Commemorazione alla Camera dei Deputati dell’onorevole Luciano Barca

ROMA 22 Novembre 2012

Commemorazione dell’onorevole Luciano Barca (ore 11,30).

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e, con lui, l’intera Assemblea e i membri del Governo). Onorevoli colleghi, come è già noto, lo scorso 7 novembre è venuto a mancare all’età di 92 anni l’onorevole Luciano Barca, già membro della Camera dei deputati dalla IV alla IX legislatura e membro del Senato della Repubblica nella X legislatura.
Nato a Roma il 21 novembre 1920, uomo politico, giornalista, economista, in qualità di ufficiale della Marina militare fu protagonista, durante la seconda guerra mondiale, di valorose azioni a bordo del sommergibile Ambra per le quali fu decorato con medaglia d’argento al valor militare per poi partecipare, dando prova di grande coraggio e passione civile, alla lotta di Resistenza. Dopo la Resistenza iniziò, inviato a seguire i lavori dell’Assemblea costituente per il giornale l’Unità, la sua lunga e brillante carriera giornalistica che l’avrebbe portato dal 1953 al 1957 alla direzione dell’edizione torinese del quotidiano, poi dal 1957 a quella di politica ed economia e dal 1979 al 1983 alla direzione di Rinascita.
La sua attività giornalistica fu sempre connessa al suo impegno politico. Iscritto dal 1945 al Partito Comunista italiano fu tra i protagonisti più acuti e competenti del dibattito interno al suo partito e del confronto con le altre forze politiche, in particolar modo sui temi della politica economica e dello sviluppo del Mezzogiorno. Membro del comitato centrale a partire dal 1956, poi della segreteria nazionale dal 1960 al 1963 e, infine, della direzione del PCI dal 1972 al 1986, Barca fu uno dei più influenti e ascoltati dirigenti nazionali del partito. Eletto nel 1963 alla Camera dei deputati, iscritto al gruppo comunista, ne divenne vicepresidente nel 1966, carica che mantenne poi anche per tutta la V legislatura. Sempre alla Camera fu componente della Commissione agricoltura e foreste, della Commissione parlamentare per la ristrutturazione e riconversione industriale e per i programmi delle partecipazioni statali, nonché autorevole vicepresidente della Commissione bilancio e presidente della Commissione parlamentare per l’esercizio dei poteri di controllo sulla programmazione e sull’attuazione degli interventi ordinari e straordinari Pag. 34nel Mezzogiorno, incarico, quest’ultimo, che ricoprì anche da senatore nel corso della X legislatura.
Profondo conoscitore dei problemi e dei meccanismi economici e finanziari e acuto interprete dei cambiamenti sociali in atto, l’onorevole Barca ha sempre saputo coniugare il rigore dell’economista e dello studioso con una spiccata sensibilità nei confronti delle difficoltà delle aree più svantaggiate del Paese, facendosi promotore di iniziative legislative, poi diventate leggi, in materia, tra l’altro, di provvidenze a favore delle zone devastate dalla catastrofe del Vajont del 9 ottobre 1963, di interventi per i danni causati dalle eccezionali calamità naturali ed avversità atmosferiche nei mesi di dicembre 1984 e gennaio 1985, di edilizia economica e popolare, di interventi pubblici nel Mezzogiorno. Nel 1990 fondò, assieme a Gaetano Arfè, Adalberto Minucci, Diego Novelli, Paolo Volponi e altri giovani studiosi il centro di studi sociali ed economici «Etica ed Economia». Oltre ad una vasta produzione giornalistica, Luciano Barca è stato autore di numerosi saggi e pubblicazioni in materia di politica e di economia, tra cui il «Dizionario di politica economica», «L’economia della corruzione», «Del capitalismo e dell’arte di costruire ponti», «La cittadinanza difficile. Diritti e Welfare», «Legittimare l’Europa. Diritti sociali e crescita economica».
Luciano Barca è stato un protagonista della vita democratica italiana, un uomo di grande generosità, coraggio e coerenza, un intellettuale che, durante tutto il corso della sua vita, ha sostenuto la causa della libertà e della democrazia e ha dato un fondamentale contributo al dialogo tra le differenti culture presenti nel nostro Paese. Com’è noto, Luciano Barca è padre di Fabrizio, il Ministro per lo sviluppo e la coesione territoriale, che oggi è presente in Aula e al quale rinnovo, così come ai suoi familiari, a nome mio e dell’intera Assemblea, le più sincere condoglianze.

