La Grecia, l’Europa e la Troika: breve storia di un fallimento

In seguito alla vittoria del partito di sinistra Syriza alle elezioni politiche di fine gennaio, il nuovo Governo greco ha messo in discussione lo speciale programma di assistenza finanziaria a cui il Paese è soggetto da quattro anni. La questione è prettamente politica e dalla sua soluzione (o mancata soluzione) potrebbe dipendere lo stesso futuro dell’unione monetaria. Per inquadrare il problema è opportuno ripercorrere brevemente i passaggi principali degli interventi di sostegno all’economia greca da parte delle istituzioni internazionali.

La Grecia è stato il primo Paese dell’area dell’euro a usufruire di un programma specifico di assistenza finanziaria (Economic Adjustment Programme) accordato dall’Unione europea e dal Fondo monetario internazionale condizionatamente alla realizzazione di un impegnativo piano di riforme economiche e di consolidamento fiscale. Tale programma è stato ritenuto necessario per far fronte alle particolari necessità di finanziamento dell’economia greca in un contesto di gravità, tale da non consentire la semplice attivazione dei meccanismi di indirizzo e sorveglianza economica regolati dai Trattati europei. L’erogazione dei prestiti è prevista con cadenze regolari ed è soggetta all’accertamento, da parte della Troika – vale a dire dalla Commissione europea, dalla Banca centrale europea e dal Fondo monetario internazionale – dei progressi effettuati dalla Grecia nell’attuazione del programma di riforme, che è scandito in ben individuate fasi di esecuzione e relativa verifica.

Il primo programma  ha avuto inizio nel maggio 2010 ed è stato concordato tra l’allora capo del Governo ellenico George Papandreou e la Troika. L’accordo prevedeva l’erogazione da parte degli Stati membri dell’area dell’euro e del Fondo monetario internazionale di prestiti alla Grecia per un totale di circa 107 miliardi di euro in tre anni (di cui circa 77 miliardi provenienti dalla zona euro e il resto dal Fondo monetario), da erogare in varie rate, in cambio dell’impegno da parte del Governo greco a realizzare il programma di interventi economici e finanziari definiti con precisione in un Memorandum of Understanding.

Nel marzo del 2012 è stato lanciato il secondo programma di assistenza finanziaria, assicurando alla Grecia circa 130 miliardi di euro entro la fine del 2014 in aggiunta a quelli stanziati con il primo programma, mentre il Fondo monetario internazionale si è impegnato a versare altri 19,8 miliardi. In questo caso, i prestiti non sono stati erogati direttamente dagli Stati dell’area dell’euro, ma dal fondo europeo per la stabilità finanziaria (EFSF) che si alimenta attraverso l’emissione sul mercato di titoli e di vari strumenti di debito. Inizialmente, la seconda fase del programma doveva concludersi a fine 2014; tuttavia, ritardi nell’attuazione delle riforme previste dal programma e, quindi, nell’erogazione dei relativi finanziamenti hanno condotto la Grecia e la Troika a negoziare una dilazione del piano di aggiustamento finanziario dal 2014 al 2016. Inoltre, gli Stati dell’area dell’euro hanno accordato alla Grecia una riduzione sia del tasso di interesse sui prestiti già stanziati, sia dei costi di garanzia pagati sui prestiti erogati dal fondo EFSF, sia, infine, un’estensione delle scadenze del rimborso dei prestiti.

Come dettagliato nel Memorandum, la Grecia si è impegnata a realizzare un importante processo di ristrutturazione e consolidamento delle finanze pubbliche finalizzato a ridurre il disavanzo (pari al 15,6% del Pil nel 2009) e il debito pubblico (pari al 129,7% del Pil nel 2009). Gli obiettivi erano due: raggiungere un avanzo primario dell’1,5% nel 2014, del 3,0% nel 2015 e del 4,5% nel 2016 e portare il rapporto debito/Pil pari al 124% entro il 2020. La Troika ha richiesto, e la Grecia si è impegnata a attuare, numerose misure dirette a ridurre la spesa pubblica; tra di esse le principali sono: la riforma del sistema pensionistico e del sistema di welfare; gli interventi sul sistema sanitario e farmaceutico; i tagli al pubblico impiego e ai salari dei dipendenti pubblici (come la riduzione del 20% dei lavoratori alle dipendenze del Governo centrale).

