Bitcoin: pregi e difetti della moneta virtuale

Ronny Mazzocchi e Mattia Del Piero analizzano la capacità di Bitcoin di risolvere alcuni storici problemi dei tradizionali sistemi di pagamento. I due autori si chiedono se la nuova moneta possa imporsi nei sistemi di pagamento mondiali e competere con le valute tradizionali e suggeriscono che proprio le due caratteristiche principali che la distinguono - non essere presente in forma fisica e non avere un istituto di emissione - rischiano di minarne la capacità di rappresentare una concreta alternativa alle vecchie valute.

Bitcoin è il primo sistema monetario digitale decentralizzato al mondo e i Bitcoin sono l’unità monetaria utilizzata in questo sistema. Il sistema ha visto la luce nel dicembre 2009 quando un programmatore – o più probabilmente un gruppo tra i maggiori specialisti di crittografia che si nasconde dietro lo pseudonimo giapponese “Satoshi Nakamoto” – ha dato il via alla cosiddetta “blockchain”, ovvero un sistema che consente generare moneta e transazioni sicure utilizzando il potere computazionale di sistemi connessi alla rete.

L’idea rappresenta una delle prime implementazioni dell’idea di cripto-valuta, concetto descritto per la prima volta nel 1998 da Wei Dai nella mailing list cypherpunks. Bitcoin è pensato come una nuova forma di denaro, intendendo per denaro tutto ciò che viene accettato come pagamento di beni e servizi e come rimborso dei debiti in un determinato paese o in qualsiasi contesto socioeconomico. Rispetto alle tradizionali monete virtuali, Bitcoin si differenzia per due caratteristiche principali: può essere utilizzata per acquistare beni reali – sia materiali (una automobile) che immateriali (un software) – e non è emessa da una autorità centrale. Ciò significa che chi se ne serve può farlo direttamente, in qualsiasi paese del mondo, e senza passare da ulteriori intermediari.

A prima vista la nuova criptovaluta sembra aver risolto storici problemi dei tradizionali sistemi di pagamento. Innanzitutto Bitcoin permette di abbattere le spese di transazione, fastidiose soprattutto quando si tratta di micropagamenti. Il sistema inoltre è difficilmente manipolabile da chi ha interesse nel controllarne la diffusione ed è quindi completamente indipendente da banche, governi e istituzioni centrali. Sulla base di queste poche informazioni il Bitcoin sembrerebbe l’invenzione perfetta. Ma può questa nuova moneta imporsi nei sistemi di pagamento mondiali e competere con le valute tradizionali?

Come è noto, per avere successo, una moneta deve essere al tempo stesso unità di conto, mezzo di scambio e uno strumento di tesaurizzazione ragionevolmente stabile. Le prime due funzioni sono in generale svolte dalla moneta in modo esclusivo. La moneta non è però l’unico modo per depositare valore. Tra tutti i depositi di valore, la moneta è però quella che ha senza dubbio il maggiore grado di liquidità, ovvero la maggiore facilità ad essere convertita in mezzo di scambio dell’economia. Al tempo stesso, però, la moneta è la forma di valore maggiormente esposta a svalutazione nel caso in cui il livello generale dei prezzi aumenti.

Se guardiamo al Bitcoin, possiamo notare come esso sia in grado di assolvere soltanto una di queste funzioni, ovvero quella di mezzo di pagamento. Non a caso negli ultimi anni sono stati compiuti numerosi investimenti proprio per promuovere il sistema Bitcoin come strumento per effettuare transazioni [1. Coinlab, famosa per essere stata la prima impresa ad essersi finanziata tramite venture capital (nel 2012 Draper Associates ha investito in essa $500,000), ha diversificato le attività aziendali buttandosi nel campo dei siti di cambio e delle aziende che si occupano di “minare” i Bitcoin dalla rete. Analogamente, le start-up CoinBase e Bitpay, che svolgono servizi di pagamento online in Bitcoin, potrebbero diventare – secondo il colosso Ebay che controlla PayPal – un potenziale competitor nel mercato] . Senza dubbio i Bitcoin hanno anche il vantaggio di essere divisibili in unità arbitrarie, al fine di gestire tutte le dimensioni delle transazioni, dalla più grande alla più piccola. Inoltre i Bitcoin sono perfettamente omogenei, conservabili a costo zero, facilmente riconoscibili e praticamente imperituri. Tuttavia l’enorme volatilità nei valori dei Bitcoin rende difficile il loro utilizzo come unità di conto. Allo stesso modo, l’assenza di correlazione con i tassi di cambio delle valute tradizionali rende i Bitcoin uno strumento poco utile per la gestione del rischio di cambio e quindi come riserva di valore, almeno nel modo in cui essa viene concepita quando si parla di moneta.

