L’Altra Napoli esiste

Ernesto Albanese illustra l’origine gli scopi e l’attività dell’associazione Altra Napoli, che egli presiede e che svolge la propria attività nel Rione Sanità, un quartiere con la reputazione di essere dominato dalla malavita. Albanese, ricorda quale sia il patrimonio monumentale del Rione e illustra le numerose e importanti iniziative realizzate dall’associazione, dalla riqualificazione dei luoghi alla creazione di un’orchestra per i giovani al coinvolgimento di questi ultimi in attività culturali, facendo emergere l’importanza degli uomini e dei loro progetti.

Dieci anni fa ho contribuito a fondare – e da allora la presiedo – l’Altra Napoli, una Onlus impegnata in progetti per creare opportunità di lavoro e di riscatto sociale per i giovani di Napoli.

La storia dell’Altra Napoli comincia con un evento tragico che ha colpito la mia famiglia.

Nel maggio del 2005, mio padre Emilio, un ingegnere in pensione di 69 anni, rimane vittima di una rapina nel cortile del palazzo del centro storico in cui abitava. Aveva avuto la sfortuna di essere visto da due delinquenti mentre cambiava in banca un assegno da 3000 euro. Era stato seguito ed aggredito per portarglieli via. Un colpo al collo gli è stato fatale.

Avrei avuto il diritto di odiare Napoli e di abbandonarla al suo destino, ma dopo i giorni dello sdegno e del cordoglio, cercai di capire meglio il contesto sociale attraverso le statistiche dell’Istat.

I dati erano sconcertanti e sorprendenti anche per chi come me, aveva vissuto in città per molti anni prima di trasferirmi per motivi di lavoro.

Napoli era agli ultimi posti in Italia per qualità della vita e, tra i mille problemi, spiccava quello della criminalità, che la vedeva saldamente in vetta alla classifica per reati predatori. Volendo prendere a confronto un’altra grande e problematica città, a Napoli le rapine erano 10 volte più frequenti che a Palermo.

Mi chiesi: cosa deve succedere perché le istituzioni prendano coscienza di questa drammatica realtà? È come sarà la vita a Napoli se non si prendono subito misure drastiche per correggere la rotta?

Sottoposi queste domande all’allora sindaco Rosa Russo Iervolino ed al governatore Antonio Bassolino. Le risposte furono vaghe, confuse, impalpabili. Mi resi conto che anche le istituzioni tiravano a campare senza sapere cosa fare.

Molti mi dicevano di non perdere tempo, che non c’era più niente da fare per Napoli. Ma non volevo rassegnarmi a questo inesorabile declino e decisi di mettermi in gioco per dimostrare che la società civile può fare la sua parte, rimboccandosi le maniche per aiutare i più deboli, soprattutto i giovani.

Insieme ad un manipolo di amici costituimmo quindi l’Altra Napoli Onlus (www.altranapoli.it) e ci mettemmo al lavoro.

Ci serviva un’idea ed un posto simbolico su cui sviluppare un progetto.

Mi parlarono del Rione Sanità e di un sacerdote visionario che da qualche anno stava costruendo sui giovani e per i giovani un percorso diverso.

Andai a conoscere Padre Antonio Loffredo e fui contagiato dall’entusiasmo di questo prete che aveva molte delle qualità di un manager: visione, coraggio, pragmatismo, capacità di fare squadra.

Mi colpì soprattutto la sua risposta quando gli domandai come si comportava quando qualcuno gli confessava di aver commesso un reato: “cerco di dare consigli e di non dare giudizi” mi disse.

Il Rione Sanità è un luogo straordinario, un’enclave all’interno del centro storico di Napoli, un reticolo di vicoli animati da rumore e confusione, che però sono vita. Una popolazione di oltre 32 mila persone concentrate in 3 kmq, con una densità abitativa tra le più alte al mondo, convive con degrado urbano, criminalità diffusa, disoccupazione, miseria, tasso di abbandono scolastico che supera il 30%. In tale contesto sociale è facile per i giovani interiorizzare la “legittimità” di uno stile di vita deviante.

Tuttavia, gli abitanti del Rione sono inconsapevolmente adagiati su uno straordinario tessuto di palazzi storici, chiese e catacombe, molte delle quali a quel tempo degradate o totalmente inutilizzate. Certamente, nessun luogo incarna le contraddizioni di Napoli più del Rione Sanità.

