Crisi e salute nell’Europa meridionale: il morbo dell’austerità

Stefania Gabriele esamina le principali conseguenze dei tagli alla spesa sanitaria in alcuni paesi dell’Europa Meridionale e dei conseguenti cambiamenti nel disegno del sistema di Welfare. In particolare, Gabriele sottolinea che in Grecia restano esclusi dai servizi sanitari i disoccupati di lunga durata e in Spagna vengono penalizzati gli immigrati e i giovani di più di 26 anni. Inoltre sono particolarmente preoccupanti i segnali di una riduzione della speranza di vita in buona salute in Italia e Grecia e l’aumento, in quest’ultimo paese, dei suicidi

Gli effetti della “Grande Recessione” sulle condizioni di salute dei quattro Paesi dell’Europa meridionale (Grecia, Italia, Spagna e Portogallo) non si sono ancora completamente manifestate, ma è già chiaro che sono rilevanti.

In una situazione di crisi, affrontata con politiche di “austerità”, i problemi in campo sanitario sorgono dall’incontro tra un’offerta di servizi (sanitari, ma anche sociali) soggetta a tagli e una domanda che probabilmente tende a crescere, nonché dalla coincidenza dell’inasprimento delle condizioni economiche delle famiglie con l’aumento delle compartecipazioni alla spesa a loro carico (ad esempio, mediante ticket sanitari). Per di più le manovre di bilancio, che impattano su un sistema economico già in crisi, hanno un ulteriore effetto recessivo.

Nei paesi dell’Europa Meridionale il settore sanitario è stato fortemente colpito dai tagli. La spesa sanitaria pubblica pro-capite (tabella 1), in parità di potere d’acquisto, tra il 2009 e il 2012 si è ridotta di più di 450 dollari in Grecia, 150 in Spagna e 100 in Portogallo; in Italia è rimasta sostanzialmente stabile. Altri Paesi industrializzati, come Francia, Germania e Stati Uniti, hanno invece accresciuto significativamente gli esborsi; il Regno Unito li ha lievemente ridimensionati.

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Nell’ambito delle manovre di correzione della spesa sanitaria, indubbiamente è stato effettuato uno sforzo per aumentare il rapporto costo-efficacia della spesa, migliorando l’appropriatezza e sacrificando i redditi degli operatori del settore (attraverso revisione e centralizzazione delle procedure di acquisto, imposizione di budget di spesa e rideterminazione dei contratti con i privati, sistemi di rimborso da parte degli erogatori della spesa in eccesso, promozione dei farmaci generici, tagli alle remunerazioni del personale); al contempo una parte della spesa è stata messa a carico dei cittadini (aumenti delle compartecipazioni) e si sono decise forme di razionamento (tagli di posti letto, riduzione del personale, limitazioni di spesa) e di restringimento del perimetro della sanità pubblica sia modificando il pacchetto di servizi/prestazioni offerte sia indebolendo il principio di universalità, attraverso l’esclusione dall’accesso ai servizi sanitari di alcune fasce di popolazione o la subordinazione della copertura assicurativa alla condizione occupazionale. Molti osservatori hanno posto in dubbio la capacità di coniugare la fretta con l’efficacia, malgrado alcune riforme fossero ritenute necessarie.

Nei quattro paesi in esame la speranza di vita è elevata (soprattutto in Italia e Spagna), superiore alla media UE28, e in tendenziale aumento. Tuttavia secondo i più recenti dati resi disponibili da Eurostat e riferiti al 2012, la speranza di vita si è stabilizzata o ridotta lievemente, e anche la speranza di vita in buona salute è calata in Italia e in Grecia. E’ troppo presto per valutare se si tratti di un’inversione di tendenza, ma di certo non si tratta di un’evidenza rassicurante.

In Grecia sono emersi seri problemi di diritto alla fruizione dei servizi, probabilmente legati al razionamento, e, più di recente, all’insufficienza del reddito per fare fronte alle compartecipazioni. Gli ospedali hanno risentito delle carenze di personale e di forniture mediche, mentre i ricoveri sono aumentati di circa un quarto già nel 2010 in seguito anche alla diminuzione di quelli effettuati presso le strutture private. Vi è anche carenza di medicinali, legata ai prezzi bassi, e dunque, ai bassi profitti delle imprese farmaceutiche, ai ritardi nei rimborsi alle farmacie, al mercato parallelo. In molti casi i pazienti hanno dovuto anticipare il pagamento e poi attendere il rimborso dalle assicurazioni. Sono stati eliminati molti servizi per gli immigrati, mentre i greci hanno cominciato a frequentare le street clinics gestite dalle ONG. Al ridimensionamento dei programmi di prevenzione ha fatto seguito un drastico aumento delle infezioni da HIV e l’insorgere di focolai di malaria e altre patologie.

La percentuale di individui appartenenti al quintile di reddito più basso che hanno dichiarato di aver rinunciato a visite mediche perché troppo costose, secondo i dati Eurostat, è aumentata in Grecia e in Italia, arrivando al 13/14% nel 2013. Nel nostro Paese, d’altronde, le compartecipazioni sulla farmaceutica sono più che raddoppiate rispetto al 2008 e quelle sulla specialistica sono cresciute del 13% nel 2012, con l’introduzione del superticket di 10 euro. I segnali di un accresciuto razionamento sono evidenti soprattutto nei servizi di pronto soccorso, con pazienti che restano a lungo – in piedi o in barella – in attesa di ottenere un letto nel reparto. E in Italia al ridimensionamento dei servizi ospedalieri, con un drastico taglio dei posti letto (già pari al 3,8 per mille nel 2007, contro il 5,6 della media UE28, in base ai dati Eurostat), non ha corrisposto sinora un significativo incremento dell’assistenza territoriale. Difficoltà sorgono anche a seguito del blocco del turn-over nelle Regioni soggette a piani di rientro (tanto che si è deciso di alleggerirlo).

