Le città italiane tra benessere e disuguaglianze

Alessandra Michelangeli e Eugenio Peluso illustrano i risultati di un’analisi della disuguaglianza di benessere tra le città italiane. I due autori adottano una concezione multidimensionale del benessere, nella quale rilevano diverse caratteristiche urbane, e utilizzano i prezzi edonici per determinarne il peso. L’analisi mette in luce che la disuguaglianza tra le città italiane è elevata e permette non soltanto di stilare una classifica delle stesse in termini di benessere ma anche di individuare le dimensioni nelle quali la disuguaglianza è meno tollerata.

Nell’ambito della letteratura socio-economica si è consolidata l’opinione secondo la quale un elevato grado di disuguaglianza genera effetti negativi non solo per gli individui svantaggiati ma per l’intera collettività. Il Programma delle Nazioni Unite sugli insediamenti urbani (UN-Habitat, State of the World’s Cities 2008/2009, 2008) ha fissato una soglia di allerta per l’indice di Gini, calcolato sul reddito, pari a 0,4. Le città o i paesi che raggiungono o superano il valore-soglia, dovrebbero dare la massima priorità alla riduzione delle disuguaglianze, altrimenti possono generarsi fenomeni preoccupanti in campo economico (mancanza di investimenti), sociale (disordini e proteste) e politico (conflitti sociali). Inoltre, elevati livelli di disuguaglianza concorrono a determinare un mercato del lavoro poco funzionale, investimenti inadeguati nei servizi pubblici e difetti strutturali e istituzionali nel sistema di redistribuzione del reddito.

Data la rilevanza della disuguaglianza per il buon funzionamento del sistema politico, economico e sociale, e considerando l’intenso processo di urbanizzazione avvenuto in Italia dal secondo dopoguerra ad oggi, è utile interrogarsi sulla situazione della disuguaglianza nelle principali città italiane. Nella nostra analisi ci riferiamo ai 103 capoluoghi di provincia osservati nel periodo 2004-2010.

Dal 1951 la quota di popolazione residente nelle aree rurali è diminuita progressivamente , le zone montane si sono spopolate mentre si sono sviluppati insediamenti costieri ed è aumentato il peso demografico dei comuni di taglia superiore ai 10mila abitanti.

Nella nostra analisi la disuguaglianza è da intendersi come concetto multi-dimensionale da valutare sulla base di una serie di fattori che concorrono a determinarla, quali servizi e infrastrutture (strutture per l’istruzione, strutture sanitarie, strutture culturali e ricreative, grado di accessibilità della città presupponendo l’utilizzo di diversi mezzi di trasporto), condizioni economiche ed ambientali. Le variabili che misurano questi fattori sono sei: tre indici elaborati dall’Istituto Tagliacarne che misurano, rispettivamente, strutture culturali e ricreative, strutture per l’istruzione, strutture sanitarie. La quarta variabile è una misura di accessibilità potenziale multimodale fornita dal programma Espon, promosso dalla Commissione Europea. L’indice di accessibilità di Espon misura il grado di accessibilità di una città utilizzando diverse modalità di trasporto, quali la rete stradale, ferroviaria e aerea. Le condizioni economiche sono misurate dall’indice di occupazione mentre le condizioni ambientali sono misurate dalla qualità dell’aria in termini di scarsità di agenti inquinanti nell’atmosfera. Questa variabile è stata costruita ponendo un valore prossimo allo zero il numero massimo di agenti inquinanti e assegnando valori interi via via crescenti al diminuire del numero di agenti inquinanti.

La metodologia si basa su un approccio multidimensionale sviluppato nella letteratura sulle disuguaglianze di benessere, in particolare, viene fatto riferimento alla metodologia utilizzata da Croci Angelini e Michelangeli (in Journal of Behavioral and Experimental Economics, 2012).

L’indice multidimensionale misura l’effetto della distribuzione di ogni singolo fattore sulla disuguaglianza complessiva tra città attraverso degli indici di Atkinson (uno per fattore) che compongono l’indice di disuguaglianza multidimensionale. L’indice di Atkinson misura la disuguaglianza di un fattore in termini di perdita di benessere sociale: un’elevata disuguaglianza riduce il benessere sociale. L’indice di disuguaglianza multidimensionale misura anche l’effetto congiunto dei fattori, sempre in termini di benessere sociale.

Un altro importante aspetto dell’indice di disuguaglianza multidimensionale è la ponderazione degli indici unidimensionali, uno per fattore, che vengono sommati tra loro, prima di aggiungerli al termine che tiene conto della correlazione tra i fattori stessi. Generalmente i pesi vengono assegnati esogenamente ed esprimono sia il peso di ciascun fattore nel determinare la disuguaglianza tra le città, sia l’avversione alla disuguaglianza.

