Le retribuzioni nel pubblico e nel privato. Premio salariale e eterogeneità in sei paesi europei

Sergio Destefanis e Paola Naddeo si occupano di differenziali salariali tra lavoratori del settore pubblico e privato, ricordando che secondo gli studi esistenti i primi godono di un premio salariale. I due autori dopo aver illustrato la propria metodologia di analisi, basata sui modelli di Oaxaca-Blinder e di Ñopo e su dati Eurostat per 6 paesi, presentano i loro principali risultati dai quali emerge, in particolare, che in Italia il premio salariale nel pubblico è limitato e riguarda soprattutto le donne e i lavoratori poco qualificati.

Negli ultimi anni, l’esigenza di tenere sotto controllo la spesa pubblica, ha indotto la generalità dei paesi europei a introdurre misure di contenimento del costo del lavoro, di blocco del turn-over e di freno delle dinamiche salariali nel pubblico impiego. Per giustificare quest’ultima misura si è invocato il fatto che i salari medi nel settore pubblico sono più alti di quelli del settore privato. Limitarsi al differenziale tra le retribuzioni percepite (il “gap”) è, però, fuorviante: un confronto corretto dovrebbe tenere conto delle differenti caratteristiche dei lavoratori e del ruolo che esse potrebbero avere nella spiegazione delle differenze retributive medie. Si tratta, quindi di calcolare il premio salariale, cioè il salario corretto per le caratteristiche dei lavoratori.

Recentemente vi sono state diverse analisi empiriche volte ad indagare l’esistenza e la consistenza del premio salariale. Le principali analisi empiriche hanno individuato un consistente premio salariale per il settore pubblico in alcuni paesi, quali Spagna, Regno Unito e Italia; tale premio risulta maggiore per i lavoratori con basso livello di istruzione e per le donne (in alcuni paesi, come la Francia e la Germania il premio è limitato esclusivamente a queste categorie di lavoratori), infine vi sono paesi come la Svezia in cui non vi è un premio salariale.

Vi sono diverse spiegazioni del premio salariale, che spesso rimandano ai differenti sistemi istituzionali: il grado di centralizzazione della contrattazione nel pubblico, la sindacalizzazione dei dipendenti di tale settore, il ruolo svolto dal decisore pubblico che ha una funzione obiettivo diversa da quella del datore di lavoro privato e una maggiore capacità di decisione unilaterale. Altri istituti che possono influenzare i differenziali salariali, sono la protezione dell’occupazione, la presenza del salario minimo e l’estensione dell’occupazione di natura temporanea.

La nostra analisi si riferisce ai sei paesi europei sopraindicati ed ha lo scopo di verificare il ruolo svolto dalle varie istituzioni nella determinazione del premio salariale. La disponibilità dei dati derivanti dalla Structure of Earnings Survey (SES) per il 2010 permette di avere numerose informazioni circa le retribuzioni (orarie e mensili) dei lavoratori dipendenti, le loro caratteristiche (genere, età, livello di istruzione, ecc.), la tipologia di impresa in cui sono occupati (dimensione, settore di attività economica, controllo pubblico o privato, ecc.), e quindi i confronti tra livelli salariali possono essere effettuati determinando l’incidenza dei fattori osservabili e di quelli non osservabili (premio o discriminazione).

In particolare, l’analisi è stata limitata al confronto tra i lavoratori del settore pubblico e quelli delle grandi imprese (almeno 250 dipendenti) del settore privato (LPE). La ragione di questa scelta è che nelle grandi imprese vigono regole contrattuali più omogenee con quelle del settore pubblico, che può essere considerato il più grande datore di lavoro di un paese; inoltre, sono state considerate accanto alle retribuzioni orarie, come d’uso in letteratura, anche quelle mensili; sono state effettuate disaggregazioni di genere; sono state fornite stime per lavoratori caratterizzati da analoghi livelli di istruzione.

Tra i modelli econometrici utilizzabili per calcolare il premio salariale abbiamo scelto il modello di decomposizione di Oaxaca-Blinder (O-B) e l’approccio di Ñopo. Nel primo, il premio è calcolato stimando due equazioni minceriane nelle quali il (log)salario viene considerato funzione di una serie di dati osservabili. Le differenze nei livelli medi possono dipendere dalle dotazioni individuali di capitale umano (ad esempio, nel settore pubblico vi è un maggior numero di laureati) e dalla diversa valorizzazione di tali dotazioni (ad esempio, i laureati nel settore pubblico sono pagati più che nel privato). Si distingue quindi tra una parte spiegata (explained) dalla diversa dotazione di capitale umano e una (unexplained) legata alla diversa valorizzazione delle dotazioni possedute, quest’ultima rappresenta il premio o la discriminazione. Il modello O-B è stato criticato perché, essendo basato su valori medi, non riesce a tener conto dell’eterogeneità dei lavoratori (le differenze osservate potrebbero essere dovute a variabili che non si riesce a misurare) e il problema cosiddetto della selection bias, ovvero la scelta e la possibilità di lavorare in un determinato settore.

Esistono diversi modi per affrontare il problema dell’eterogeneità: ad esempio basandosi su sottogruppi più omogenei o attraverso il ricorso a un approccio di tipo Nõpo matching, che non richiede la stima di una funzione del salario e limita l’analisi ai soli lavoratori con caratteristiche osservabili.

La scelta di considerare anche le retribuzioni mensili deriva dal fatto che in alcuni paesi, tra cui l’Italia, non si dispone di stime attendibili delle retribuzioni orarie nel settore pubblico, specie nell’istruzione (secondo i dati SES l’orario medio nel pubblico è pari a 115 ore mensili contro le 150 nelle LPE), che assorbe una larga quota di dipendenti pubblici. Si ricorda, infatti, che la retribuzione oraria è data dal rapporto tra retribuzioni mensili e orari di lavoro e un’eventuale sottostima degli orari determina una conseguente sovrastima dei salari orari.