Anche in Portogallo sono stati impostati interventi di razionalizzazione della rete ospedaliera, con tagli dei posti letto e dei dipartimenti. E’ difficile comprendere se vi sia stato un rafforzamento dei servizi territoriali, perché sono stati chiusi alcuni centri di cura primaria, ma sono aumentate le nuove “unità di salute familiare” e sembrerebbe essere diminuita la percentuale di coloro che non hanno medico di famiglia; queste persone fanno capo ai servizi di emergenza, su cui le compartecipazioni sono diventate molto alte, ma un ampio sistema di esenzioni means-tested ha posto al riparo gran parte della popolazione. Sembra, tuttavia, che l’incidenza di spese out-of-pocket “catastrofiche” (ovvero spese dirette per la salute tali da ridurre in povertà chi debba sostenerle) sia aumentata dall’introduzione dei nuovi ticket, mentre precedentemente era in calo.

In Spagna, malgrado i ritardi nei pagamenti alle imprese farmaceutiche e alle farmacie e le minacce di non fornire più i prodotti, non si sono verificate carenze di farmaci. Tuttavia l’acquisto di medicinali si è ridotto in misura consistente (-10% in volume nei tre mesi dopo l’introduzione del nuovo ticket), soprattutto per malattie croniche. In Catalogna si è ridotta l’offerta di servizi e si sono allungate le liste di attesa anche nella chirurgia, ma al momento non sembrano esservi state conseguenze significative sulla qualità delle cure.

In Grecia, una grave conseguenza dell’attenuazione della universalità delle prestazioni e dell’insufficiente espansione dell’assicurazione gratuita soggetta a means-testing è stato l’aumento dei disoccupati di lunga durata senza copertura sanitaria; mentre in Spagna la scelta di collegare la copertura sanitaria all’occupazione ha determinato la sostanziale esclusione dalle prestazioni degli immigrati non regolari e dei giovani sopra 26 anni, anche se la resistenza delle Regioni – che pure hanno imposto proprie misure di austerità – sembra avere limitato l’estensione del fenomeno.

Lo stress sociale nei paesi sotto osservazione è molto elevato. Le politiche di austerità hanno impedito di intervenire prontamente e decisamente per alleviare le situazioni di esclusione e deprivazione, soprattutto in Grecia. La tabella 2 mostra l’andamento tra il 2007 e il 2013 della disoccupazione, anche giovanile, del reddito disponibile pro-capite, della percentuale di famiglie in condizioni di deprivazione materiale. Vi è stata anche una riduzione del tasso di fertilità, dopo il picco raggiunto tra il 2008 e il 2010 (mentre in Portogallo si è intensificato il trend decrescente). Il Portogallo sembra essere il Paese meno provato, ma già all’inizio del periodo aveva redditi bassi e deprivazione materiale elevata; la Grecia è quello più disastrato, anche se il reddito medio disponibile resta più alto che in Portogallo.

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In Grecia tra i bambini si rilevano problemi di denutrizione e condizioni di vita malsane, casi di svenimenti a scuola, ritorno del lavoro minorile. Molti hanno rinunciato al riscaldamento, non potendo affrontare il costo del gasolio, accresciuto dalle tasse. Inoltre, sono fortemente aumentati i suicidi, gli omicidi, i furti e le persone senza dimora. In Portogallo nel 2012 si è verificato un aumento del 10% dei decessi invernali, che alcuni hanno attribuito all’influenza e alla stagione particolarmente rigida, altri all’impossibilità di riscaldare le abitazioni, soprattutto per gli anziani soli, alla dieta povera e alle difficoltà di accesso ai servizi sanitari. Il peggioramento della salute mentale ha colpito tutti i paesi dell’Europa mediterranea. Per l’Italia De Vogli et al. hanno stimato 290 suicidi e tentativi di suicidio in eccesso per ragioni economiche, attribuibili alla recessione. Contemporaneamente, come atteso, è diminuita la mortalità per incidenti automobilistici in diversi paesi e si sono ridotti gli infortuni sul lavoro (tranne quelli gravi).

L’esperienza dei paesi in transizione dal cosiddetto “socialismo reale” all’economia di mercato ha mostrato che l’impatto più grave delle crisi, con aumento della mortalità, si realizza quando si intensifica il rischio sociale e viene messo in discussione l’assetto istituzionale, con tensioni non risolte rapidamente. Da questo punto di vista, nell’Europa Meridionale il “rischio istituzionale” può discendere sia dal peggioramento delle relazioni tra livelli di governo dovuto all’irrigidimento del vincolo di bilancio, sia dal fatto che il carattere emergenziale e urgente dei provvedimenti, adottati in Grecia e Portogallo sotto la scure della “Troika” e in Italia e Spagna sotto la pressione della speculazione internazionale, ha portato ad adottare procedure non ordinarie, con largo uso dello strumento del decreto legge e limitazione delle forme di controllo democratico sulle scelte di bilancio. Secondo Stuckler e Basu (The Body Economic, Why Austherity Kills, Basic Books, 2013), il vero pericolo per la salute pubblica non è la recessione, ma l’austerità, perché anche in una fase di crisi se i sistemi di sicurezza sociale funzionano lo stato di salute può migliorare. Questa condivisibile conclusione viene ulteriormente rafforzata in considerazione dei rischi legati allo stress istituzionale, che può aggravare quello sociale.

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