Cosimo de’ Medici come lo Sceicco Khalifa di Abu Dabi? I tratti comuni ai super-ricchi di tutti i tempi

Marilena Giannetti attingendo al libro “The Rich. From slaves to super yachts. A 2000-year history” di John Kampfner racconta le vicende di alcuni dei ricchi più ricchi della storia da Marco Licinio Crasso a Cosimo de’ Medici, dai “robber barons” agli sceicchi degli emirati arabi. Valorizzando il contributo forse più interessante di Kampfner, Giannetti mette in luce alcuni elementi comuni a questi super-ricchi vissuti in epoche tanto lontane tra loro e in particolare il ruolo dell’intreccio tra ricchezza, potere e politica.

Se qualcuno, per caso, credesse che i super-ricchi sono un fenomeno recente, un frutto del sistema capitalistico, dovrebbe leggere il libro di John Kampfner, “The Rich. From slaves to super yachts. A 2000-year history” per convincersi del contrario. Ma l’aspetto più interessante del libro  non è questo, bensì la dimostrazione che i super-ricchi di tutti i tempi hanno diversi tratti in comune.  Vedremo quali siano questi tratti alla fine, dopo avere sommariamente ricordato le risposte che Kampfner dà a diverse domande cruciali: perché alcune persone diventano così ricche? Sono particolarmente fortunate o particolarmente dotate? Come hanno accumulato tali ricchezze? Attraverso vie legalmente corrette e con metodi moralmente ed eticamente accettabili? Cosa rende uguali e cosa diversi i super ricchi di ieri o l’altro ieri, da quelli di oggi?

Partendo dal I secolo a.C., Kampfner si sofferma su Marco Licinio Crasso, console dell’impero romano e ricorda che egli ha accumulato gran parte delle sue ricchezze ristrutturando o ricostruendo immobili devastati da “improvvisi e inspiegabili” incendi. La differenza tra il prezzo irrisorio al quale acquistava quegli immobili e il prezzo enormemente più elevato al quale li rivendeva o li affittava permise a Crasso di lucrare profitti altissimi. Inoltre, le abitazioni ristrutturate gli servirono anche per  conquistarsi le simpatie, e i favori,  della classe politica.

In cerca di analogie con il passato più recente, Kampfner  trova che  Marco Licinio Crasso possa essere accostato al grande immobiliarista Peter Rachman che nella Londra degli anni ’50 e ’60, facendo uso di metodi poco ortodossi, convinceva i proprietari delle abitazioni a cui era interessato  a vendergliele a prezzi “convenienti”. Guardando alle cose di casa nostra vengono in mente, per similitudine, le gesta della “combriccola” o “cricca di banditi” [1. Così è stato definito il gruppo formato da Balducci, De Santis, Anemone e Della Giovanpaola, dal gip di Firenze Rosario Lupo che indagava sul sistema di appalti a seguito del terremoto de l’Aquila del 6 Aprile del 2009] che, nell’Italia XXI secolo d.C., speculava sulle catastrofi naturali per assicurare lucrosi appalti alle proprie imprese. Certo, la “combriccola” non poteva causare i terremoti e per questo si differenzia da Licinio Crasso che poteva ordinare ai propri schiavi di appiccare gli incendi, ma la speculazione sulle ricostruzioni e l’uso del denaro per “oliare” (usando un termine contemporaneo) gli ingranaggi delle istituzioni sembrano essere parte di un metodo di arricchimento rimasto invariato nel corso dei secoli.

Marco Licinio Crasso, grazie anche alle razzie nei territori occupati quando era a comando delle truppe dell’impero romano, divenne l’uomo più ricco della Roma imperiale. In una società in cui si stima che l’indice di Gini fosse circa 0,42-0,44 – cioè simile a quello degli USA ai nostri giorni – il suo reddito annuo ammontava a circa 12 milioni di sesterzi (moneta romana) e la sua ricchezza totale era circa 170-200 milioni di sesterzi, pari al PIL annuale dell’intero impero. Questa ricchezza gli permise di acquistare sempre più potere e di accrescere il proprio controllo sulla vita politica dell’impero.

Andando avanti nel tempo, Kampfner si sofferma, tra gli altri personaggi, su   Cosimo de Medici. Ancora una volta la scaltrezza e l’abilità ad aggirare le regole resero Cosimo un ricco ed importante banchiere il cui principale cliente era la Chiesa di Roma. Prestare denaro dietro pagamento d’interesse nel XIII secolo era ancora considerato un peccato. Ma si sa, necessità fa virtù. Lo Stato Pontificio fortemente indebitato per la vita sfarzosa condotta dai suoi membri, chiudeva un occhio su quel peccato in cambio di liquidità che consentisse di continuare con il tenore di vita spesso dissoluto che si svolgeva nei propri palazzi. La Chiesa non poteva pagare l’interesse sui prestiti, ma in cambio della liquidità ricevuta donava alla banca gioielli, opere d’arte e quant’altro. Inoltre, era già stato scoperto, anche se in nuce, il sistema oggigiorno utilizzato nei cosiddetti paradisi fiscali: depositi in banca sotto falso nome o anonimi che consentivano sia di evadere il fisco, sia di non correre  il rischio di un’espropriazione improvvisa nel caso la  Chiesa  avesse bisogno di liquidità. Anche “truccare i bilanci” gonfiando i costi e/o le perdite in modo da ridurre la base imponibile era pratica già utilizzata. La banca dei Medici divenne la principale banca dello stato Pontificio e il potere politico ed economico di Cosimo crebbe di pari passo con la sua ricchezza.

