Cibo e resilienza urbana: il caso milanese

Angela Colucci esamina alcune pratiche di resilienza sviluppatesi di recente a Milano le quali, anche per la concomitanza dell’organizzazione e dello svolgimento dell’Esposizione Universale del 2015 (Expo 2015), hanno interessato l’ambito del cibo, inteso come produzione, distribuzione e consumo, a livello economico, sociale e culturale. Colucci presenta, altresì, una disamina del concetto di resilienza, termine sempre più impiegato nel dibattito pubblico, le cui molteplici dimensioni, tuttavia, non sempre sono adeguatamente messe a fuoco.

La “resilienza” e il territorio. Negli ultimi anni il concetto di “resilienza”, in relazione ai sistemi territoriali, ha avuto una notevole diffusione. Viene genericamente inteso come le capacità dei territori di attivare risposte per far fronte e superare fenomeni di stress e shock (esogeni ed endogeni). In particolare, tale concetto è usato associandolo a visioni positive e di superamento a fronte dei potenziali fattori di crisi (economici, ambientali, sociali e di governo). In questo senso, la città di Milano, nel corso degli ultimi dieci anni, è stata il teatro di nuove esperienze che, anche per la concomitanza dell’organizzazione e dello svolgimento dell’Esposizione Universale del 2015 (Expo 2015), hanno interessato l’ambito del cibo, inteso come produzione, distribuzione e consumo, a livello economico, sociale e culturale. Nella metropoli lombarda, il concetto di “resilienza” è stato posto alla base di molteplici riflessioni – espresse in progetti, azioni ed esperienze quotidiane – che stanno contribuendo alla formazione di una nuova prospettiva “alimentare e urbana”.

Definizioni di resilienza. Da molti decenni, il concetto di resilienza è utilizzato, con significati non sempre omogenei nell’ambito di differenti discipline (White, 2010): in fisica e in ingegneria è la proprietà dei materiali di ritornare alla conformazione originaria a seguito di una deformazione; in psicologia sono le capacità di un individuo di far fronte e superare fenomeni di stress psicologico attraverso un rafforzamento della sfera psicologica; in ecologia sono le proprietà di un ecosistema che gli permettono di attivare meccanismi di risposta al fine di superare fenomeni di disturbo mantenendo le funzionalità e la sua riconoscibilità.

Questi approcci presentano alcuni punti di contatto, ma anche notevoli differenze che implicano l’assunzione di modelli teorico-interpretativi distanti: la resilienza ingegneristica, ad esempio, presume un ritorno ad uno stato iniziale di equilibrio pre-deformazione, mentre la resilienza ecosistemica enfatizza le condizioni lontane da ogni equilibrio. I sistemi resilienti, infatti, a fronte di uno stress, reagiscono rinnovandosi verso scenari evolutivi (in questo caso assumere tale definizione implica un fuoco sugli aspetti di adattamento e preparazione) ma mantenendo la funzionalità e la riconoscibilità dei sistemi stessi (Holling e Gunderson, 2002).

Per le tematiche trattate in questo articolo, appare importante fare un breve excursus sulle interpretazioni che il concetto di resilienza ha acquisito nell’ambito degli studi urbani e soprattutto delle diverse componenti che convergono nello sviluppo economico, sociale e culturale della città. In particolare, si possono identificare tre principali approcci (Colucci, 2012): (a) resilienza e sostenibilità: il concetto di resilienza viene inteso quale via per garantire una effettiva sostenibilità dello sviluppo dei sistemi socio-ecologici; (b) resilienza e adattamento: la resilienza è utilizzata come elemento di innovazione degli attuali modelli di sviluppo delle città e dei territori e come chiave per innescare risposte di l’adattamento in relazione ai cambiamenti climatici e alla riduzione delle risorse naturali; (c) resilienza e rischi territoriali: la resilienza agisce come motore per l’innovazione delle strategie di gestione dei rischi territoriali, integrando gli obiettivi della riduzione dei rischi e della pericolosità con una pluralità obiettivi connessi alla qualità territoriale e ai processi integrati.

Resilienza e food policies urbane a Milano. Nel 2015, Milano ha ospitato l’Expo 2015, il cui tema è stato “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”. Intorno a questo evento, sono sorte molte realtà che con il cibo, direttamente o indirettamente, sono legate: rassegne cinematografiche, fiere, centri di ricerca, esposizioni. Nel corso dell’anno, una moltitudine di eventi legati all’alimentazione ha attraversato la città, suscitando interresse e smuovendo forze economiche, politiche e sociali apparentemente sopite.

A ben guardare, la tematica “cibo” aveva già da tempo preso piede nella città lombarda. Guardando agli anni recenti, il tema appare al centro di molti interventi e progetti che miravano allo sviluppo di relazioni positive tra città e campagna. Milano si caratterizza, infatti, per avere una rilevante presenza, seppure oggi in transizione, di produzione agricola e un’alterna “storia” di alleanze e conflitti tra la dimensione urbana e rurale, dove le iniziative di valorizzazione e tutela dei paesaggi agricoli hanno una tradizione consolidata (basti pensare al Parco Agricolo Sud di Milano, istituito nel 1990, e che copre e tutela buona parte delle aree agricole dell’ex provincia).

