Destini che si uniscono? La convergenza economica tra i paesi dell’euro zona

Alessandra Cataldi ricorda che condizione necessaria al buon funzionamento di un' unione monetaria è l'integrazione tra le economie nazionali e che negli anni '50, quando si iniziò a parlare di unione monetaria europea, vi erano posizioni discordanti in merito alla effettiva possibilità di realizzare l'integrazione economica. Ricostruendo le azioni, anche quelle più recenti, intraprese in Europa per realizzare tale convergenza, Cataldi sottolinea che ancora molto resta da fare per completare l'unione monetaria.

Secondo la teoria economica, un’unione monetaria tra Paesi diversi può funzionare correttamente solo se si verificano alcuni presupposti fondamentali: in primis, un’elevata mobilità del capitale e della forza lavoro oltre i confini nazionali che permetta all’unione monetaria di reagire a shock locali, assorbendoli. Inoltre, è necessario un buon grado di apertura delle economie nazionali e dei rispettivi mercati dei prodotti e dei servizi, in modo che attraverso il commercio si possa favorire la convergenza dei prezzi. In sostanza, condizione per il buon funzionamento di un’unione monetaria tra Paesi diversi è la loro integrazione economica. Eventuali squilibri settoriali o nazionali dovrebbero essere riequilibrati da meccanismi di compensazione monetaria costruiti in modo tale da evitare comportamenti opportunistici da parte dei Paesi.

Negli anni ’50 del secolo scorso, quando in Europa si iniziò a parlare della creazione di un’unione monetaria, il dibattito fu molto animato. Alcuni economisti, tra cui, James Meade, ritenevano che non vi fossero le condizioni per un’unione monetaria europea di successo. L’idea era che l’Europa fosse costituita da economie nazionali diverse e poco integrate, per cui la loro unione forzosa sotto una stessa moneta non avrebbe portato a nulla di buono. Tuttavia, prevalse la visione opposta, sostenuta da vari economisti tra cui Tibor Scitovsky, secondo cui le condizioni di buon funzionamento di un’ unione monetaria europea, sebbene mancanti al momento della sua creazione, potessero essere realizzate nel tempo, un po’ alla volta. Anzi, la convergenza economica sarebbe stata stimolata dalla moneta unica stessa.

E’ trascorso più di mezzo secolo dalle riflessioni di Meade e Scitovsky e la moneta unica europea è ora una realtà. Tuttavia, l’integrazione delle varie economie nazionali è tutt’altro che completa. Fino allo scoppio della crisi economica, la convergenza tra le economie europee era guidata soprattutto dal Patto di stabilità e crescita, che stabilisce precisi obblighi in termini di equilibrio delle finanze pubbliche, andamento del debito pubblico e del deficit. Nel 2010, tuttavia, le istituzioni europee hanno deciso di rafforzare il percorso di convergenza dei Paesi europei istituendo il Semestre europeo, vale a dire un processo di indirizzo e monitoraggio delle economie nazionali finalizzato a promuoverne l’armonizzazione.

Come funziona il processo di convergenza economica europeo? Il Semestre europeo ha una cadenza annuale, si articola in base ad una tempistica ben definita e comune a tutti i Paesi europei e copre i primi sei mesi di ogni anno. Esso coinvolge tutti i Paesi dell’Unione europea, anche se i Paesi dell’euro zona sono sottoposti a regole e procedure più stringenti. Il Semestre europeo, in realtà, ha formalmente inizio a fine novembre, con la pubblicazione da parte della Commissione europea di due documenti: l’Annual Growth Survey, che identifica gli obiettivi prioritari dell’Unione europea per l’anno a venire e l’Alert Mechanism Report, che contiene un’analisi dello stato di salute delle economie dei Paesi europei. L’attività di indirizzo e sorveglianza sugli Stati è svolta dalla Commissione europea, che ha un ruolo centrale in tutto il processo. Essa analizza gli andamenti delle economie nazionali alla luce degli obiettivi contenuti nell’Annual Growth Survey, valuta l’esistenza di eventuali problemi economici e approfondisce l’analisi delle economie considerate più vulnerabili attraverso studi specifici e incontri bilaterali. Inoltre, la Commissione valuta l’adeguatezza dei programmi nazionali di riforma predisposti dai Governi nazionali. Sulla base delle informazioni raccolte con l’attività di monitoraggio, a giugno di ogni anno la Commissione pubblica delle raccomandazioni specifiche per ogni Paese (poi approvate dal Consiglio europeo), attraverso le quali segnala le riforme prioritarie che ciascuno Stato deve attuare nei mesi immediatamente seguenti. Nel 2015 , ad esempio, la Commissione ha raccomandato a molti Stati di liberalizzare il mercato dei servizi, di rendere più flessibile il mercato del lavoro e di garantire la disciplina di bilancio. Anche se il Semestre europeo si chiude ufficialmente a giugno, l’attività di sorveglianza della Commissione continua nei mesi successivi: infatti, a fine anno, essa esamina il documento programmatico di bilancio predisposto dai Paesi dell’euro zona e, se ritenuto necessario, può chiederne delle modifiche .

