I confini della classe media e la sua evoluzione

Chiara Assunta Ricci illustra le difficoltà che pone la definizione della “classe media” e ricorda che gli economisti tendono a basarsi esclusivamente sul reddito. Dopo aver sottolineato che anche questa ristretta accezione non risolve tutti i problemi, Ricci elenca le prevalenti modalità di definizione e misurazione in base al reddito e presenta alcuni dati che provano come, sulla base delle più convincenti definizioni, la classe media abbia sperimentato, negli anni recenti, un peggioramento delle proprie condizioni economiche

Nella letteratura sociologica è ampiamente condivisa l’idea che l’analisi delle classi sociali debba tenere conto di molteplici dimensioni: dal reddito alla ricchezza, dai rapporti di produzione agli stili di vita, dal livello di istruzione alla professione. Malgrado ciò la gran parte degli economisti oggi identifica le classi sociali esclusivamente sulla base di caratteristiche quantitativamente misurabili; più specificamente, distanziandosi anche dagli economisti classici che avevano al riguardo una concezione più complessa, essi definiscono le classi sociali esclusivamente sulla base dello strato della distribuzione del reddito o del consumo a cui gli individui appartengono.

Di recente, un’attenzione crescente è stata posta sulla “classe media”, la cui prosperità è ritenuta una condizione essenziale per la democrazia, la stabilità sociale e la crescita economica nei paesi occidentali. Tuttavia, a partire dagli anni Duemila, sia in Europa sia negli Stati Uniti si è registrata una crescente percezione di “svuotamento” della classe media e numerosi economisti si sono posti l’obiettivo di valutare se le crescenti difficoltà di coloro che si dichiarano ceto medio nelle inchieste giornalistiche o sociologiche abbiano un qualche riscontro empirico.

Per valutare come evolve nel tempo la quota di popolazione appartenente alla classe media, e il suo benessere, occorre innanzitutto disporre di un criterio per identificare chi appartiene a tale classe. Gli approcci più tradizionali valutano l’ampiezza della classe media fissando un intervallo intermedio nella distribuzione del reddito familiare costruito a partire dalla media o dalla mediana e osservandone la dinamica nel tempo. Non c’è, però, accordo sull’ampiezza dell’intervallo da prendere in considerazione.

Thurow, già molti anni fa (in New York Times, 5 febbraio 1984), propose di identificare la classe media con le famiglie che hanno un reddito compreso tra il 75 e il 125% della mediana nazionale; Blackburn e Bloom (in American Demographics, 1985) considerano più appropriato l’intervallo compreso il 60 e il 225% della mediana mentre ad altri autori suggeriscono di fissare i confini della classe media tra il 50 e il 150% del reddito medio.

Identificare le classi sulla base degli strati della distribuzione del reddito permette di confrontare la dimensione di ogni gruppo e misurare la quota del reddito di cui ognuno di essi si appropria nel corso del tempo. Tuttavia, la fissazione delle soglie dipende da scelte arbitrarie difficili da giustificare dal punto di vista teorico.

Un approccio collegato a questo, identifica la classe media con gli appartenenti ad alcuni percentili della distribuzione dei redditi, ad esempio ai tre quintili centrali, e guarda alla quota di reddito nazionale di cui si appropriano. Tale approccio presenta, però, il forte limite di basarsi su una quota di popolazione appartenente alla classe media che, per definizione, è costante nel tempo (se, ad esempio, si prendono i 3 quintili centrali la classe media includerebbe sempre il 60% della popolazione).

Altre definizioni, utilizzate soprattutto per i paesi in via di sviluppo, si basano su intervalli di reddito o di spesa definiti in termini assoluti; tuttavia anche in questo caso sono state proposte soglie molto eterogenee.