Invito l’Assemblea ad osservare un minuto di silenzio (L’Assemblea osserva un minuto di silenzio – Generali applausi, a cui si associano i membri del Governo).

MICHELE VENTURA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELE VENTURA. Signor Presidente, Luciano Barca è stato, come ricordato, un partigiano, un economista, un politico, un giornalista e uno scrittore. Nel 1944 si avvicinò ai comunisti e partecipò alla Resistenza. Partecipò all’esperienza della sinistra cristiana con Marisa Rodano, Giglia Tedesco, Tonino Tatò, che vedeva Franco Rodano come intellettuale esterno. Cito da uno scritto autobiografico di Luciano: «Novembre 1945 (…) finalmente la tesi prevale. A maggioranza, dopo ripetuti ed appassionati interventi di Rodano, viene approvata la mozione favorevole allo scioglimento del movimento dei cattolici comunisti firmata da Franco Rodano, Felice Balbo, Luciano Barca, Gabriele De Rosa, Mario Motta, Filippo Sacconi. Ognuno sceglierà il futuro secondo coscienza. Io mi reco alla sezione salario, in via Sebino e presento domanda di iscrizione al PCI, sottolineando nel testo della domanda che lo faccio anche grazie al nuovo statuto, che assicura libertà filosofica e religiosa».

Inizia in quel momento il suo percorso nel partito nuovo di Togliatti. Membro del comitato centrale del PCI dal 1956, Barca è stato uno degli economisti di riferimento del partito: dal 1963 deputato comunista per sei legislature e quindi senatore del collegio di Melfi dal 1987 al 1992.

Come ella ha ricordato, signor Presidente, nel 1946 Barca ha intrapreso la sua attività giornalistica, prima con una sostituzione nella redazione romana de L’Unità, fino a divenire direttore dell’edizione torinese. Ha seguito personaggi e fatti dal transatlantico, da Brera a Milano, dalla FIAT e dall’Einaudi a Torino. Inoltre, è stato direttore della prima serie di politica ed economia di Rinascita e del Menabò di etica ed economia.
Durante la sua attività parlamentare è stato vicepresidente della Commissione bilancio della Camera, presidente della Commissione bicamerale per il Mezzogiorno Pag. 35nei difficili anni del passaggio dalla Cassa all’intervento ordinario e dal 1965 al 1970 vicepresidente del gruppo del PCI alla Camera.
Quanto agli incarichi di partito, è stato nella segreteria nazionale dal 1960 al 1963 e nella direzione dal 1972 al 1986, ricoprendo incarichi a fianco di Togliatti, Longo e Berlinguer. Importante la sua produzione di scritti a contenuto politico ed economico. Tra i molti citati, merita a mio avviso ricordare, nel 2005, con l’editore Rubbettino: «Cronache dall’interno del vertice del PCI», una vera miniera di notizie e di un’intelligente diplomazia, che lì viene disvelata, di cui si dà testimonianza, che serviva a mantenere aperte relazioni con forze politiche, intellettuali ed economiche.

