitabile.

Marcello De Cecco, nato a Lanciano il 17 settembre del 1939, è stato uno dei più importanti economisti italiani del secondo dopoguerra. Intellettuale acuto e coltissimo, formatosi tra Parma, Cambridge e Chicago, De Cecco ha fatto dello studio della moneta e della finanza il centro della sua attività di ricerca e d’insegnamento, combinando la sensibilità di un’economista d’impostazione keynesiana con l’attenzione costante ai rapporti di forza fra gli attori economici sul piano interno e su quello internazionale.

La sua è stata una lunga carriera, iniziata nel 1968 all’Università di Siena e proseguita all’Istituto Universitario Europeo di Firenze (1979 – 1986) e all’Università di Roma La Sapienza (1986 – 2003). Nel 2003, si trasferisce alla Scuola Normale Superiore di Pisa, dove prende la titolarità della cattedra di Storia della finanza e della moneta, coperta in passato dal Carlo Cipolla, uno dei suoi principali punti di riferimento intellettuale. Nel 2010, divenuto Professore emerito, accetta un incarico di insegnamento all’Università Luiss “Guido Carli”. In tutti questi anni, De Cecco ha poi occupato posizioni temporanee di ricerca e di insegnamento in molte istituzioni internazionali tra cui la London School of Economics, il Wissenschaft Kolleg di Berlino, le università di Oxford, Princeton e Harvard, l’Ecole Nationale d’Administration a Parigi e, più di recente, l’Institute for New Economic Thinking.

Il contributo scientifico più importante di Marcello De Cecco è rappresentato da un volume, Moneta e Impero, pubblicato negli anni Settanta e che tra breve sarà nuovamente disponibile. Moneta e Impero costituisce una pietra miliare nel campo degli studi sul sistema finanziario internazionale, tra il 1870 e il 1914, e sul regime a tallone aureo (Gold Standard). Il cuore di Moneta e Impero consiste nel mostrare come l’ordinato funzionamento della finanza internazionale, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, dipendesse da un insieme di relazioni gerarchiche fra le nazioni, centrato sulla Gran Bretagna, e da precise decisioni di politica economica piuttosto che da flussi semi-automatici di valuta tra nazioni in deficit e in surplus di bilancia dei pagamenti, come ritenuto fino a quel momento da generazioni di storici ed economisti. Oltre a questo, Moneta e Impero contiene un’analisi magistrale della crisi finanziaria del 1914 e del ruolo della City di Londra e delle grandi banche inglese nel determinarla.

De Cecco mise a frutto l’esperienza acquisita lavorando su Moneta e Impero quando venne chiamato a far parte di un gruppo di esperti creato in occasione del centenario della Banca d’Italia. Come membro di questo gruppo, a De Cecco spettò il compito di studiare la posizione dell’Italia nel sistema finanziario internazionale tra il 1919 e il 1930 e di curare la pubblicazione del materiale d’archivio, relativo a questo periodo, custodito presso la Banca d’Italia. Il risultato di questa ricerca, insieme alla sintesi del progetto curata insieme a F. Cotula e Gianni Toniolo, rappresenta un secondo contributo fondamentale nella produzione scientifica di De Cecco e testimonia il suo interesse costante per lo studio della storia economica italiana.

De Cecco non era ottimista sulle prospettive economiche dell’Italia e registrava con allarme il declino relativo del nostro paese rispetto alle grandi nazioni del mondo. I suoi scritti, dai saggi scientifici agli articoli divulgativi, pubblicati con regolarità per più di vent’anni nell’inserto economico del quotidiano La Repubblica e in altre sedi, lo testimoniano con efficacia.

Nell’analisi di De Cecco, i problemi dell’economia italiana iniziano negli anni sessanta, con la ritirata delle grandi imprese dalla frontiera della tecnologia e dell’innovazione e con l’avvento di un modello di sviluppo basato sull’estrema flessibilità delle piccole imprese, su produzioni a basso contenuto tecnologico e sul ricorso alla svalutazione. De Cecco non amava questo modello e non perdeva occasione di metterne in evidenza i limiti e i legami con lo scadimento progressivo della qualità della forza lavoro e del sistema educativo nel nostro paese e con il deterioramento strutturale della finanza pubblica. Allo sesso tempo, però, De Cecco non si rassegnava a questo stato di cose e richiamava spesso le classi dirigenti italiane al dovere di riportare l’Italia tra le nazioni più progredite, economicamente e socialmente, arrestando lo slittamento verso improbabili modelli sudamericani.