Questa molteplicità di definizioni – a cui spesso ci si richiama nell’esame del fenomeno – rende possibili numerose e diverse risposte alla questione di cui più si dibatte e cioè l’evoluzione nel tempo della classe media. Nella Tabella 1 si mostrano gli esiti ai quali conducono, per il nostro paese, alcuni degli indici appena elencati. Il periodo di riferimento va dal 1995 al 2012

In generale, si osserva una sostanziale stabilità della quota di reddito di cui si appropriano gli individui nei quintili centrali, mentre si hanno risultati controversi considerando le definizioni di classe media basate sulla mediana. Le maggiori incertezze sorgono osservando le ultime quattro waves dell’indagine e ciò rende difficile pronunciarsi sugli effetti che la crisi può avere avuto sulla classe media.

ricci

Risultati più omogenei si ottengono invece utilizzando un criterio diverso di identificazione della classe media che può essere desunto dalla letteratura sulla polarizzazione. Obiettivo di quest’ultima è misurare le distanze che separano tra loro quanti si trovano nella parte alta e quanti si trovano nella parte bassa della distribuzione per stimarne l’omogeneità all’interno dei due gruppi e la loro differenziazione dagli altri gruppi. In tal modo diventa possibile individuare l’eventuale assottigliamento della classe media.

In letteratura esistono diverse formulazioni degli indici di polarizzazione. Si possono ricordare quella proposta da Foster e Wolfson, incentrata sull’idea che esistano solo due gruppi di reddito e quella sviluppata all’interno dell’identity-alienaton framework soprattutto da Esteban e Ray. Queste ultime formulazioni, analizzando la funzione di densità della distribuzione del reddito, definiscono la polarizzazione in base all’interazione tra l’identificazione e l’alienazione ossia tra il senso di similarità o diversità che ogni individuo sente nei confronti di chi ha un livello di reddito prossimo o lontano al suo (per un maggiore approfondimento si rimanda a Ricci, Essays on the middle class, Tesi di dottorato, Dipartimento di Economia e Diritto, Sapienza).

Con l’eccezione del 1998, anno in cui l’indice proposto da Foster e Wolfson mostra un modesto calo rispetto all’indagine precedente mentre gli altri aumentano, tutti gli indici di polarizzazione presentano la stessa tendenza nell’intero periodo osservato. La polarizzazione dei redditi risulta infatti in lieve calo fra il 1998 e il 2006 e in lieve crescita fra il 2006 e il 2012, ovvero negli anni della crisi. Per meglio determinare i cambiamenti che si sono verificati nella classe media è allora interessante confrontare le distribuzioni di reddito prima e dopo l’inizio della recessione.

A questo scopo è utile applicare il relative distribution approach proposto da Handcock e Morris (in Sociological Methodology, 1999) che supera i limiti degli approcci tradizionali cercando di stabilire se la posizione occupata in un anno di riferimento nella scala dei redditi (cioè il percentile nel quale ci si colloca) sia rimasta invariata o sia cambiata nel tempo.

Utilizzando questo tipo di analisi è possibile stabilire sia se la classe media si è impoverita considerando le variazioni dei valori degli indici di posizione sia se essa si è contratta al netto degli effetti imputabili allo spostamento della mediana e per effetto della tendenza della distribuzione a concentrarsi sempre più verso i due poli estremi.

Applicando questo metodo all’Italia con riferimento al 2006 e al 2012 emerge che coloro che possono definirsi classe media nel 2012 hanno valori di reddito analoghi a quelli che nel 2006 venivano percepiti da chi si collocava nella parte bassa della distribuzione. Dunque, siamo in presenza di una forte riduzione dei redditi della classe media tra i due anni. Inoltre, se si annullando l’influenza dell’abbassamento del reddito mediano, dovuto alla crisi, emerge chiaramente un’ampia contrazione della classe media; infatti, la distanza tra le famiglie con redditi alti e redditi bassi tende ad allargarsi.

Queste tecniche, sviluppate per esaminare la polarizzazione, permettono, quindi, di utilizzare le informazioni contenute nella distribuzione del reddito per stabilire se il peso della classe media è aumentato o diminuito nel corso del tempo. Per questo motivo esse consentono di progredire rispetto agli approcci tradizionali, basati su intervalli di reddito o percentili, che conducono a risultati piuttosto arbitrari. La loro applicazione rivela una tendenza piuttosto generalizzata all’assottigliamento della classe media e la sfida che occorre raccogliere è quella di spiegare le cause di queste tendenze.

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