La ricostruzione della sua storia politico-sociale è utile per comprendere qualche aspetto di un personaggio come Luciano Barca, che da sempre ha saputo coniugare riflessione teorica, in particolare sui temi economici, e militanza partitica ai massimi livelli. Era stato tra i collaboratori più vicini ad Enrico Berlinguer negli anni Settanta, anni difficili dal punto di vista politico, economico e sociale. Luciano Barca fu tra i dirigenti che più si impegnarono, nel sorgere di un’emergenza democratica, a favorire l’incontro con la Democrazia Cristiana di Moro e di Zaccagnini. Anzi, svolse il ruolo di ambasciatore privilegiato, da parte di Berlinguer, presso Moro. Uomo di partito ma anche di relazioni: ricordava spesso le sue amicizie non di partito. Era un uomo capace di dialogare, sempre attento alle ragioni degli altri, pur mantenendo viva e vitale quella scelta di fondo, imprescindibile da qualsiasi altra. La militanza era una scelta di vita. Apparteneva a quella categoria di persone che in gioventù avevano creduto che fosse un dovere civico impegnarsi nelle file di un partito ed in età adulta ritenevano di avere una testimonianza da passare alle nuove generazioni, una testimonianza fatta del proprio personale vissuto e di quello che avevano ricevuto in eredità.
Persone come Luciano, con una storia come la sua – e concludo, signor Presidente – sono un seme da piantare nelle nuove generazioni, in quelle nuove leve, che sono il futuro di questa nazione, ma che rischiano di non conoscere a fondo quale sia la nostra storia, quella vera, fatta di dibattiti, incontri, discussioni e discussioni, prima di arrivare ad una decisione, che però usciva condivisa, e ciò per capire cosa sia stata l’Italia del dopoguerra, della Resistenza e della ricostruzione, degli anni di piombo e degli anni successivi.
Parlare con Luciano e con persone che con lui hanno condiviso quella direzione di un PCI fatto di circa trenta persone – il vero rammarico è che a quelle discussioni non sia stata data la giusta pubblicità – avrebbe portato a comprendere come in quel partito, in cui non mancavano anche atteggiamenti ideologici e chiusure, tuttavia, vi fosse un’apertura e una ricchezza politica, umana ed intellettuale di figure che lottavano per, e non semplicemente immaginavano, una società più giusta da realizzare nella democrazia, un senso profondo delle istituzioni, una forma di assoluta dedizione alla Repubblica e alla Costituzione, la consapevolezza di un cammino non semplice da percorrere, ma necessario per arrivare ad un’Italia migliore. A Fabrizio e a tutta la famiglia, un abbraccio affettuoso dei deputati del Partito Democratico (Applausi).

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, io davvero non saprei e non potrei trovare espressioni e parole migliori di quelle che ha pronunciato lei e di quelle che ha pronunciato un minuto fa il collega Ventura. Mi permetta, però, in questo momento, di esprimere due sole considerazioni.

Metto in campo, prima di tutto, un ricordo di carattere personale. Luciano Barca è stato per me il primo vero autorevole dirigente politico dell’allora Partito comunista italiano che ho avuto modo di incontrare nel mio percorso politico. Ed Pag. 36ho una data ben precisa, scolpita nella memoria: era il 7 novembre del 1977. All’epoca, in quella giornata, il Partito comunista italiano ricordava l’anniversario della Rivoluzione d’ottobre. Quanta acqua è passata sotto quei ponti, sotto i nostri ponti, sotto i nostri occhi e nella nostra mente. L’altro ricordo è la considerazione, invece, tutta politica, perché, da quel primo incontro, ho poi potuto seguire l’impegno, la militanza, la capacità di direzione politica di Luciano Barca attraverso alcune espressioni che vorrei qui ricordare. E sono le espressioni dell’impegno, della serietà e della capacità di analisi che vorrei riassumere nella parola «studio».

Luciano Barca faceva parte di una leva di dirigenti politici non inventata: era il risultato di una selezione che i grandi partiti popolari di massa di quella che oggi consideriamo, a torto, la «prima Repubblica», davvero, sapeva marcare di sé il confronto e il dibattito politico. In particolare, di Luciano Barca voglio ricordare la fermezza negli anni del terrorismo, voglio ricordare il rigore morale. Dicevo, appunto, una generazione di dirigenti politici e, se mi è permesso dirlo, una generazione di dirigenti politici che, a buon titolo, può stare nel Pantheon di ogni sincero democratico e di un nuovo profilo del centrosinistra.
Per questo, signor Presidente, a titolo mio personale e a nome del gruppo dell’Italia dei Valori, mi permetta di esprimere un sincero cordoglio e la vicinanza in questo momento al Ministro Barca, che combattiamo ogni giorno politicamente, ma che, dal punto di vista umano e personale, non possiamo davvero che abbracciare forte in questo momento (Applausi).