Al Semestre europeo è strettamente legata la procedura di monitoraggio sugli squilibri macroeconomici (Macroeconomic Imbalance Procedure), attraverso la quale, in base ad una serie di indicatori e alle analisi contenute nel documento Alert Mechanism Report, la Commissione classifica i Paesi europei a seconda dell’entità degli squilibri macroeconomici esistenti. Gli indicatori di riferimento sintetizzano l’andamento di diverse grandezze macroeconomiche, quali il costo del lavoro, il tasso di disoccupazione, le importazioni e le esportazioni. Indicatori riferiti alle condizioni sociali dei Paesi, come, ad esempio, il tasso di povertà, il tasso di deprivazione materiale o il grado di inclusione sociale sono utilizzati per arricchire l’analisi-Paese, ma hanno un ruolo solamente secondario.

La procedura si articola in due fasi. La fase preventiva riguarda tutti i Paesi europei e prevede che i Paesi “a rischio” siano monitorati e sollecitati ad adottare le misure necessarie a correggere gli squilibri. A tal fine, le raccomandazioni pubblicate dalla Commissione a giugno nell’ambito del Semestre europeo possono acquistare rilevanza ai fini della procedura per squilibri macroeconomici. La fase correttiva riguarda solamente i Paesi dell’euro zona e può essere attivata qualora le raccomandazioni della Commissione non siano attuate e la correzione degli squilibri non avvenga. In tal caso, ai Paesi interessati è richiesta l’adozione di un ampio piano di riforme. In caso di inazione, possono essere comminate delle sanzioni pecuniarie. La decisione di attivare la fase correttiva è presa dalla Commissione europea e può essere contrastata solamente se gli Stati europei (all’interno del Consiglio europeo) formano una maggioranza qualificata contraria.

Può essere utile sapere che, nel 2015, l’Italia è tra i Paesi ritenuti a maggior rischio di squilibri macroeconomici (insieme a Francia, Bulgaria, Croazia e Portogallo). Invece, tra i Paesi che presentano squilibri di minore gravità troviamo la Germania, i Paesi Bassi, la Finlandia.

Quali sviluppi per il futuro? A fine giugno è stato pubblicato il rapporto dei cinque Presidenti “Completing Europe’s Economic and Monetary Union”, scritto a più mani dal Presidente della Commissione europea Jean-Claude Junker, dal Presidente dell’Euro Summit Donald Tusk, dal Presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, dal Presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi e dal Presidente del Parlamento europeo Martin Schulz. Malgrado la sua rilevanza, la pubblicazione ha ricevuto un’attenzione limitata, probabilmente perché oscurata dalle recenti vicende greche. Tuttavia, il documento merita attenzione. Esso, infatti, delinea i prossimi passi da compiere per completare il processo di convergenza economica tra i Paesi dell’unione monetaria. In particolare, il rapporto propone la creazione di Autorità indipendenti aventi il compito di vigilare sull’andamento dei mercati del lavoro e sulle dinamiche salariali nazionali; la creazione di un meccanismo di compensazione monetaria tra Paesi (non meglio specificato, in realtà); la costituzione di una sorta di Tesoro dell’euro zona, in cui accentrare le principali decisioni comuni in materia fiscale. Tali cambiamenti dovrebbero andare di pari passo con un processo di integrazione politica. A questo scopo, viene previsto un maggior coinvolgimento del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali nelle decisioni della Commissione europea attraverso la realizzazione di dibattiti parlamentari in corrispondenza dei momenti più rilevanti del Semestre europeo (ad esempio in occasione della pubblicazione delle raccomandazioni di giugno). Infine, il rapporto propone di identificare degli obiettivi europei comuni in materia di mercato del lavoro, competitività e politiche fiscali. Tali obiettivi dovrebbero, in futuro, acquistare valore legale in modo che gli Stati siano maggiormente vincolati al loro raggiungimento. Il rapporto, invece, non fa nessun accenno alla creazione di un debito pubblico comune dell’euro zona. In passato tale possibilità era stata avanzata da più parti (anche da alcuni degli autori stessi), ma era stata contrastata da alcuni Paesi, tra cui la Germania.

Certamente, proseguire il processo di convergenza economica necessario a completare l’Unione monetaria implica una progressiva rinuncia alla sovranità nazionale, a vantaggio di una maggiore condivisione dei poteri a livello sovranazionale. La sfida, quindi, è anche politica, come i recenti avvenimenti in Grecia hanno dimostrato e deve essere accettata se si vuole portare avanti il progetto di moneta unica europea. Il rapporto dei cinque Presidenti stabilisce alcuni obiettivi da raggiungere entro il 2025, ma con tutta probabilità la piena integrazione europea avrà bisogno di molto più tempo per essere completata. Del resto, gli USA hanno impiegato molti decenni per divenire effettivamente un’unione monetaria. Se si crede nell’unione monetaria europea, quindi, si deve essere pronti a compiere gli ulteriori passi necessari al suo perfezionamento, nella consapevolezza che questo potrebbe realizzarsi anche su un orizzonte temporale lontano. Dobbiamo, quindi, ancora attendere per sapere chi avrà avuto ragione, se Scitovsky o Meade.

* Le opinioni espresse sono personali e non coinvolgono le istituzioni di appartenenza.

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