La Luna, i banchieri e i sognatori

Ersilia Vaudo Scarpetta racconta del crescente dinamismo delle imprese spaziali, dell’entrata in campo di nuovi attori istituzionali e privati e di ambiziosi programmi di esplorazione. Le destinazioni sono molte - comete, asteroidi, pianeti – ma la grande novità, sostiene Vaudo Scarpetta, è il rinnovato interesse per la Luna, avamposto a “portata di mano”, dove si vorrebbero stabilire postazioni umane permanenti. La corsa verso la Luna vede in prima fila anche i miliardari di Silicon Valley, moderni cercatori d’oro, proiettati verso nuove frontiere spaziali da conquistare.

Sulla Luna, per piacere,
non mandate un generale:
ne farebbe una caserma
con la tromba e il caporale.
Non mandateci un banchiere
sul satellite d’argento,
o lo mette in cassaforte
per mostrarlo a pagamento.
Non mandateci un ministro
col suo seguito di uscieri:
empirebbe di scartoffie
i lunatici crateri. 

Ha da essere un poeta
sulla Luna ad allunare:
con la testa nella Luna
lui da un pezzo ci sa stare…
A sognar i più bei sogni
è da un pezzo abituato:
sa sperare l’impossibile
anche quando è disperato.
Or che i sogni e le speranze
si fan veri come fiori,
sulla Luna e sulla Terra
fate largo ai sognatori!

SULLA LUNA

Gianni Rodari

Se l’economia globale stenta ancora a riprendersi, gli investimenti in imprese spaziali vanno invece a gonfie vele. Il totale di fondi pubblici destinati allo spazio,  oggi di circa 70 miliardi di dollari, continua ad aumentare  e dovrebbe raggiungere quota 80 miliardi in pochi anni. Oltretutto la globalizzazione è ormai una realtà.  Sono oltre 70 i paesi che hanno investito più di 10 milioni di dollari in programmi spaziali nel 2013, ossia il doppio rispetto a dieci anni prima.

Al fondo ci sono considerazioni di crescita economica e lavoro. Ma lo spazio è comunque una frontiera che accende la voglia di esplorare. I paesi sanno bene che nessuna impresa può competere con le avventure spaziali, per l’impatto e la fascinazione che esercitano sul nostro immaginario. E nessun altro palcoscenico – forse in minor misura lo sport? – può amplificare con altrettanta potenza la visibilità di un successo. Quindi, la Luna, i pianeti e le comete. Ma anche, perché no, gli asteroidi e soprattutto Marte. In cifre, le attività complessive di esplorazione pianificate per il futuro da USA, Cina, India, Giappone, Corea, Russia e Europa includono, grosso modo, 14 missioni sulla  Luna (o nelle sue vicinanze), 13 missioni su Marte, 2  missioni sugli asteroidi e vari altri viaggi verso i pianeti del sistema solare.

La buona salute degli investimenti spaziali è confermata dalla proposta di budget per il 2018 presentata da Trump il 16 Marzo. I fondi per la Difesa aumentano e a farne le spese sono più di 18 agenzie federali. Ma la NASA ne esce praticamente indenne, con un budget stabile e ricentralizzato su quella che sembra essere una priorità per l’ amministrazione Trump: l’ esplorazione spaziale. Nelle sue linee fondamentali, la proposta sembra confermare il progetto della NASA di mandare uomini su Marte tra il 2030 e il 2040 – lanciato sotto l’ amministrazione Obama con il nome “Journey to Mars” – e quindi la necessità di costruire un lanciatore e una capsula per astronauti adatta allo scopo.

Ma mentre le grandi agenzie spaziali rivelano al mondo le loro strategie per i decenni a venire, nuovi protagonisti si fanno avanti: sono privati che mettono sul piatto non solo idee, ma anche progetti concreti e risorse finanziarie ragguardevoli. The space race, non è più quindi solo un affare tra nazioni che vogliono portare lontano la loro bandiera ma una gara, in particolare tra miliardari americani – Musk, Bezos, Allen e Branson – attirati dall’ enorme potenziale che lo spazio offre. Quindi lo Spazio come the Wild West del 21mo secolo, capace di attrarre imprenditori brillanti e nuovi esploratori, in cerca di gloria ma anche di nuove ricchezze.