Inoltre, con l’obiettivo dichiarato di stimolare la crescita, l’accordo ha previsto importanti liberalizzazioni nel settore dei servizi, una maggiore apertura alla concorrenza nel mercato dei prodotti e interventi di riforma del mercato del lavoro quali: la flessibilizzazione e la decentralizzazione delle forme contrattuali, la riduzione del salario minimo a 565 euro al mese e il taglio di molte delle componenti del costo del lavoro (relative, ad esempio, ai versamenti contributivi). Ancora, sono stati previsti interventi di ricapitalizzazione e ristrutturazione delle banche per rafforzare il sistema finanziario del Paese, oltre che riforme del sistema fiscale finalizzate a migliorarne l’efficienza, ad ampliare la base imponibile a combattere in modo più efficace l’evasione fiscale. Infine, è stato definito un ampio programma di privatizzazioni di imprese pubbliche (ad esempio, nel settore energetico e in quello portuale) e del patrimonio immobiliare pubblico.

In base alle iniziali previsioni del Fondo monetario internazionale, l’economia greca sarebbe dovuta tornare a crescere a partire dal 2012, la disoccupazione avrebbe dovuto raggiungere un picco massimo del 14,8% nel 2012, il debito pubblico avrebbe dovuto toccare il massimo (143% del Pil) nel 2013 per poi ridursi. Infine, il Governo avrebbe potuto avere nuovamente accesso ai normali meccanismi di finanziamento disponibili sul mercato entro il 2013. Nessuna di queste previsioni si è avverata. Le ultime analisi della Commissione europea  hanno rilevato che la Grecia è tornata a crescere solo nel 2014 e ad un tasso dell’1,0%, che il tasso di disoccupazione nel 2014 ha raggiunto il 26,6% e che il debito pubblico in quello stesso anno era è il 176,3% del Pil.

In tale contesto si è inserita la vittoria politica del partito di Syriza guidato da Alexis Tsipras alle elezioni di fine gennaio. Tsipras e il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis chiedono di ridiscutere il programma di riforme e consolidamento definito nel Memorandum, proponendone un sostanziale alleggerimento. In particolare, il nuovo Governo greco chiede una sospensione del programma attuale e l’erogazione di un prestito ponte da parte delle istituzioni europee e del Fondo monetario per arrivare a negoziare, entro l’estate, un programma di assistenza totalmente nuovo. La trattativa con le istituzioni europee è appena iniziata e le stesse richieste da parte del Governo greco non sono ancora state dettagliate in modo definitivo. Ad esempio, dopo avere annunciato che non sarebbe stato completato il previsto processo di privatizzazione del porto del Pireo il Governo ha dichiarato di voler rispettare l’impegno preso. D’altro canto, i tempi stringono: a fine mese è prevista la scadenza dell’ottava fase di attuazione del programma e l’inizio della fase successiva, dalla cui attuazione dipendono i futuri stanziamenti.

Sembra, però, che i punti fondamentali nel programma di Varoufakis siano i seguenti: i) il Governo greco non vuole più riconoscere l’autorità della Troika e il suo duplice ruolo di controllore dello stato di attuazione del programma di riforme da parte della Grecia, da un lato, e di suo finanziatore, dall’altro; ii) Varoufakis intende rinegoziare alcune condizioni centrali del programma di assistenza finanziaria, chiedendo la riduzione dell’obiettivo di avanzo primario nel 2016 dal 4,5% al 2%; iii) ancora, egli propone interventi che vanno nella direzione opposta rispetto quella finora seguita, come la riassunzione di 15.000 funzionari pubblici che si ritiene siano stati ingiustamente licenziati, la reintroduzione della tredicesima per le pensioni più basse, l’innalzamento del salario minimo a 751 euro al mese.

Tra gli Stati europei è soprattutto la Germania ad opporsi alla rinegoziazione degli impegni presi, mentre timidi segnali di apertura sono arrivati dalla Francia e, più debolmente, dall’Italia. La questione da dirimere appare, come detto, prettamente politica dal momento che, da una parte, non sono previste interruzioni unilaterali dei programmi di assistenza, ma, dall’altra, per i paesi soggetti ad assistenza i normali meccanismi di sorveglianza economica previsti dai Trattati Europei sono temporaneamente sospesi. A questo punto, l’incontro dell’Eurogruppo del 16 febbraio potrebbe essere decisivo per chiarire se ci sarà spazio per reciproche concessioni e per una soluzione cooperativa della questione.

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