In Croci Angelini e Michelangeli (cit., 2012) i pesi assumono lo stesso valore per tutti gli attributi di benessere quindi si suppone che questi ultimi abbiano la stessa rilevanza nel determinare la disuguaglianza di benessere e che l’avversione alla disuguaglianza non cambi a seconda dell’attributo di benessere considerato. Nel valutare la disuguaglianza tra le città, il peso viene determinato endogenamente sulla base del prezzo implicito o prezzo edonico associato alle caratteristiche urbane considerate nell’analisi. Una tecnica simile per i pesi è stata adottata in un precedente lavoro (M. Brambilla, A. Michelangeli e E. Peluso, in Urban Studies, 2013) finalizzato a valutare la qualità della vita nella città di Milano nell’ipotesi di avversione alla disuguaglianza.

I prezzi impliciti o prezzi edonici delle caratteristiche urbane esprimono la disponibilità a pagare dei residenti in una città per poter usufruire di una unità addizionale di quella determinata caratteristica. Quindi, per esempio, il prezzo edonico associato alla percentuale di verde pubblico esprime il valore monetario che i cittadini sono disposti a pagare per poter avere un 1 per cento in più di verde pubblico in città. Maggiore è il prezzo edonico, più alto è il valore del verde pubblico per il cittadino medio.

L’ indice multidimensionale risulta essere uguale a 0,3423, un livello inferiore al valore-soglia indicato dalle Nazioni Unite, ricordato in precedenza. Il valore indica, tuttavia, l’esistenza di disparità significative tra alcune città, dovute essenzialmente a differenze nella disponibilità di servizi e infrastrutture, in particolare strutture culturali e ricreative e strutture sanitarie, e alle diverse condizioni economiche dei residenti. Le condizioni ambientali giocano, invece, un ruolo minore nel determinare il livello di disuguaglianza complessivo.

La metodologia utilizzata permette di stimare anche il livello di avversione che i cittadini italiani mediamente hanno nei confronti di una distribuzione disuguale dei fattori considerati. Ci potremmo porre la domanda: perché ipotizzare avversione alla disuguaglianza? I motivi di natura sociale oltre che economica, per cui non sono auspicabili livelli accentuati di disuguaglianza tra le città, sono molteplici e ampiamente analizzati nella letteratura economica (per una sintesi si rimanda al nostro articolo in F. Farina e M. Franzini (a cura di) “La casa, il benessere, le disuguaglianze”, 2015).

Dai risultati, emerge che la maggiore avversione è per la distribuzione disuguale delle condizioni economiche, seguita da quella per servizi e infrastrutture, in particolare strutture per l’istruzione, rete di trasporti – che determina il grado di accessibilità potenziale delle città – e strutture sanitarie. L’avversione più bassa è per la distribuzione disuguale delle condizioni ambientali.

L’indice multidimensionale deriva da una funzione di benessere sociale di cui è possibile determinare il valore per ciascuna città, una volta che si sono stimati tutti i parametri rilevanti. Questa funzione ha come argomenti i sei fattori in base ai quali viene valutata la disuguaglianza tra le città, e può essere definita come il benessere che i cittadini di ognuna delle 103 città traggono da questi 6 fattori.

Trieste assicura il livello di benessere più elevato, tra tutte le città prese in esame, seguita dalle tre città più popolose d’Italia, ovvero Roma, Milano e Napoli. A parte Roma e Napoli, le altre 10 città che assicurano un livello di benessere elevato appartengono a regioni del nord o del centro Italia. La città con il livello più basso di benessere è Nuoro, seguita da altre città del Mezzogiorno, ad eccezione di Grosseto, che è terzultima. La dicotomia nord-sud risulta evidente anche se si aggregano i risultati per regione: le prime sette regioni che presentano un valore più alto di benessere appartengono al centro-nord, mentre le ultime sette appartengono al sud Italia, con la sola eccezione della Valle d’Aosta che si colloca al penultimo posto.

Infine, i valori della funzione di benessere sociale, calcolati per le singole città, si possono confrontare con i dati sulla felicità provenienti dall’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane della Banca d’Italia per gli anni 2004, 2006 e 2008. I dati della Banca d’Italia riportano la valutazione individuale su quanto ci si sente felice. che può variare da 1, nel caso di estremamente infelice, a 10, nel caso in cui l’individuo intervistato si ritenga estremamente felice. Calcolando il coefficiente di correlazione tra la variabile che misura il benessere e la variabile sulla felicità, risulta che le città con più alti valori di benessere tendono anche ad essere le più felici.

Sebbene i risultati siano in linea con alcune ricerche condotte con dati e metodologie diversi, l’analisi presenta indubbiamente il limite di basarsi su un numero ridotto di fattori che possono influenzare il benessere a livello urbano. Per esempio, le condizioni economiche sono state misurate solo attraverso il tasso di disoccupazione, mentre i fattori socio-demografici, come età della popolazione, fenomeni migratori, non vengono considerati. Tuttavia, i dati disponibili, anche se non esauriente, hanno consentito di illustrare una recente e promettente metodologia per valutare le disuguaglianze in ambito urbano.

* Questo articolo sintetizza il nostro contributo al volume “La casa, il benessere, le disuguaglianze”, a cura di F Farina e M. Franzini, Egea 2015

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