Bisogna dire che gli USA sono stati molto attivi nel creare condizioni favorevoli all’ industria privata nazionale per lanciarsi nella corsa allo spazio. Sotto l’ amministrazione Obama, il “National Aeronautics and Space Act” del 2010 ha chiarito che il mandato della NASA, accanto alle attività tradizionali, era quello di – “encourage, to the maximum extent possible, the fullest commercial use of space”. E questo è stato un importante turning-point. L’ Act, in altre parole, diceva alla NASA che il suo obiettivo non era più semplicemente il raggiungimento di una meta (Luna, Marte etc..) ma il supporto allo sviluppo di capacità commerciali che consentissero l’ espansione della sfera economica americana nel sistema solare, catalizzando nel processo nuove industrie e stimolando innovazione e crescita economica.

Per dare un ordine di grandezza, negli ultimi anni negli USA, più di 2-3 miliardi di dollari sono stati investiti in compagnie e progetti private “spaziali’ quali SpaceX, SkyBox, Spire, PlanetLabs or OneWeb.

Nelle settimane scorse però è stata soprattutto la Luna ad andare sulle prime pagine americane.

Gli appassionati del nostro satellite, sanno che fino a qualche mese fa sulla Luna c’è stato un certo movimento. Il primo rover lunare cinese, Yutu, – parte della missione Chang’3 – è rimasto in giro per un po’ (ha fatto quasi 150 metri) e si è spento dopo un record di permanenza di 31 mesi (originariamente era previsto durasse al massimo tre mesi). La missione Chang’3 ha realizzato  il primo ‘soft landing’ sulla Luna dopo quasi 40 anni (l’ultimo era stato dei sovietici, nel 1976) ed il “Coniglio di Giada” – traduzione di Yutu, – è stato il primo robot a passeggiare sulla luna dopo il rover sovietico Lunokhod 2 negli anni 70. Pas mal. Il piano cinese di conquista della luna è quindi cominciato bene ed è altamente ambizioso.   Nei prossimi anni si prevede una serie di missioni per preparare l’ arrivo di astronauti (quelli cinesi in realtà si chiamano Taikonauti)  e la successiva costruzione di una base lunare.

E le ambizioni degli Stati Uniti? Qualche settimana fa, l’ amministrazione Trump ha chiesto alla NASA di studiare la fattibilità di un viaggio andata e ritorno di  due astronauti sulla Luna entro il 2019 (lo studio dovrebbe dare i suoi risultati a fine Marzo). Si tratta quindi di vedere se si riesce convertire la missione EM1 in una missione umana. Se la missione avesse successo sarebbe il primo viaggio nello spazio “profondo” – cioè oltre l’ orbita della Stazione Spaziale Internazionale – ben 45 anni dopo l’ultima del programma americano Apollo del dicembre 1972. Ma non è tutto. A fine Marzo la NASA ha annunciato di voler mettere in orbita intorno alla Luna entro il 2026 una base come avamposto umano oltre l’ orbita della Stazione Spaziale Internazionale.

E nel frattempo anche i privati si lanciano. È di qualche settimana, l’annuncio dell’ultimo progetto del CEO di SpaceX, Elon Musk : far viaggiare due privati cittadini intorno alla luna entro la fine del 2018. Se le scadenze prospettate da SpaceX dovessero essere rispettate, battendo quindi la NASA in corsa, si tratterebbe non solo della prima missione umana oltre l’orbita terrestre, ma soprattutto della prima finanziata da fondi privati.

Alla gara si unisce anche Blue Origin di Jeff Bezos, fondatore di Amazon con la chiara intenzione di utilizzare il veicolo di lancio orbitale attualmente in sviluppo, New Glenn, per effettuare voli con equipaggio a bordo nello spazio cislunare. All’inizio di quest’anno, lo stesso Bezos aveva fatto circolare un White Paper tra la leadership della NASA e il team di transizione del presidente eletto Donald Trump per proporre lo sviluppo di un servizio commerciale di consegna per la luna, con l’obiettivo di trasportare sul nostro satellite merci, materiale per esperimenti e moduli abitativi entro la metà del 2020. “È il momento per l’America di tornare sulla luna – questa volta per restarci”. Anche United Launch Alliance aveva già l’ anno scorso presentato la sua “Cislunar 1,000 Vision” con l’ obiettivo di far vivere e lavorare 1,000 persone nello spazio e sulla luna entro il 2045.

