L’Europa e le sue disuguaglianze. Contano più quelle tra paesi o all’interno dei paesi?

Stefano Filauro esamina quanto la disuguaglianza di reddito tra i cittadini europei dipenda da disuguaglianze all'interno degli stati piuttosto che tra gli stati che compongono l'UE e l’Eurozona. L'evidenza mostra sia la maggiore incidenza della disuguaglianza all'interno degli stati sia la tendenza della disuguaglianza tra stati a non diminuire ed anzi a crescere nell’Eurozona. Filauro sostiene che queste evidenze possono aiutare a comprendere sia la bassa fiducia nelle istituzioni europee sia i crescenti flussi migratori all’interno dell’area.

Quando pensiamo alla disuguaglianza pensiamo soprattutto a come il reddito o la ricchezza si distribuiscono tra gli individui o le famiglie all’interno di un paese. Accade, talvolta, che ci si riferisca ad aggregati più ristretti, come una regione, una città o perfino un’impresa. Di recente ci si è mossi nella direzione opposta e l’aggregato di riferimento è stato allargato fino a comprendere l’intero mondo. Disponiamo, infatti, di stime sulla disuguaglianza tra i cittadini del mondo, indipendentemente dalla loro nazionalità. Meno frequenti sono gli studi diretti a misurare la disuguaglianza su un aggregato sovranazionale come l’Unione Europea o l’Eurozona.

Normalmente si assume, spesso a ragione, che gli individui rapportino le loro condizioni con quelle di coloro che considerano in qualche modo “vicini” a loro. E questo dà conto dell’importanza degli studi sulla disuguaglianza a livello di città o di paese. Interessarsi alla disuguaglianza nell’Unione Europea nel suo insieme potrebbe però essere giustificato dagli effetti che essa potrebbe avere, in vario modo, sul benessere e sui comportamenti dei cittadini europei. E ciò è particolarmente rilevante se si distingue la disuguaglianza dovuta alle differenze nei redditi medi tra paesi (la cosiddetta disuguaglianza between) da quella dovuta alla dispersione dei redditi all’interno dei paesi (la disuguaglianza within).

Ad esempio, se la disuguaglianza europea dipendesse soprattutto dalla disuguaglianza all’interno degli stati, i ceti più poveri potrebbero allearsi tra loro, indipendentemente dal loro paese di origine. Se, viceversa, fosse rilevante la differenza di reddito tra paesi è probabile che ne sarebbero influenzati i flussi migratori dai paesi più poveri verso quelli più ricchi con ripercussioni sulla coesione sociale dei popoli e sfiducia verso le Istituzioni comunitarie.

Alcuni precedenti storici mostrano che disuguaglianze crescenti possono alimentare, all’interno di un’unione di stati, spinte centrifughe a carattere nazionalistico capaci di mettere in pericolo la stessa sopravvivenza dell’unione. Secondo Branko Milanovic, infatti, la crescente disuguaglianza di reddito tra le nazioni che formavano la Yugoslavia o l’URSS è stata la causa scatenante della crescente avversione verso le istituzioni unitarie che alla fine ha condotto alla loro dissoluzione.

Vi è, d’altro canto, evidenza che i flussi migratori dai paesi più poveri a quelli più ricchi dipendono dalla disuguaglianza tra tali paesi, specialmente se essi si sono geograficamente vicini. Questa tesi è stata sostenuta da Rodrik e commentata sul Menabò in un precedente articolo.

Esaminare lo stato della disuguaglianza all’interno di un’area come l’Unione Europea può, dunque, aiutare a comprendere sia il livello della fiducia nelle istituzioni europee – che oggi è relativamente basso secondo Eurobarometer (Standard Eurobarometer 86), sia le migrazioni all’interno dell’Unione Europea – che risultano in crescita dai paesi mediterranei e orientali verso quelli centro-settentrionali, come documentato dalla Commissione Europea.

La metodologia appropriata a questo scopo è quella che consiste nello scomporre la disuguaglianza complessiva all’interno dell’Unione nella componente within (cioè la disuguaglianza all’interno degli stati membri) e in quella between (cioè tra gli stati membri).

Raitano ha applicato questa metodologia all’Italia scomponendo la disuguaglianza in quella interna alle regioni e quella tra regioni. Il risultato, piuttosto sorprendente, è che se annullassimo le differenze nei redditi medi regionali (quindi la disuguaglianza between) la riduzione di disuguaglianza complessiva in Italia sarebbe minima, non superiore al 6%. Da tale analisi appare chiaro che per combattere la disuguaglianza in Italia occorre identificare le cause che rendono le regioni disuguali, più o meno alla stessa maniera al loro interno, piuttosto che i divari territoriali, che certo esistono.

