Internet@Italia 2013. La popolazione italiana e l’uso di Internet

Sebastiano Bagnara, Giacinto Matarazzo e Cosimo Dolente analizzano i risultati che emergono dalla recente ricerca “Internet@Italia 2013” condotta dall’Istat e dalla Fondazione Ugo Bordoni soffermandosi sulle divisioni che Internet determina nella popolazione italiana. In particolare, essi sottolineano come Internet scavi solchi profondi nel tessuto economico e sociale del paese e allarghi le distanze non solo tra generazioni e territori ma anche tra comparti della Pubblica Amministrazione. Questa segmentazione, sostengono gli autori, rende necessaria un’efficace strategia di policy.

La ricerca “Internet@Italia 2013”, svolta dall’ISTAT e dalla Fondazione Ugo Bordoni, offre un quadro articolato dell’uso e del non uso di Internet da parte degli italiani nel periodo 2005-2013. Utilizzando i microdati Istat dell’indagine annuale “Aspetti della vita quotidiana” (che coinvolge circa 18.000 famiglie per un totale di circa 50.000 individui) e, per i confronti internazionali, il database delle statistiche Eurostat, la ricerca ha prodotto risultati interessanti che meritano di essere presentati e commentati.

I dati complessivi. Rispetto a Internet, la popolazione si divide in tre classi principali (grafico 1): a) gli utenti “forti” , cioè le persone che si collegano a Internet tutti i giorni, che sono circa 19 milioni, il 33% degli italiani; b) i non utenti, che sono oltre 23 milioni, circa il 41% del totale; c) le persone che si rapportano a Internet in modo poco intenso, nel complesso circa il 27%, composto per il 17% da utenti “deboli” (si collegano a Internet almeno una volta a settimana) e per il restante 7% da utenti “sporadici” (si collegano a Internet meno di una volta a settimana) ed “ex utenti” (hanno usato per l’ultima volta Internet più di tre mesi fa).

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L’uso di Internet è correlato a numerose variabili socio-demografiche. In particolare:

      • si registra una forte differenziazione dei comportamenti rispetto all’età, che è il fattore che scava il solco più profondo fra utenti e non utenti (grafico 2): l’uso di Internet risulta assai elevato nelle classi di età 14-18 (85%) e 19-34 (78%), è più contenuto nella classe di età 35-54 (62%) e cade fino a quasi ad annullarsi per gli over 65 (39% nella classe di età 55-64 anni; 10% oltre i 65 anni);
      • la quota degli utenti di Internet cresce con il titolo di studio, che è il secondo fattore in termini di importanza (84% tra i laureati, 18% tra chi ha al massimo la licenza elementare);
      • i maschi, soprattutto fra gli utenti forti, presentano livelli di utilizzo superiori a quelli delle femmine (37,4% contro 29,0%).

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Tra il 2005 e il 2013 (grafico 3) la quota di utenti forti è, nel complesso, triplicata, passando dall’11,0% al 33,1%. In modo speculare, la quota di non utenti si è ridotta fortemente, passando dal 65% del 2005 al 40,7% del 2013. Dai confronti internazionali (grafico 4), infine, emerge che l’Italia, nel periodo considerato (2006-2013), da un lato ha ridotto il gap con i Paesi a maggiore diffusione di Internet (che resta comunque assai significativo), dall’altro ha peggiorato il gap con gli altri Paesi, in un caso invertendo il segno.

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Alcuni spunti di riflessione. I dati precedenti offrono spunti significativi per l’analisi degli esclusi dalla Rete, che andrebbe comunque approfondita.