Nelle tabelle che seguono, un segno positivo indica un vantaggio per i lavoratori del settore pubblico, mentre un segno negativo per quelli delle LPE.

La decomposizione O-B (espressa in logaritmi) mostra che in Italia, Spagna e Regno Unito il premio salariale (tab. 1) nel settore pubblico esiste solo quando si considerano le retribuzioni orarie (la doppia sottolineatura indica un valore significativo al 99%, la sottolineatura singola solo al 95%). Soltanto in Germania e Svezia si registra un significativo premio per i lavoratori delle LPE.

Tabella 1 – Decomposizione di Oaxaca-Blinder

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Generalmente le femmine che lavorano nel settore pubblico stanno meglio (rispetto ai maschi). In Italia, Spagna e Regno Unito le donne occupate hanno un premio salariale anche considerando le retribuzioni mensili.

Quando si utilizza l’approccio di Ñopo (tab. 2) i risultati in parte si modificano. I dati (espressi in termini percentuali) indicano l’esistenza di un gap (D) positivo in Italia, Spagna e Regno Unito per le retribuzioni mensili, ma un premio (D0) positivo e limitato solo per il Regno Unito (Dpub è la parte del differenziale salariale dovuta alla presenza di lavoratori solo nel pubblico, DLPE è la parte del differenziale salariale dovuta alla presenza di lavoratori solo nelle LPE e DX riflette la diversa composizione di individui con caratteristiche simili tra pubblico e privato). Con l’approccio di Ñopo si trova un premio salariale per le retribuzioni mensili, anche se limitato, nel Regno Unito e, per le retribuzioni orarie, anche in Italia e Spagna.

Tabella 2 – Decomposizione con approccio di Ñopo

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Anche nel caso di Ñopo le donne stanno meglio degli uomini. Ad esempio in Italia ottengono un premio salariale positivo anche quando si considerano le retribuzioni mensili.

I risultati delle analisi per livello di istruzione (tab. 3) confermano alcuni risultati già presenti nella letteratura:

  • I dipendenti con un basso livello di istruzione (livello A o Isced 1 e 2) stanno meglio nel settore pubblico, nel senso che ottengono un premio salariale positivo in tre casi (Italia, Francia e Regno Unito) o una minore penalizzazione salariale rispetto ai lavoratori con un alto livello di istruzione (livello C o Isced 5 e 6) negli altri tre paesi (Germania, Spagna e Svezia);
  • Per le femmine si registra un premio positivo in 4 paesi su 6 per un basso livello di istruzione, vantaggio che persiste in Italia (ma non è statisticamente significativo) e nel Regno Unito, anche per un elevato livello di istruzione.

Tabella 3 – Decomposizione con approccio di Ñopo per livelli di istruzione A e C – Retribuzioni mensili (sono omessi i valori per Dpub, DLPE e DX).

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Risulta, quindi, che dove esiste un premio salariale nel settore pubblico questo riguarda prevalentemente le femmine o qualche segmento di esse. Di seguito si presentano le stime per il differenziale retributivo di genere nel settore pubblico e nelle LPE.

Tabella 4 – Differenziale retributivo di genere con approccio di Ñopo per il settore pubblico e per le LPE

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In tutti i paesi si registra un elevato livello del differenziale di genere, sia nel settore pubblico che nelle LPE.

Il differenziale tende ad essere più elevato quando si considerano le retribuzioni mensili rispetto a quelle orarie, ciò riflette il minor numero di ore pro-capite del segmento femminile. Particolare è il caso del settore pubblico in Italia, dove il differenziale si dimezza, passando dal salario mensile a quello orario (anche a causa della possibile sottostima degli orari nel settore dell’istruzione caratterizzato da un’elevata presenza femminile).

Quando si considerano le retribuzioni mensili, il differenziale è maggiore nel settore pubblico rispetto alle LPE in Italia e in Svezia; quando si considerano le retribuzioni orarie, il differenziale è più alto ancora in Svezia e, seppure di poco, in Francia.

Nel complesso, il premio salariale per il settore pubblico è presente solo in alcuni paesi e sembra essere più consistente per le femmine rispetto ai maschi, per i dipendenti con livello di istruzione meno elevato, e rispetto alle retribuzioni orarie invece di quelle mensili. Questi risultati sono validi sia con la decomposizione di Oaxaca-Blinder che con l’approccio di Ñopo.

È particolarmente importante notare che nel presente studio si sono ottenuti premi salariali per il settore pubblico inferiori a quelli prevalenti nella letteratura. Ciò potrebbe essere dovuto alla recessione sul mercato del lavoro pubblico o, con maggiore probabilità, alla maggiore accuratezza del confronto tra lavoratori pubblici e privati, resa possibile dai dati SES. E’ comunque importante, in futuro, cercare di determinare l’effetto della recessione mediante indagini ripetute nel tempo. Un altro possibile approfondimento riguarda l’analisi degli effetti sul premio salariale pubblico del sistema di relazioni industriali e della regolamentazione nella fornitura di beni pubblici. Tutto ciò permetterebbe di comprendere meglio le cause dei differenziali retributivi nei diversi paesi.

* Il presente contributo rappresenta una sintesi di un lavoro in progress di cui sono state presentate versioni preliminari alla XXX Conferenza AIEL, Cagliari, 17-18 settembre 2015 e al seminario “Caratteri e prospettive del lavoro pubblico” organizzato da SNA – CIRET, Roma, 16 dicembre 2015.

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