La mobilità sociale in Europa: nuove evidenze empiriche e suggerimenti di policy

Teresa Barbieri e Francesco Bloise esaminano un recente rapporto dell’Eurofound che analizza i livelli e le tendenze della mobilità sociale in Europa attraverso l’associazione tra lo status socio-economico dei genitori e quello dei figli da adulti. Barbieri e Bloise illustrano le metodologie utilizzate nel rapporto, sintetizzano i principali risultati raggiunti - mettendone in luce gli aspetti di novità, soprattutto nella prospettiva di genere - e elencano le principali politiche per l’uguaglianza delle opportunità.

La tendenza verso una ridotta mobilità sociale è spesso citata come uno dei mali maggiori del nostro tempo, e non soltanto in Italia.  La conoscenza del fenomeno, benchè notevolmente migliorata degli ultimi anni, è ancora tutt’altro che completa. Il recente rapporto dell’Eurofound “La mobilità sociale nell’Unione Europea” consente di fare qualche passo in avanti, fornendo nuove ed aggiornate evidenze empiriche.

Il rapporto utilizza un approccio di tipo sociologico in quando analizza   l’associazione tra la classe sociale di origine, quella dei genitori, e quella di destinazione, senza riferimento ai redditi che invece sono al centro dell’approccio economico. La gerarchia delle classi sociali è determinata in base alla “Classificazione Europea Standard per le Classi Sociali” (ESeC) riportata nella tabella 1.

I dati utilizzati provengono dalla “European Social Survey” (ESS). Un’importante novità è l’ ampio spazio dedicato alle differenze di genere, superando un limite delle precedenti analisi in larghissima parte concentrate sull’associazione tra classe dei padri e classe dei figli maschi da adulti.

Tabella 1 – Classificazione Europea Standard per le Classi Sociali

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Il rapporto fornisce innanzitutto indicazioni sull’andamento della mobilità assoluta, cioè sulla probabilità che ha un individuo, proveniente da una determinata classe sociale, di finire in una classe, piuttosto che in un’altra, in 24 Paesi dell’Unione Europea. Per effettuare questa misurazione, le 9 classi di cui alla Tabella 1, vengono aggregate in modo da creare 3 macro-classi: quella superiore, formata dalle classi 1 e 2; quella media che va dalla 3 alla 8, e, infine, quella “inferiore” coincidente con la 9. Ad essere misurati sono quindi i movimenti tra questi tre gruppi. Per valutare il grado di associazione tra classe di origine e di destinazione nel rapporto sono state calcolate 144 matrici di mobilità divise per 24 Paesi membri, sesso e 3 distinte coorti: nati tra il 1927 e il 1945, nati tra il 1946 e il 1964 e nati tra il 1965 e il 1975.

Nella tabella 2 sono riportate alcune statistiche relative alla mobilità assoluta divise per le tre coorti di nascita e per genere. Tra la prima coorte, la cosiddetta generazione silente, e quella più giovane, la cosiddetta Generazione X, la mobilità verso il basso è aumentata leggermente (dal 35% di individui finiti in una classe inferiore rispetto a quella dei propri genitori, si è passati al 37,3%). La quota di individui con medesimo status socioeconomico dei genitori, è rimasta pressoché invariata. La mobilità verso l’alto è aumentata nel passaggio dalla prima alla seconda coorte ma poi è diminuita.

Tabella 2 – Mobilità assoluta per coorte e per genere

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Se guardiamo alle stesse statistiche separatamente per gli uomini e per le donne, emerge un quadro leggermente differente. Mentre la quota di uomini che è scivolata lungo la scala della stratificazione sociale è cresciuta notevolmente (dal 32% per la coorte più anziana al 37.3% per quella più giovane), quella delle donne non ha subito un cambiamento così drastico. L’invarianza del grado di immobilità della popolazione totale, cela movimenti in direzione opposte per gli uomini e per le donne: se la quota di uomini immobili è cresciuta di circa l’1% tra la prima e l’ultima coorte, quella delle donne si è ridotta all’incirca nella stessa misura. Le differenze di genere, appaiono ancora più evidenti quando si guarda alla mobilità verso l’alto: si è notevolmente ridotta per gli uomini (dal 45,7% al 38.5%) mentre è aumentata per le donne (dal 40,5% al 42,3%).

Ovviamente questi risultati variano da paese a paese e, nella tabella 3, si riporta una sintesi di come, tra la I e la III coorte,  sia aumentata (+), diminuita (-) o rimasta uguale (0) la quota di individui mobili verso il basso, immobili, o mobili verso l’alto.

Tabella 3 – Mobilità assoluta per paese

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Confrontando la terza coorte con la prima risulta che, per quanto riguarda gli uomini, in 18 Paesi è aumentata   la mobilità verso il basso  e in 15 Paesi è diminuita quella verso l’alto; mentre per le donne quella verso il basso è aumentata soltanto in 6 Paesi (è diminuita in 8 e non è cambiata in 10) e quella  verso l’alto è diminuita in 6 (è aumentata in 8 e rimasta invariata in 10). Le donne, nel complesso, sembrano meno immobili degli uomini.