Cosimo de’ Medici, in parte per essere assolto da tutti i suoi peccati come prevedeva la dottrina cristiana dell’epoca, in parte per far si che il suo nome rimanesse indelebile nella storia, dedico l’ultima parte della sua vita al mecenatismo finanziando grandi artisti e la costruzione di numerose chiese e palazzi.

Il desiderio di iscrivere il proprio nome nel firmamento dei super ricchi di tutti i tempi, con un aura di benefattore della società, nacque anche in Carnegie e in tutti i “robber barons” della fine del XVIII secolo. Costoro accumularono in pochissimi anni grandi ricchezze con i loro investimenti finanziari e sfruttando situazioni di monopolio nel settore delle materie prime, in seguito all’eliminazione di ogni forma di concorrenza. Al termine di una vita piena di eccessi e dopo aver finanziato costruzioni di favolose ville in giro per il mondo per pura ostentazione della propria ricchezza, si scoprirono filantropi. Così crearono fondazioni che ancora oggi portano il loro nome e che avrebbero gestito tutte le loro ricchezze a favore dei più bisognosi nella società anche, e soprattutto, dopo la loro morte.

Procedendo nella lettura del libro, si evince che la storia dei “robber barons” si ripete, in epoca contemporanea, con quelli che Kampfner chiama i “geeks” di Palo Alto. Certo, il loro successo è in qualche modo legato  a innovazioni che  hanno cambiato la vita di tutti noi, dai vari software, a Facebook, a Google e così via. Ma anche loro hanno ottenuto in pochissimo tempo incredibili ricchezze sfruttando posizioni di monopolio e acrobazie fiscali. Bill Gates a poco più di quarant’anni è diventato l’uomo più ricco del mondo e tale è ancora oggi dopo qualche avvicendamento con altri al vertice di questa classifica;  Mark Zuckerberg è divenuto miliardario a poco più di trent’anni. E anche molti di loro, stanchi a nemmeno 50 anni di doversi occupare di affari, creano una fondazione e si dedicano ad impiegare le loro ricchezze per il bene della società. E’ questo, ad esempio, il caso di Bill Gates.

Poco cambia se si considera la categoria degli sceicchi degli Emirati Arabi, la cui ricchezza deriva semplicemente dal fatto che sono nati nella famiglia giusta in una terra che è il serbatoio principale di petrolio del mondo. Lo sceicco di Dubai fa a gara con il cugino, lo sceicco di Abu Dabi, per avere il primato del grattacielo più alto del mondo o lo yacht più lungo del mondo; per realizzare intere isole costruite ex-novo su cui dovranno sorgere mega musei con una superficie espositiva che è  superiore  a quella del Louvre e del MoMA messi insieme (è il caso di Abu Dabi) e per costruire ville hollywoodiane, enormi centri commerciali e altre attrazioni turistiche (è il caso di Dubai). Presenti a tutte le più importanti aste di opere d’arte, questi sceicchi non badano a spese pur di assicurarsi il quadro o la scultura desiderata. Certo, nessuno dei loro sudditi paga le tasse e la qualità della vita per la grande maggioranza dei cittadini è elevatissima. E poco importa se i cittadini rappresentano una minoranza della popolazione, costituita in larga parte da immigrati fatti venire dai paesi arabi limitrofi, che non hanno alcun diritto, spesso neanche quello di ricevere un salario per il lavoro che svolgono. Attirati con l’imbroglio, reclutati con il miraggio di un lavoro ben pagato, un’abitazione confortevole e un’assicurazione per la salute per tutta la famiglia, spesso, una volta entrati a Dubai o ad Abu Dabi o in Qatar, questi lavoratori si ritrovano con il passaporto sequestrato, stipati in abitazioni-container, con turni di lavoro estenuanti e neanche ricevono la misera paga per lunghi periodi.

Dalla biografia di tutti i personaggi che popolano il libro di Kampfner  emerge chiara la loro volontà di entrare nella storia e di farlo in modo positivo, come benefattori della società. Indipendentemente da come si sia arrivati ad accumulare tanta ricchezza, l’ultima parte delle loro vite è dedicata al “lavaggio” della propria immagine pubblica, alla costruzione di una nuova identità.

Proviamo ora a rispondere alle domande che l’autore si è posto nello scrivere questo libro sul come e perché alcune persone abbiano accumulato tanta ricchezza e abbiano redditi così elevati.

I soggetti analizzati da Kempfner hanno vissuto in periodi diversi e creato le loro fortune in settori diversi. Ma sicuramente avevano un buon numero di caratteristiche in comune: la determinazione, la scaltrezza, una buona conoscenza delle leggi (così da poterle aggirare o aggiustare in loro favore), la conoscenza diretta o indiretta di coloro che gestiscono il potere e la possibilità di diventare economicamente indispensabili per quest’ultimi. Il personaggio forse più emblematico in possesso di tutte queste caratteristiche è Arnold Krupp a cui Kampfner dedica un intero e lungo capitolo. Le sua azienda era diventata talmente importante, sebbene per ragioni diverse, sia per la Germania nazista sia per gli Stati Uniti negli anni della guerra fredda, che non fu mai attuata la decisione di smantellarla presa al termine della seconda guerra mondiale dalle forze alleate vincitrici.

In conclusione, la lettura del libro di Kampfner suggerisce che nella storia millenaria dell’umanità il trinomio  ricchezza (estrema)- potere – politica  ha trovato sempre (o quasi sempre) il modo di affermarsi. La speranza è che, almeno sotto questo aspetto, il futuro non assomigli al passato.

[1] Così è stato definito il  gruppo formato da Balducci, De Santis, Anemone e Della Giovanpaola, dal gip di Firenze Rosario Lupo che indagava sul sistema di appalti a seguito del terremoto de l’Aquila del 6 Aprile del 2009.

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