Scopo di queste note è sintetizzare i risultati di un esercizio analogo condotto con riferimento sia all’’Unione Europea sia all’Eurozona allo scopo, appunto, di stabilire quale quota della disuguaglianza di reddito tra tutti i cittadini europei è attribuibile a disparità all’interno degli Stati Membri e quale, invece, a disparità tra gli Stati Membri.

I redditi presi in considerazione sono i redditi disponibili come risultano dall’indagine EU-SILC relativa ai paesi dell’UE-28. Tali redditi vengono considerati a livello familiare al netto delle imposte e al lordo dei trasferimenti, e successivamente resi equivalenti per tenere conto della numerosità del nucleo familiare. Inoltre, si tiene conto del fatto che lo stesso reddito in euro ha un diverso potere d’acquisto nei diversi paesi europei.

La prima stima della disuguaglianza nei redditi disponibili tra i cittadini dell’UE a 28 e dell’Eurozona mostra una disuguaglianza abbastanza alta: i rispettivi indici di Gini si aggirano infatti intorno al 35% e al 32%, rispettivamente. Si pensi in chiave comparativa che il Gini tra i redditi italiani, uno dei più alti d’Europa, registra valori del 32%. Dunque l’UE a 28 e l’Eurozona presentano distribuzioni dei redditi abbastanza disuguali, dovute anche al fatto che contengono sia redditi di paesi molto ricchi (e.g. Lussemburgo e Danimarca) che di paesi ancora a reddito medio (e.g. Bulgaria e Romania).

Figura 1. Disuguaglianza nei redditi disponibili. Indice di Gini. Europa a 28 ed Eurozona

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Al di là della misura della disuguaglianza quello che interessa in questa scheda è la scomposizione di tali indici di disuguaglianza nelle componenti within e between. Il primo risultato è che la disuguaglianza between, cioè tra paesi – pesati in base alla loro popolazione – spiega circa 1/3 della disuguaglianza totale (Figura 2.a) dell’UE a 28 e, naturalmente, quella within (all’interno dei paesi) i residui 2/3.

Figura 2. Scomposizione della disuguaglianza (%) nei redditi disponibili. Componente di disuguaglianza all’interno dei paesi e tra i paesi. Indice di Theil

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La disuguaglianza between ha seguito un andamento decrescente almeno fino al 2010 per poi stabilizzarsi attorno a 1/3 della disuguaglianza complessiva. La spiegazione di questa dinamica può essere individuata, da un lato, nel processo di crescita dei paesi dell’Europa dell’Est, almeno fino alla crisi, e, dall’altro, nella stagnazione dei redditi medi di alcuni tra i paesi europei più ricchi, in particolare quelli mediterranei.

Se l’analisi viene limitata ai paesi dell’Eurozona (Figura 2. b) emerge che la disuguaglianza tra i paesi che la costituiscono spiega soltanto il 10% della disuguaglianza complessiva, dunque significativamente meno che nell’UE-28. L’ovvia spiegazione è la maggiore omogeneità dei redditi medi dei 19 paesi dell’Eurozona.

E’, però, interessante confrontare l’andamento della componente di disuguaglianza tra i paesi (Figura 3), nell’aggregato dell’UE e in quello più ristretto dell’Eurozona.

Figura 3. Quota della componente di disuguaglianza tra le nazioni sulla disuguaglianza totale (%) nell’UE a 28 e nell’Eurozona. Indice di Theil, redditi disponibili

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Come si può notare, tra il 2006 e il 2013, la disuguaglianza tra gli stati nell’UE-28 è diminuita, mentre l’opposto è accaduto per quella tra i 19 stati dell’Eurozona: nel 2006 spiegava il 9,4% della disuguaglianza complessiva, nel 2013 tale quota (dopo aver toccato il minimo nel 2009) era salita al 10,2%. Questa tendenza della disuguaglianza tra paesi dell’Eurozona a crescere dovrebbe essere tenuta in conto nell’analisi dei flussi migratori, soprattutto considerando che si tratta di paesi vicini e con piena libertà di movimento. In realtà tra questa disuguaglianza e i flussi migratori i rapporti possono essere di reciproca influenza. Tale tendenza può peraltro contribuire a minare la fiducia nelle istituzioni europee soprattutto da parte dei paesi che perdono terreno, almeno in termini relativi.

Questa analisi mostra, d’altro canto, che la quota nettamente maggiore della disuguaglianza di reddito tra i cittadini europei (sia a livello UE-28 che Eurozona) dipende dalle disuguaglianze interne agli stati. Dunque è pur sempre al livello nazionale che si deve intervenire prioritariamente per ridurre la disuguaglianza complessiva.

In conclusione, se si aspira a tenere sotto controllo la disuguaglianza complessiva nell’aggregato dell’UE o dell’Eurozona e ad evitare il rischio di ulteriori flessioni nella fiducia verso le loro Istituzioni, è bene che tali autorità tengano d’occhio entrambe le componenti della disuguaglianza.

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