Due sono poi le grandi differenze rispetto alla moneta nell’attuale sistema monetario internazionale. La prima è che una valuta tradizionale a corso legale viene rilasciata da una banca centrale in modo da attuare l’indirizzo di politica monetaria stabilito. Al contrario, il sistema Bitcoin, permette di effettuare pagamenti tramite la tecnologia peer-to-peer e in questo modo non necessita di un organismo centrale per la verifica della trasparenza delle transazioni. La tecnologia peer-to-peer è di fatto una architettura logica di rete informatica in cui i nodi non sono gerarchizzati unicamente sotto forma di client o server fissi, ma sotto forma di nodi equivalenti o paritari che possono cioè fungere sia da cliente che da servente verso gli altri nodi terminali della rete. Ogni terminale ha la stessa posizione nei confronti degli altri. Attraverso questa configurazione, qualsiasi nodo è in grado di avviare o completare una transazione.

La particolarità di questa struttura accompagnata dalla mancanza di un ente centrale rende impossibile per qualunque autorità, governativa o meno, il blocco della rete, il sequestro dei Bitcoin ai legittimi possessori o la sua svalutazione per creare nuova moneta. Il database è distribuito tra i nodi della rete che tengono traccia delle transazioni e attraverso lo sfruttamento della crittografia gestisce gli aspetti funzionali come la generazione di nuova valuta e l’attribuzione di proprietà dei Bitcoin. I dati necessari ad utilizzare i propri Bitcoin possono essere salvati su uno o più personal computer sotto forma di “portafogli digitali”, o mantenuti presso terze parti che svolgono funzioni simili ad una banca. Inoltre, il sistema è interamente gestito da un algoritmo che, a ritmo prestabilito, crea moneta immettendola nel sistema. In Bitcoin la quantità di valuta in circolazione è limitata a priori e – essendo prevedibile – è conosciuta in anticipo da tutti i suoi utilizzatori. Al contrario della normale moneta, quindi, i Bitcoin non risentono della perdita di valore generata da una manovra monetaria espansiva della banca centrale.