Il rapporto si propone anche di misurare il grado di mobilità sociale relativa, o fluidità sociale. In questo caso si misura la differenza nelle probabilità di finire in una determinata classe, che hanno individui proveniente da background differenti. Al fine di misurare il grado di fluidità di una società, si ricorre al cosiddetto “Uniform Difference Model”, che stima come varia, da paese a paese, l’associazione tra classe di origine e classe di destinazione tramite il parametro . Il valore del parametro  viene fissato pari a 1 per una determinata coorte di un determinato paese, in questo caso gli individui nati in Austria prima del 1964, e tutti gli altri parametri   per gli altri paesi vengono misurati relativamente a come si discostano da quello di riferimento: se il parametro diminuisce significa che aumenta il grado di fluidità, se, al contrario, cresce la società è relativamente meno mobile.

Figura 1 – Fluidità sociale: andamento del parametro

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Nella figura 1 si riporta l’andamento del parametro per i paesi e le coorti incluse nell’analisi. In Europa, nel corso del ventesimo secolo, vi è stata una convergenza nei livelli di fluidità sociale dei diversi Paesi Membri: il grado di mobilità sociale è più simile per la coorte 1946 – 1964 rispetto alla coorte 1927 – 1946. Tuttavia, per gli individui nati dopo il 1965, si nota un rallentamento della convergenza, se non addirittura una leggera divergenza.  Per sei Paesi, il grado di fluidità sociale è aumentato: Belgio, Danimarca, Finlandia, Grecia, Paesi Bassi e Slovacchia. Per quattro Paesi, il livello di mobilità sociale è rimasto lo stesso nel periodo esaminato: Germania, Irlanda, Polonia e Regno Unito.

Nel rapporto si ricorda come negli ultimi anni si sia sviluppato un dibattitto sulla ricerca di politiche utili a garantire maggiore uguaglianza delle opportunità e fluidità sociale. I possibili interventi vengono suddivisi in tre macro-categorie: misure per l’infanzia e l’istruzione primaria, misure volte a migliorare l’istruzione secondaria o terziaria e interventi sul mercato del lavoro.

 Per quanto riguarda le misure rivolte all’infanzia, uno dei possibili interventi riguarda il costo delle strutture scolastiche e di assistenza, che varia molto da paese a paese.  Ridurre questo costo vuol dire che sarà favorito   l’accesso ad asili nido e all’istruzione primaria e, inoltre, migliorerà la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. I paesi nordici, quali Svezia, Danimarca o Finlandia, non sembrano avere barriere all’ingresso per l’istruzione primaria o per l’accesso agli asili nido grazie al notevole impegno degli ultimi due decenni per migliorarne la qualità. Al contrario, in paesi quali l’Irlanda, Regno Unito, Francia e Olanda, l’accesso agli asili nido è ostacolato dai costi ancora troppo elevati. L’Italia, tra il 2012 e il 2016 ha adottato un sistema di voucher che ha dato alle mamme la possibilità di scegliere, dopo la fine del concedo per maternità, tra asilo nido o baby-sitting.

Sono considerate fondamentali anche le politiche volte a garantire un accesso egualitario all’istruzione secondaria e terziaria. Ad esempio, da uno studio della Commissione europea risulta che i figli dei laureati hanno mediamente il doppio della probabilità di laurearsi rispetto ai figli di genitori con la sola istruzione di base. Tale probabilità è addirittura 9 volte più alta in paesi quali la Polonia, la Repubblica Ceca e l’Ungheria. Per migliorare l’accesso e la qualità dell’istruzione secondaria e terziaria sono considerati appropriati interventi in grado di migliorare l’edilizia scolastica e la qualità dell’insegnamento, di ridurre gli abbandoni scolastici e di migliorare la qualità generale del sistema educativo. Il primo tipo di interventi è ritenuto particolarmente rilevante per i paesi nordeuropei, il secondo per Regno Unito, Francia, Irlanda, Germania, Austria e Belgio. Nei paesi del centro-est Europa e balcanici è, invece, prioritaria la riduzione del costo dell’istruzione, in modo da favorire l’accesso dei gruppi più svantaggiati, quali i migranti o le minoranze etniche.

Anche se il dibattitto politico e accademico è concentrato sul miglioramento della mobilità sociale attraverso gli interventi sul sistema educativo, recentemente si è iniziato a discutere di come facilitare l’accesso ad ogni tipo di occupazione, a prescindere dal background familiare e l’attenzione si è sulle politiche per migliorare e rendere più rapida la transizione dall’istruzione al lavoro, soprattutto per i giovani provenienti dalle famiglie più svantaggiate. Molti paesi membri dell’Unione Europea hanno aderito al programma Youth Guarantee (Garanzia Giovani) per dare ai giovani con meno di 25 anni, nei 4 mesi successivi al completamento del loro percorso di studi, la possibilità di ricevere offerte lavorative e di tirocinio o di proseguire ancora con l’istruzione.  Rispetto all’uguaglianza di opportunità nell’accesso alle occupazioni migliori, il Regno Unito è il Paese che ha fatto i maggiori sforzi istituendo la UK Social Mobility Commission che ha messo insieme imprese e governo per sviluppare strumenti in grado di incentivare l’accesso alle “top occupations”.

In conclusione, il rapporto fornisce numerose ed interessanti evidenze empiriche sul grado di mobilità sociale. Nella parte dedicata alle politiche attuate per incrementare la fluidità sociale e l’uguaglianza di opportunità, traspare un certo ottimismo sulla loro efficacia. Tuttavia, non va dimenticato che la trasmissione intergenerazionale della posizione sociale, specialmente in Italia, non dipende unicamente dall’istruzione: gli status occupazionali – e il reddito – possono essere molto diversi a parità di istruzione e per altre influenze delle origini familiari. Dunque, politiche dirette esclusivamente all’istruzione potrebbero non essere sufficienti.

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