Lavori a prova di robot. Uno sguardo sul futuro

Stefano Filauro sintetizza i risultati di un interessante studio sui rischi delle diverse professioni di essere soppiantate dai robot e dai computer. Lo studio, opera di Frey e Osborne, dell’università di Oxford, classifica le mansioni in base alla facilità con cui le macchine possono sostituire gli umani nella loro esecuzione e fornisce una stima delle professioni più a rischio e della loro rilevanza in termini di addetti. Filauro sottolinea l’opinabilità delle ipotesi alla base dello studio ma invita a non sottovalutare il problema.

La relazione tra l’uomo e le macchine ha sempre attratto gli scrittori di fantascienza che si sono spesso divertiti a immaginare scenari futuribili nei quali i robot affermano il proprio dominio. Dal canto loro, gli economisti si interrogano da sempre sugli effetti che il progresso scientifico e tecnologico esercitano sui sistemi di produzione e, più specificamente, sul lavoro umano. Lo hanno fatto, già agli albori della scienza economica i grandi classici, da Smith a Ricardo a Marx, lo ha fatto anche Keynes e molti altri dopo di loro.

Tra coloro che più di recente si sono impegnati a stimare l’impatto sul lavoro degli sviluppi della tecnologia, e in particolare dei computer e dei robot, ci sono due giovani economisti di Oxford, Frey e Osborne (The future of employment: how susceptible are jobs to computerisation?, Retrieved September, 7 2013), che hanno tratto ispirazione proprio dal lavoro di Keynes, il quale già nel 1933 prefigurava una disoccupazione tecnologica ‘dovuta alla scoperta di mezzi per risparmiare sulla manodopera che procede a un ritmo maggiore di quello per riassorbire e reimpiegare la stessa manodopera’ (Keynes, Economic possibilities for our grandchildren, Essays in persuasion, 1933).

Diversi altri studi – su tutti quello di Brynjolfsson e McAfee (Race against the machine, Digital Frontier Press, 2011) – mostrano come i recenti processi di computerizzazione hanno modificato il mercato del lavoro e contribuito alla scomparsa di molte professioni, soprattutto per effetto dell’accelerazione dello sviluppo dei computer, indotta anche da precise condizioni economiche. I decrescenti costi delle tecnologie hanno infatti reso conveniente rimpiazzare la manodopera con capitale tecnologico in tutta una serie di produzioni.

Frey e Osborne (F & O) non si accontentano di documentare cosa è già accaduto ma guardano al futuro e mirano a stimare quanto sia probabile che i lavori attuali vengano automatizzati e quindi scompaiano in un futuro prossimo, con conseguenze negative, o perfino drammatiche, sui tassi di disoccupazione se la forza lavoro così liberata non venga riassorbita in altri settori. Questa scheda ha lo scopo di sintetizzare i principali risultati a cui F & O pervengono.

Il primo passo nella loro impresa consiste nell’individuare le caratteristiche che rendono un lavoro sostituibile dai processi di computerizzazione. F & O si richiamano alla classificazione delle professioni, proposta da Autor, Levy e Murnane (cfr. The Quarterly Journal of Economics, 2003) che si basa sul grado di ripetitività e di astrazione delle mansioni e quindi essenzialmente sul loro carattere manuale o cognitivo. Autor e i suoi coautori ritengono che i lavori routinari, sia manuali che cognitivi, sono quelli che più probabilmente verranno soppiantati dalle nuove tecnologie; gli esempi più immediati sono i lavoratori alla catena di montaggio o i contabili rispettivamente falcidiati dai robot industriali e dall’avvento dei fogli di calcolo. I lavori non ripetitivi vengono invece considerati a minor rischio.

Dal canto loro F & O sono convinti che tale classificazione non sia pienamente soddisfacente e debba essere aggiornata alla luce degli ultimi sviluppi tecnologici. In particolare le nuove tecnologie orientate all’autoapprendimento delle macchine attraverso l’analisi di dati [machine learning] e alla robotica manuale [machine robotics] potrebbero mettere a repentaglio anche le professioni non routinarie, sia cognitive che manuali.

Le tecnologie che permettono l’apprendimento delle macchine sono state facilitate dalla diffusione dei big data, grandi volumi di dati in cui software computerizzati riescono non soltanto a individuare, più rapidamente degli umani, pattern per la risoluzione di problemi ma anche ad applicarli in molti casi pratici.

Per esempio alcune mansioni come il riconoscimento della scrittura manuale, il tutoraggio interattivo delle carriere universitarie, il riconoscimento vocale ad un call center o persino la diagnostica medica possono già essere svolte da software che sfruttano i big data.

È quindi plausibile che i lavori cognitivi che richiedono mansioni simili possano a breve essere sostituiti da macchine e computer con conseguente calo della domanda di lavoro in questi settori.

Processi simili sono all’opera per molte professioni manuali non ripetitive. Si pensi all’edilizia, tipicamente un’attività da svolgere in loco, che richiede non soltanto un’attività manuale ma anche un alto grado di adattabilità alle condizioni atmosferiche e logistiche. Malgrado ciò in alcuni casi il lavoro manuale del muratore è già stato soppiantato dalla prefabbricazioni in stabilimento di componenti per l’edilizia poi trasportate direttamente in loco con bassi costi di trasporto. Quindi il muratore è a rischio, ma anche il camionista che trasporta i componenti, sfidato dai veicoli senza conducente che tramite i sensori installati sulle vetture simulano la guida umana. Aldilà dell’aneddotica sui singoli mestieri, in tutta una serie di settori – come la manifattura, l’imballaggio, le costruzioni e la manutenzione stradale o edilizia – sembrano affermarsi processi computerizzati in grado di soppiantare molte figure professionali, agevolati anche dalla tendenza a ridursi dei costi della robotica e del capitale tecnologico a fronte di costi del lavoro più o meno stabili.