La seconda grande differenza fra Bitcoin e moneta tradizionale è che i primi sono esclusivamente digitali. I dollari, gli euro, gli yen e tutte le altre valute esistono in forma materiale. I risparmi depositati in un conto bancario possono essere ritirati in soldi tangibili in qualsiasi momento. Essendo valute a corso legale – cioè riconosciute dalla legge come mezzo di pagamento – possono e devono essere accettate da tutti i soggetti economici del loro Paese e se prendiamo come esempio il dollaro statunitense o l’euro, essi viene accettato praticamente ovunque essendo considerati riserva di valuta mondiale. Al contrario, i Bitcoin presentano un forte limite di accettazione, nel senso che possono essere spesi per l’acquisto di beni e servizi on-line solo in appositi siti che prevedono pagamenti con la moneta virtuale. Il loro impiego diffuso è vincolato alla disponibilità di una tecnologia necessaria che ne dia accesso. Se su Internet il costo marginale della loro tecnologia è praticamente nullo, la sua trasposizione al di fuori del mondo virtuale implicherebbe notevoli costi aggiuntivi. Sebbene l’accesso alla rete anche sui dispositivi mobili sia diventato sempre più facile e diffuso, non possiamo dimenticare che i Bitcoin potrebbero diventare un mezzo di scambio solo attraverso l’uso di mezzi accessori (telefoni, tablet, terminali, …) che hanno un costo più o meno elevato. Tale limitazione costituisce un enorme svantaggio sia per le differenze fra Paesi sia per la difficoltà di accesso alle più moderne tecnologie da parte della fascia più povera della popolazione. La conversione di Bitcoin in moneta tradizionale a corso legale è ovviamente possibile. Tuttavia il consumatore devo assumersi il rischio di credito tramite il trasferimento di Bitcoin dal proprio indirizzo personale a quello di uno dei tanti servizi di cambio online. Tutto ciò è simile alla procedura di deposito bancario affrontata nella normale vita quotidiana con la differenza che questi siti di cambio non sono regolamentati. Le transazioni sono regolate dai singoli individui e non sono monitorate poiché sono anonime. Ciò rende difficoltoso perseguire gli utenti in quanto esenti da responsabilità oggettiva, causando serie problematiche legali. Vi è poi il rischio legato ad eventuali hackeraggi dei siti che si occupano di servizi di cambio [2. Ad esempio, verso la fine di febbraio 2014 il sito Mtgox ha dovuto dichiarare bancarotta dopo un attacco hacker alla sua piattaforma, che ha portato alla perdita di circa 750 mila Bitcoin che in valore reale corrispondono a circa 345 milioni di euro].

Ci sono poi delle differenze legate al sistema istituzionale dei vari Paesi. Ad esempio, i depositi bancari in moneta a corso legale sono assicurati contro i fallimenti bancari da organismi come la Federal Deposit of Insurance Corporation negli Stati Uniti. Viceversa, non è prevista alcuna assicurazione sui depositi in Bitcoin. Se un utente dovesse perdere il proprio disco fisso contenente la valuta, questa non sarà più recuperabile in alcun modo. Lo stesso rischio è presente in caso di frodi, se degli hacker dovessero attaccare una piattaforma. Infine, le transazioni in Bitcoin, rispetto a quelle in moneta legale, presentano delle limitazioni in quanto a causa del sistema di validazione delle transazioni chiamato “Blockchain” ovvero catena dei blocchi, una singola transazione può impiegare oltre dieci minuti prima di venire confermata. Le transazioni sono irreversibili e possono essere annullate solo dal ricevente. Queste limitazioni non esistono con le transazioni in valute tradizionali, le quali vengono confermate in pochi secondi e possono venire annullate per ragioni valide senza fare affidamento sul giudizio del ricevente.

Vari sono i rischi e le difficoltà connesse all’utilizzo del Bitcoin. Molti economisti hanno denunciato i rischi di spirale deflattiva causati dalla peculiare forma di fissazione dell’offerta di Bitcoin che richiama per certi versi la regola-k di Friedman. Quasi nessuno, invece, ha segnalato l’apparente eterogenesi dei fini che ha caratterizzato il Bitcoin. Nel corso degli anni è paradossalmente venuta meno la funzione principale di mezzo di pagamento. L’evidenza ha mostrato che in realtà, gli investitori acquistano Bitcoin con lo scopo di trattenerli come riserva di valore all’interno dei loro portafogli finanziari. Alla pari del petrolio o dei metalli preziosi, i Bitcoin si sono rivelati delle vere e prorpie “commodity digitali”. Il sistema Bitcoin è diventato così uno strumento finanziario altamente speculativo. Il rischio maggiore è quindi senza dubbio collegato alla possibilità che con la moneta virtuale si vengano a generare cicli e bolle speculative non diverse da quelle osservate nei mercati finanziari.

Insomma, il progetto Bitcoin come l’avevano inteso i suoi programmatori doveva servire per facilitare i pagamenti eliminando i costi di transazione, garantire il totale anonimato ai suoi utilizzatori e garantire inoltre l’indipendenza del valore della valuta dalle manovre monetarie messe in atto dalle banche centrali. L’avidità umana sembra così riuscita a cambiare quella che era la finalità della moneta virtuale.

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