Capimmo subito che quello poteva essere il posto giusto per metterci alla prova e ci domandammo cosa potesse fare un gruppetto di amici, privo di fondi e che peraltro viveva tra Roma e Milano.

Decidemmo di mettere al servizio di Padre Antonio e dei suoi ragazzi le competenze e le relazioni professionali di ciascuno di noi, realizzando un progetto per trasformare alcuni spazi degradati, spesso di valore storico e monumentale, in luoghi di aggregazione per i giovani o in opportunità di lavoro.

In pochi giorni il progetto prese corpo, articolato su 11 interventi indirizzati verso l’arte, la cultura e l’impresa sociale.

Calcolammo che ci sarebbero serviti meno di 2 milioni di euro, che non volevamo chiedere alle istituzioni locali per evitare i condizionamenti della politica.

Presentammo a New York il progetto alla Clinton Foundation, organizzazione che promuove attività filantropiche e di sviluppo nel mondo, la quale lo considerò meritevole del suo appoggio che non era economico ma di credibilità. I primi sponsor ci aprirono le porte.

Il primo intervento fu la realizzazione di un giardino pubblico dove prima esisteva un piccolo agrumeto che un secolare muro di tufo aveva protetto dal degrado. Abbattemmo il muro, sostituendolo con un cancello colorato, seminammo un prato e installammo dei giochi per i bambini.

La reazione della gente fu immediata: nei bambini, che avevano uno spazio civile in cui giocare, e nei loro genitori, alcuni dei quali si fecero spontaneamente carico della pulizia e della manutenzione. Fu una prima lezione importante, la conferma del valore educativo della bellezza, che aiuta a sviluppare un senso civico anche in contesti così degradati, dove in genere ciò che non è privato non è di tutti, bensì di nessuno.

Ma il risultato più rilevante fu senza dubbio la nascita degli Iron Angels, una cooperativa di tre ragazzi del Rione, a cui offrimmo formazione ed attrezzature per imparare il mestiere di fabbro e che trovarono proprio nella realizzazione del cancello il primo lavoro su cui cimentarsi. Per noi, e per il Rione Sanità, era la prima esperienza di impresa sociale.

Seguirono altri interventi di riqualificazione, con la finalità di creare luoghi di svago e di aggregazione sociale lontano dalla strada: locali per il doposcuola, una palestra, un’aula informatica, un teatro, uno studio di registrazione musicale ricavato in una cappella seicentesca. Tutti questi spazi vennero affidati alla gestione di cooperative di giovani che sapevano interagire, sotto la guida di Padre Antonio, con il complesso tessuto sociale di un quartiere che da secoli era stato condannato dalla morfologia urbanistica ad un grave isolamento culturale.

Nel 2008 ebbe inizio una nuova avventura, quella dell’orchestra giovanile Sanitansamble. All’inizio erano 38 bambini, poi divenuti 45, oggi 100. Sull’esempio della straordinaria esperienza del sistema fondato da José Antonio Abreu in Venezuela, decidemmo di insegnare ai bambini la musica, come strumento di valorizzazione del loro talento e di interazione sociale. Nessuna attività, più che far parte di un’orchestra, educa a fare sacrifici ed a lavorare insieme. Ed infatti i risultati non sono mancati. La Sanitansamble è diventata un’ottima compagine musicale, guidata dal Maestro Paolo Acunzo e da 12 insegnanti di musica che hanno ottenuto risultati artistici sorprendenti e portato i ragazzi a suonare al San Carlo, al Teatro Verdi di Milano ed al cospetto del Presidente delle Repubblica Giorgio Napolitano e di Papa Francesco. Ma Sanitansamble è per quei bambini soprattutto una scuola di vita, dove imparare a diventare cittadini migliori prima ancora che bravi musicisti. Ed infatti, in un quartiere dove l’abbandono scolastico raggiunge livelli da paesi del Terzo mondo, la partecipazione dei bambini all’attività didattica è altissima, anche grazie all’incoraggiamento delle loro famiglie, che, sebbene spesso umili e con gravi problemi sociali, hanno capito che Sanitansamble è una grande opportunità per i propri figli.

Man mano che i vari progetti prendevano forma, i ragazzi coinvolti diventavano per gli altri giovani del rione un esempio positivo di come sia possibile trovare una via per il proprio futuro lontano dai richiami della camorra.