Sulla base di questi trend, F & O individuano tre tipi di mansioni che assicurano le professioni dal rischio di essere rimpiazzate da computer e robotica – almeno nel breve periodo. Sono le mansioni che richiedono un’alta percezione sensoriale o destrezza manuale; quelle creative e infine quelle che implicano intelligenza sociale.

Secondo gli autori tali mansioni non sono replicabili dai computer perché non è (ancora) possibile programmare software in grado di eguagliare la percezione sensoriale o la destrezza manuale e perché i processi psicologici che caratterizzano la creatività o l’intelligenza sociale sono difficili da specificare. Infatti, anche gli algoritmi più complessi basati sui big data non possono codificare la negoziazione, la persuasione o la preoccupazione che sono richieste in alcune mansioni.

Questi presupposti spingono F & O a rivedere la classificazione di Autor e a ridefinire mestieri e professioni sulla base delle tre mansioni appena descritte. Tanto più queste ultime sono importanti tanto più una professione sarà protetta dal rischio di automatizzazione.

Adottando questi criteri di classificazione e utilizzando una ricca banca dati del Ministero del Lavoro Statunitense, F & O scrutinano 702 diverse professioni e giungono a distinguere le professioni tra quelle ad alto, medio o basso rischio di venire rimpiazzate dai computer.

Procedendo nella loro analisi, F & O individuano i settori nei quali si concentrano tali professioni e stimano la quota di occupati interessata. I risultati (figura 1) mostrano che quasi la metà degli attuali occupati del mercato del lavoro americano si concentra in professioni ad alto rischio di essere rimpiazzate dai computer (il 47 %!), mentre solo il 19% e il 33% di occupati svolgono professioni rispettivamente a medio e a basso rischio di essere spiazzate dai processi di computerizzazione.

I settori nei quali si concentrano le professioni a rischio sono i servizi, la vendita al dettaglio e le costruzioni. Soprattutto i lavoratori nei servizi di trasporto e logistica insieme a buona parte di quelli impiegati nei servizi amministrativi e da ufficio sono a rischio di essere soppiantati dal capitale tecnologico.

Questi risultati sono peraltro in linea con vari studi che evidenziano come nei trasporti i veicoli computerizzati, in conseguenza dei loro costi decrescenti, diventeranno più convenienti del lavoro e come il capitale tecnologico abbia già sostituito molte figure professionali quali quelle di cassieri, commessi, venditori telefonici.

Schermata 05-2457511 alle 16.21.52

Sul versante opposto, le professioni più immuni alla computerizzazione sono quelle maggiormente euristiche, in cui le mansioni di creatività, intelligenza sociale e destrezza manuale sono più necessarie; esse si concentrano in settori come l’istruzione, la sanità, la gestione aziendale e l’ingegneria.

Infine F & O analizzano il salario medio per professione e il livello di istruzione medio sulla base del rischio di automazione: i loro risultati mostrano che il rischio di automazione è correlato negativamente con salari e istruzione, ovvero sono proprio le professioni a basso salario e a bassa istruzione quelle più esposte al rischio di sostituzione tecnologica.

Sembrerebbe quindi profilarsi nel breve periodo un impatto anti-egualitario della computerizzazione sulla distribuzione dei salari. Ecco, tra gli altri, un esempio che riguarda il settore legale: saranno gli assistenti legali a medio-basso salario a correre i maggiori rischi, mentre gli avvocati, tipicamente ad alto salario, possono stare molto più tranquilli.

Questa previsione prospetta, dunque, un futuro in cui gli effetti delle tecnologie saranno molto diversi da quelli che esse hanno avuto negli ultimi decenni, durante i quali sono stati soprattutto i lavori a salario medio, quelli cognitivi routinari, soprattutto impiegatizi, ad essere falcidiati dalle nuove tecnologie.

Questa analisi apre le porte quindi al rischio concreto di una crescente disoccupazione tecnologica alla Keynes, sebbene gli autori siano consapevoli che le loro stime sono frutto di assunzioni forti e congetture opinabili. Ad esempio il tasso di accelerazione della computerizzazione è il frutto da un lato della convenienza relativa del capitale tecnologico rispetto al lavoro e dell’altro della neutralità delle politiche pubbliche verso la tecnologia, ma nulla vieta che la computerizzazione possa decelerare al modificarsi di una di queste due condizioni. Inoltre quest’esercizio di previsione può essere viziato da molte limitazioni, tra cui l’impossibilità di conoscere quando questi processi di computerizzazione si dispiegheranno pienamente sul mercato del lavoro. A tal proposito è naturale immaginare che i lavoratori spiazzati dalla tecnologia si riallochino su settori meno esposti modificando le quote di forza lavoro impiegate nei diversi settori.

Ma, al di là della difficoltà di anticipare il futuro su una materia tanto delicata e poco prevedibile, andrebbe presa sul serio la previsione che la computerizzazione si abbatterà sulle professioni a basso salario e a bassa istruzione, se non altro per provare ad anticiparne gli sgradevoli effetti sociali ed evitare di ritrovarsi proprio in uno di quegli scenari distopici dei romanzi di fantascienza.

Schede e storico autori