  • Lo status di “non utente” viene a delinearsi, innanzitutto, come un indicatore di esclusione sociale e culturale, dal momento che i non utenti risultano caratterizzati da un minor grado di partecipazione alle attività culturali e politiche, un minore interesse per la politica, una minore partecipazione sociale complessiva. Ecco alcuni esempi:
    • il 24,3% dei non utenti ha letto almeno un libro nei 12 mesi precedenti la rilevazione, contro il 58,4% degli utenti forti;
    • il 6,0% dei non utenti è andato al cinema almeno 4 volte nei 12 mesi precedenti la rilevazione, contro il 31,8% degli utenti forti;
    • il 9,6% dei non utenti ha visitato almeno una volta un museo nei 12 mesi precedenti la rilevazione, contro il 39,1% degli utenti forti.
  • I dati sembrano mostrare che l’uso di Internet non si acquisisce per nascita (i “nativi digitali” non esistono!), ma viene appreso, principalmente attraverso la scuola, intesa sia come istituzione dove si trasmettono di conoscenze, anche attraverso tecnologie didattiche multimediali, sia come luogo di socializzazione che produce una comunità di apprendimento. L’ingresso nel circuito educativo aumenta drasticamente la probabilità di usare la Rete rispetto a chi sta fuori. Riportare i drop out in un ambiente scolastico è la prima azione per diffondere la cultura della rete fra i circa 480.000 ragazzi della classe di età 11-18 anni (il 10% del totale) che al momento risultano esclusi dalla Rete.
  • Fra le persone in cerca di occupazione, il 35% è utente forte di Internet (aggiungendo gli utenti deboli si raggiunge il 60%); il 30%, risulta invece non utente di Internet e la percentuale sale al 40% aggiungendo gli utenti sporadici e gli ex utenti. Insomma, quasi il 40% delle persone in cerca di occupazione non ha alcuna conoscenza diretta di Internet, mentre sono proprio le professioni che implicano conoscenze legate alla Rete, e più in generale alle tecnologie informatiche, quelle in cui sembrerebbe più facile ottenere un impiego. Estremizzando, potremmo dire che queste persone non sono solo inoccupate o disoccupate, ma “non occupabili”: di qui la necessità di azioni concrete volte all’alfabetizzazione e all’uso della rete intese come potenziamento delle proprie competenze professionali.
  • Fra gli occupati, soltanto il 49% è un utente forte di Internet (aggiungendo gli utenti deboli la quota raggiunge il 70%); specularmente, quasi il 20% degli occupati non ha mai usato Internet e, se si aggiunge anche la quota degli ex utenti e degli utenti sporadici, si arriva a quasi il 30%. Insomma, almeno un terzo degli occupati non si rapporta con la rete nello svolgimento del suo lavoro. A partire dalla crisi economica iniziata nel 2008 fino ad oggi, il sistema produttivo e occupazionale italiano ha tenuto meglio proprio nei settori in cui l’uso di tecnologie, in particolare di quelle informatiche e di telecomunicazioni, è risultato più intenso.
  • Per quanto riguarda le differenze territoriali, si nota un progressivo allontanamento fra le regioni del Centro Nord e quelle del Sud (grafico 5): gran parte delle regioni meridionali (Sicilia, Campania, Calabria, Puglia, Molise e Basilicata), che hanno i tassi più bassi di uso di Internet nel 2005, sono anche quelle che crescono di meno tra il 2005 e il 2013, aumentando il gap con le regioni più avanzate del Centro Nord. D’altro canto va osservato che sono proprio le regioni in cui prevalgono i non utenti (Campania, Calabria e Sicilia) ad avere meno (o se le hanno ne hanno pochissime) start up innovative (dati MISE). Questa correlazione induce a pensare che l’uso di internet contribuisce a creare un ambiente favorevole all’innovazione e che produce, nel tempo, una progressiva divergenza territoriale acuendo le già notevoli distanze fra i territori.

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  • Per quanto riguarda il ruolo della Pubblica Amministrazione, in termini assoluti, il numero di cittadini che entrano in relazione con la PA tramite Internet è rimasto pressoché stabile: erano 9,2 milioni nel 2008 mentre sono 9,5 milioni nel 2013. In termini relativi, invece, rispetto al 2008 la quota si è ridotta di molto (dal 44,3% al 33,1% del 2013), e tra gli utenti forti ancora di più (dal 56,2% al 40%). Alla crescente diffusione di Internet tra la popolazione non sembra essere corrisposta un’analoga diffusione dei servizi online della PA. In più va osservato che la nostra PA produce una grande quantità di ex-utenti (circa il 20%): sembrerebbe che i siti della PA (e i relativi servizi erogati) siano progettati e realizzati male al punto che, una volta sperimentato il servizio, cittadini e imprese tendono a non utilizzarli più, scoraggiando soprattutto quelle categorie di utenti potenziali della Rete (anziani e persone poco scolarizzate).

Conclusioni. Al 2013, Internet riguarda una parte ancora esigua della popolazione italiana, almeno in confronto con i principali paesi europei. I risultati complessivi consentono di avanzare qualche ipotesi sullo stallo della società italiana sia in campo economico che socio-culturale. In particolare, quello che emerge è che Internet, come tutte le tecnologie innovative, scava solchi profondi fra le generazioni, fra i territori, nel tessuto economico e sociale del paese, fra i diversi comparti della Pubblica Amministrazione. Sembra che il deficit più significativo da fronteggiare sia proprio quello legato all’incapacità di “creare dei ponti” fra i diversi segmenti del paese, che Internet allontana ulteriormente fra loro: ce la faranno le recenti strategie promosse dal governo (“Strategia per la crescita digitale 2014-2020” e “Strategia italiana per la banda ultralarga”) a colmare questi gap così significativi? A nostro avviso, un’analisi profonda dei diversi segmenti della società italiana costituisce un esercizio indispensabile per identificare le policy più idonee in questa direzione.

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