Molti dei giovani iniziarono a comprendere di avere un talento da valorizzare e delle risorse da trasformare in opportunità di sviluppo economico e sociale. Il caso delle Catacombe di san Gennaro è senza dubbio l’esempio più evidente e rappresentativo.

Le Catacombe sono uno straordinario museo sotterraneo, composto da grandi decumani che si intersecano con strade più strette e che confluiscono in una meravigliosa basilica paleocristiana chiusa da decenni ed utilizzata come deposito di un vicino ospedale.

Sotto la spinta di Padre Antonio, venne progettato un innovativo impianto di illuminazione a LED – poi realizzato da una nuova cooperativa di ragazzi che impararono il mestiere di elettricista – e recuperata la basilica per ottenere uno spazio polifunzionale dalle grandi potenzialità.

Ma ancora una volta il risultato più straordinario venne dal successo dei ragazzi: alcuni di essi, costituita una cooperativa, “La Paranza”, iniziarono a studiare la storia e le lingue divenendo presto le guide turistiche di quello straordinario sito monumentale. All’inizio erano in 5, oggi sono 22, moltiplicati come i visitatori di quel sito, che dai 5 mila del 2009 hanno raggiunto il numero di 70 mila nel 2015. Oggi le catacombe di san Gennaro sono segnalate come monumento “imperdibile” su tutte le guide di Napoli ed hanno avuto il merito di attrarre i turisti all’interno del quartiere e con loro sono nati bed&breakfast, ristoranti e botteghe.

Gli spazi di crescita sono ancora enormi, così come la possibilità di dare un lavoro di qualità ad altri giovani del Rione, sfruttando una risorsa monumentale che è intrecciata con le loro radici.

Ma soprattutto il successo de “La Paranza” è diventato un esempio a livello nazionale di come, in mancanza di risorse pubbliche, la valorizzazione di alcuni siti monumentali possa essere affidata a realtà del terzo settore e del territorio, che operano con straordinaria professionalità e passione.

Ognuno dei tanti progetti dell’Altra Napoli nel Rione Sanità meriterebbe di essere raccontato, partendo proprio dalle storie dei giovani che li hanno realizzati, i veri protagonisti di questa storia.

Lo studio di registrazione musicale, i bed&breakfast ed un’innovativa attività di catering per turisti gestita da giovani donne, che è in fase di avvio, rappresentano solo gli strumenti per valorizzare il talento innato di quei giovani.

In dieci anni abbiamo investito oltre 4,5 milioni di euro, tutti raccolti da sponsor privati. Molti progetti lavorano in rete e i diversi attori coinvolti collaborano con innovativi meccanismi di solidarietà..

Oggi L’Altra Napoli è una realtà conosciuta e sostenuta da grandi aziende nazionali ed internazionali, avendo dimostrato di riuscire a realizzare tanti progetti impegnativi con la politica dei piccoli passi, così distante dalla demagogia e dalla inconcludenza delle istituzioni locali. Con queste ultime abbiamo avuto pochissimi contatti e non abbiamo mai chiesto finanziamenti, ma in alcuni casi solo spazi da riqualificare con risorse private che avremmo trovato noi. Non ci è mai pervenuta alcuna risposta.

L’Altra Napoli è un facilitatore: predisponiamo un progetto, reperiamo i fondi, selezioniamo e formiamo i giovani, li aiutiamo a costituirsi in associazioni o cooperative per garantire alla gestione delle singole attività una sostenibilità nel tempo. Oggi sono circa 100 i giovani che lavorano nelle varie attività e dieci volte tanto i cittadini del Rione che utilizzano gli spazi realizzati grazie al nostro lavoro.

Sulla base dell’esperienza vissuta con L’Altra Napoli sono fermamente convinto che dare un futuro diverso a questa città sia possibile e che rappresenti anzi un dovere primario per tutto il Paese, perché perdere Napoli significa allargare ancora di più il solco tra il Nord ed il Sud.

La città ha le risorse per risalire la china, partendo dalla sue bellezze naturali, dalla sua storia, cultura e tradizioni che ancora affascinano milioni di persone in tutto il mondo.

E’ però necessario che ognuno faccia la propria parte, le istituzioni come la società civile.

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