FERDINANDO ADORNATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FERDINANDO ADORNATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, caro Fabrizio, prendo la parola a nome del mio gruppo, ovviamente, ma anche motivato da un forte sentimento personale di dispiacere profondo, anche di commozione, per la perdita di un uomo che ho conosciuto da ragazzino, sgambettando a casa sua, insieme a Fabrizio, del quale ricordo e voglio ricordare oggi soprattutto la vivacità intellettuale, la grande simpatia e la grande carica di umanità.
Penso con nostalgia al tempo in cui la politica era anche e soprattutto pensiero – visto che questa caratteristica, credo, si vada, purtroppo, lentamente smarrendo – e grandi uomini politici erano anche grandi uomini di pensiero. Questo era il caso di Luciano Barca.

Inseguiva un sogno per la sua formazione che veniva chiamato, all’epoca, e poi lo è stato per tanti anni, nuovo modello di sviluppo. Era un sogno che cercava di mettere insieme il superamento delle contraddizioni del comunismo, quella parte del mondo di cui Luciano faceva parte, e del capitalismo, giudicato allora alienante e del quale certamente si vedevano tutti i limiti ed i difetti. Era un sogno probabilmente impossibile, forse non condivisibile, però oggi, nel mondo in cui viviamo, non si può certo dire che, superata una certa fase della storia del comunismo, non siano rimaste nel mondo tutte le contraddizioni dei sistemi collettivisti e dei sistemi che negano la libertà e la dignità dell’uomo. D’altra parte, però, non si può dire che anche nei sistemi capitalisti la libertà e la dignità dell’uomo vengano interamente valorizzate, come dovrebbe essere, nei grandi principi e nei grandi valori di chi crede nella società del libero mercato.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 11,48)

FERDINANDO ADORNATO. Quel sogno che allora si chiamava nuovo modello di sviluppo e che, ripeto, forse era impossibile, che univa personalità del mondo cattolico e del mondo della sinistra, oggi, in altre forme, si presenta a noi come il grande traguardo della società globale, Pag. 37ossia quello di riuscire a rendere il primato della libertà e della dignità dell’uomo, valido universalmente.
Purtroppo anche oggi la società globale rischia di muoversi in senso opposto, perciò penso che questo nostro ricordo non sia solo alla memoria, ma anche alla forza, allo stimolo e alla vivacità del nostro pensiero. Se l’umanità non sarà in grado di trovare un nuovo pensiero per il XXI secolo, molte delle cose che sono state da noi pensate non vedranno mai la luce. Il mondo della sinistra, il mondo dell’ispirazione cristiana e il mondo dell’ispirazione liberale, oggi si trovano tutti di fronte agli stessi problemi, ma non hanno la forza del pensiero che allora si aveva, la grande fame di inseguire il pensiero ed elaborazioni nuove che oggi, credo, si sia andata lentamente smarrendo.

Perciò la figura di Luciano Barca, credo, rimarrà, per Fabrizio e per la sua famiglia – a cui vanno il saluto e la vicinanza dell’Unione di Centro -, nella memoria della storia politica italiana come uno dei rappresentanti di quelle grandi tradizioni politiche che devono lottare per non essere battute dall’anarchia del pensiero, dall’assenza della morale e dalla perdita dei valori principali di quella che abbiamo chiamato politica quando eravamo ragazzi e che vorremmo continuare a chiamare politica nella stessa maniera, senza vergognarcene, ma con la dignità di rappresentare progetti per il futuro (Applausi).

Si riprende la discussione (ore 11,49).

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