Nello stesso spirito, guardò con favore all’entrata del nostro paese nell’Unione Monetaria Europea e alla sua permanenza all’interno dell’area dell’euro. Pur essendo un sostenitore convinto dell’integrazione europea, sul piano politico, economico e monetario, De Cecco non si nascondeva, e non nascondeva ai suoi lettori, i limiti e i problemi della costruzione europea. Nei suoi scritti più recenti si coglie uno scetticismo crescente nei confronti della realizzazione del progetto d’integrazione europea, unito ad una critica serrata nei confronti della Germania e delle sue scelte di politica economica. L’evoluzione della posizione di De Cecco nei confronti dell’euro testimonia la sua lucidità, la disponibilità, per dirla con Keynes, a cambiare idea quando la realtà cambia e la sua capacità di guardare il mondo senza gli occhiali dell’illusione, per usare le parole con le quali De Cecco stesso descrive uno dei suoi maestri, Federico Caffè, in uno dei suoi ultimi contributi.

L’approccio realistico allo studio dell’economia e della storia e l’attenzione per la dimensione globale dei fenomeni economici caratterizzano la produzione scientifica di Marcello De Cecco, così come la sua passione per i confronti tra passato e presente. In questo spirito, De Cecco sosteneva la necessità di rendere la storia e la storia del pensiero economico parte integrante, nella formazione degli economisti, da utilizzare come strumento essenziale nella pratica quotidiana della politica economica. Le parole con le quali De Cecco descrive il rapporto di Keynes con la storia economica rappresentano in maniera efficace l’essenza del suo proprio metodo di lavoro.

“In tutta la sua vita di studioso e di “persuasore”, ha mostrato una costante e affascinata attenzione non solo alla storia economica contemporanea, ma a quella di tutte le epoche e di tutti i paesi. Queste storie egli le lesse […] alla ricerca di elementi da poter confrontare con i problemi attuali. Non fu certo ossessionato da preoccupazione di relativismo antropologico. Mostrò in ogni momento la convinzione che un confronto tra epoche e mondi diversi fosse possibile e fruttuoso […] Dal riferimento dotto, capace di accattivare un pubblico di economisti di comune educazione umanistica (bei tempi, purtroppo tramontati per sempre), si passa alla vera storia quantitativa, che ha alla base una solida, e dichiarata, ipotesi teorica e contiene un preciso messaggio di politica economica.” (M. De Cecco 2001, “John Maynard Keynes”, Rivista di Storia Economica, 3, , pp. 373-381)

Marcello De Cecco non è stato solamente un economista e uno storico della moneta e della finanza di fama, un professore stimolante, il consulente rispettato di istituzioni italiane ed internazionale ma anche un eccellente divulgatore. Lo testimoniano gli articoli pubblicati su quotidiani e riviste di geopolitica, come Limes, molti dei quali raccolti in una serie di volumi facili da reperire. Le registrazioni di alcune delle sue lezioni e di alcune apparizioni televisive forniscono una prova ulteriore della sua abilità come affabulatore.

Le conversazioni con Marcello De Cecco, così come le sue lezioni universitarie, erano regali, elargiti con grande generosità, duranti le quali l’interlocutore si trovava trasportato dall’Atene di Platone alla Francoforte di Mario Draghi, passando per Firenze nel Rinascimento, Cambridge e Lanciano. Viaggi fantastici, queste conversazioni, pieni di riferimenti dotti, motti di spirito, idee brillanti. De Cecco aveva la capacità rabdomantica di trovare il lato inesplorato di ogni questione e le sue previsioni trovano conferma con il passare degli anni.

Marcello De Cecco è stato unico, un economista umanista, un filosofo con uso di mondo, curioso di tutto, spiritoso, onesto fino alla ruvidezza. Da molti dei suoi scritti, soprattutto i più recenti, traspare il pessimismo dell’intelletto, ma un pessimismo sui generis, venato di ironia e di allegria. Marcello De Cecco, da vero solista, non lascia una scuola dietro di sé ma un vasto gruppo di amici e colleghi, alcuni di essi, tra cui io stesso, passati studenti, che continueranno a trarre ispirazione dalla sua grande cultura, dalla sua intelligenza brillante e dal suo spirito inimitabile.

* Una versione estesa di questo ricordo sarà pubblicata a breve, in lingua inglese, dalla Rivista di Storia Economica.

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