Contemporaneamente, il tema delle food policies (sollevato anche dalla Carta di Milano) ha suscitato l’interesse di parte del grande pubblico per molteplici ragioni, da quelle relative agli effetti sulla vita quotidiana (prezzi, sicurezza e qualità alimentare) a quelle relative alle complesse dinamiche delle filiere agroalimentari (locali e globali). A tale proposito, il Forum Pratiche di Resilienza 2016, svoltosi agli inizi dell’anno, ha mostrato come nell’ambito milanese la tematica delle filiere agroalimentari sia in grado di stimolare processi e pratiche di resilienza urbana, in particolare quella relativa alla sostenibilità ambientale (agricoltura urbana; riscoperta della biodiversità nelle coltura, ecc.) e all’adattamento (tema particolarmente sentito in una regione colpita da una eccezionale siccità).

All’emergere di tali temi di discussione concorrono, peraltro, la crisi economica, la necessità di un ripensamento dei sistemi produttivi agricoli (in particolare peri-urbani), i fenomeni di criticità ambientale, le nuove prospettive dei territori peri-urbani (attribuzione di rinnovate funzioni e ruoli), rinnovate strutture e comunità sociali. Se alcune dinamiche sono comuni anche ad altri sistemi metropolitani europei, nel contesto milanese l’evento di Expo 2015 ha avuto un effetto catalizzatore e acceleratore nel rendere espliciti e strutturati i processi diffusi.

Nel complesso è possibile individuare (Figura 1) alcune tipologie caratterizzanti (Colucci, 2015). Innanzitutto, vi sono le pratiche e iniziative bottom-up di tipo isolato: questa tipologia include le differenti declinazioni degli orti e dei giardini di quartiere. Seppure tali iniziative abbiano in genere storie molto differenti (aspetto identitario dell’iniziativa stessa) e coinvolgano differenti segmenti sociali, nella maggior parte, esse integrano temi quali l’educazione alimentare, inclusione di settori deboli, rafforzamento della comunità locale. Queste pratiche sono diffuse su tutto il territorio metropolitano con alcuni casi di notevole complessità e interesse.

In secondo luogo, vi sono le iniziative di tipo bottom-up localmente radicate, dove gruppi di soggetti avviano iniziative per la tutela e la valorizzazione di spazi aperti. I processi coinvolgono un ampio spettro di soggetti (cittadini, agricoltori, associazioni, istituzioni) e tendono verso la costruzione di progettualità territoriali. Un esempio è il Parco delle Risaie di Milano. Alcuni casi hanno un riferimento territoriale di scala ampia pur agendo poi per singoli progetti e iniziative più mirate. Ad esempio, il Parco Agricolo Sud di Milano aggrega differenti iniziative, tra cui il Distretto di Economia Solidale del Parco Agricolo Sud Milano (DESR) che ha generato il BuonMercato di Corsico dove i più consolidati servizi e iniziative connessi alla filiera agroalimentare corta vengono integrati ai temi della qualità e sostenibilità ambientale (produzioni biologiche e integrate, qualità dei prodotti alimentari). Queste iniziative, pur radicate localmente, lavorano attivando reti e connessioni tra la dimensione locale e territoriale. Infine, un’altra tipologia di iniziative è connessa al rafforzamento di reti di produttori (come il Consorzio Distretto Agricolo Milanese, DAM) e reti di associazioni (quali le reti di gruppi di acquisto solidale, GAS).

La concomitanza di Expo 2015 e di un terreno fertile di iniziative pregresse e largamente partecipate dalla società civile e dall’amministrazione, attraverso processi bottom-up e strategie multi-stakeholder, ha permesso di sviluppare una varietà di altre iniziative. Fra queste vi è la promozione di processi integrati, il fuoco dell’associazione ResilienceLAB che, con il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani e il supporto di Fondazione CARIPLO, ha avviato nel 2015 il progetto dell’Osservatorio Pratiche di Resilienza.

Conclusioni. Il caso milanese ha fatto emergere l’importanza di sollecitare e supportare processi verso la costruzione di azioni a maggiore complessità e integrazione, cui partecipino tutti gli stakeholder, dalla società civile al mondo dell’impresa alle istituzioni. In questo senso, Expo 2015 ha contribuito fortemente ad inserire nelle riflessioni e nella progettazione delle azioni il tema del cibo, fatto non scontato in un ambito metropolitano che appare, erroneamente, separato dal sistema produttivo dell’agroindustria. Esempi come il BuonMercato evidenziano come azioni di resilienza urbana siano strettamente legate con la filiera agroindustriale, seppur in modo ancora marginale. In questi termini, nuove alleanze città-campagna possono integrare sia le dimensioni della rigenerazione (e quindi della resilienza) delle periferie urbane che la diffusione di soluzioni per la sostenibilità ambientale, il miglioramento dei cicli metabolici e l’adattamento che hanno dimensioni e scale territoriali.

Nel complesso, il caso milanese ha mostrato come la “resilienza” sia un concetto che può essere associato ad iniziative che, anche in ambito cittadino, pongano al centro il cibo e le pratiche relative alla sua produzione e distribuzione. Il cibo, con le sue molteplici connessioni, ha rappresentato, anche grazie al volano di Expo 2015, un elemento catalizzatore di molte iniziative e progetti: il tema dell’agricoltura peri-urbana e l’attenzione alla filiera agroindustriale sono solo alcuni degli aspetti sollevati durante la manifestazione, ma sicuramente due tra quelli che hanno riscosso maggior interesse tra il pubblico. E l’emergere di molti degli eventi sopracitati evidenzia come, finita Expo 2015, la discussione e la sperimentazione in ambito milanese non appassiranno.

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Figura 1: Lo schema illustra una lettura sintetica del Panorama di pratiche di resilienza riconducibili alle filiere agroalimentari nel contesto metropolitano milanese (Fonte: Colucci)

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