Non c’è da preoccuparsi su dove poi si va a dormire. A questo ci ha pensato il miliardario Robert Bigalow che degli hotel spaziali gonfiabili e fluttuanti ha fatto la sua specialità. L’ idea, che sembrava assurda, funziona. Uno dei moduli gonfiabili di Bigalow è da un anno abitato dagli astronauti della ISS. Un primo importante passo quindi per fare del turismo spaziale una realtà.

Diceva Rodari nella sua bellissima poesia: “Non mandateci un banchiere sul satellite d’ argento, o lo mette in cassaforte per mostrarlo a pagamento. Ha da essere un poeta sulla Luna ad allunare…Or che i sogni e le speranze si fan veri come i fiori, sulla Luna e sulla Terra fate largo ai sognatori!”. Ed ecco che i “banchieri” cominciano a fare anche i poeti e a sognare in grande.

Se i miliardari americani ci hanno ormai abituato ad annunci straordinari, il primo nella classifica dei visionari è senz’ altro Elon Musk. Meno di sei mesi fa, il 27 settembre scorso, il CEO di Space X aveva conquistato il pubblico presente all’International Astronautical Congress a Guadalajara, in Messico, rivelando i dettagli del suo grande piano per fare dell’umanità una specie interplanetaria. Si, avete capito bene. In vista di una catastrofe che inevitabilmente prima o poi – a detta di Musk – colpirà la Terra, la cosa giusta da fare adesso sarebbe proprio quella di prepararsi a diventare una “civiltà dello spazio”. Organizzare viaggi su Marte al fine di stabilirvi delle colonie umane, d’altra parte, è sempre stato tra gli obiettivi di medio-lungo termine di SpaceX. Nel suo discorso tenuto in Messico, l’imprenditore americano aveva parlato addirittura della possibilità, nei decenni a venire, di vendere e acquistare biglietti per Marte ad appena 200.000 dollari, l’attuale prezzo medio di una casa negli Stati Uniti. Una prima navicella senza equipaggio – un Dragon – dovrebbe effettivamente essere inviata su Marte già nel 2018. Si tratterà dunque della prima missione di questo genere, cui ne seguiranno altre ogni due anni – come ha spiegato Musk in Messico – al fine di approfittare della posizione favorevole di Terra e Marte e di avviare così la colonizzazione del sistema solare.

Queste ambizioni oltre misura fanno anche capire meglio perché ritorna la voglia di Luna. Senza dubbio c’è una motivazione scientifica. Il suolo lunare, con una età tra i 3 e i 4.5 miliardi di anni, è l’ unico luogo del sistema solare – con l’ eccezione di Mercurio che è però quasi inaccessibile per noi – dove è preservato un “tesoro” inestimabile di dati sull’ evoluzione del Sistema solare.

Ma c’è anche la voglia di realizzare cose “possibili”. Riuscire a mettere i piedi su Marte, e addirittura pensare a colonie permanenti a 55 milioni di km da qui, è ancora un po’ sognare. I rischi sono altissimi, le tecnologie non ancora disponibili, e le risorse necessarie enormi. La Luna invece è a portata di mano, bastano circa tre giorni di viaggio. E i progressi tecnologici e l’ esperienza accumulata negli ultimi decenni rendono credibile la prospettiva di stabilirvi colonie umane permanenti. Che vogliono dire anche turismo, estrazione di risorse rare, o un nuovo tipo di manifattura. Ma la Luna ha soprattutto un vantaggio politico, rispetto a Marte. Data la sua vicinanza può essere tecnicamente raggiungibile nell’orizzonte di uno/due mandati elettorali Quini un quick win in termini di visibilità politica e prestigio a cui è difficile resistere.

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