Ancora un passo sulla via dell’erosione della sovranità degli Stati

Elena Paparella esamina la proposta della Commissione Ue per un Regolamento volto ad introdurre i c.d. Structural Reform Support Programme (SRSP), per l'assistenza tecnica agli Stati membri che la richiedessero per attuare le riforme strutturali. Paparella solleva qualche dubbio sulla base giuridica adottata per il Regolamento e sostiene che si tratta di un'ulteriore - benché sommessa - diminuzione della sovranità statale, che utilizza ancora una volta l'argomento della necessità di competenze tecniche per ovviare all'assenza di procedure legittime e condivise di cessione della sovranità.

Sembrava che le procedure condizionali avviate durante la crisi della zona euro – dapprima in via informale con i primi programmi di sostegno alla Grecia nel 2010 e in seguito dotate di legittimità con l’artificiosa istituzione e messa in opera del Meccanismo europeo di stabilità che eroga finanziamenti ai Paesi in crisi sotto stretta condizionalità – rappresentassero l’ultimo stadio di un progressivo indebolimento della sovranità degli Stati membri dell’Ue da parte delle istituzioni sovranazionali. In realtà si direbbe che le cose vadano diversamente.

E’, infatti, del novembre 2015 una proposta di Regolamento (COM(2015) 701 final) da parte della Commissione europea per l’istituzione di programmi di supporto alle autorità nazionali, per l’attuazione delle riforme relative al quadro istituzionale, amministrativo, economico e sociale (Structural Reform Support Programme- SRSP). L’idea sottostante i programmi è che le istituzioni europee, nello specifico la Commissione, abbiano una maggiore capacità rispetto ai singoli Paesi di identificare e coordinare i migliori tecnici in grado di supportare l’attuazione delle riforme strutturali a livello nazionale. I tecnici designati potranno appartenere ad organizzazioni internazionali, enti pubblici o alla stessa Commissione europea. Inoltre, si prevede che il Paese che richiede il supporto possa stringere accordi di “partnership” con uno o più Stati, i quali potranno contribuire alla definizione delle riforme.

Il programma di supporto tecnico potrà riguardare le raccomandazioni di policy formulate annualmente dalla Commissione ai singoli Paesi, la trasposizione della normativa comunitaria a livello nazionale, l’attuazione dei programmi di sostegno finanziario ai Paesi in crisi (come quelli a cui sono sottoposti la Grecia e Cipro) e, infine, i progetti di riforma dei governi nazionali.

Ma quali sono le aree su cui potranno intervenire i tecnici? Quelle menzionate dalla proposta di Regolamento sono le seguenti: gestione delle finanze pubbliche, riforme istituzionali, della Pubblica amministrazione e del sistema giudiziario, privatizzazioni e sostegno agli investimenti, riforme del welfare e del mercato del lavoro, Sanità, politiche migratorie, agricoltura, politiche relative al settore finanziario. E, concretamente, cosa potranno fare i tecnici europei? La loro attività potrà spaziare dal fornire supporto meramente operativo, allo sviluppare studi e analisi, al fornire consulenza economico-legale. Infine, la Commissione europea avrà il ruolo di monitorare l’attuazione del programma e di rendicontarne regolarmente l’applicazione al Parlamento e al Consiglio europeo.

 La base giuridica sulla quale si struttura il nuovo Regolamento è costituita dagli artt. 175.3 Tfue e 197.2 Tfue. Il primo appartiene al blocco della disciplina sulla coesione economica, sociale e territoriale e rappresenta una sorta di diposizione valvola che, di fatto, consente di attivare il procedimento legislativo da parte degli organi competenti nel caso si ritenga di dover disciplinare ambiti di intervento non contemplati dai tradizionali strumenti quali i Fondi strutturali. La ratio di tale norma è da ricollegare al vasto ambito di interventi che a partire dalle originarie “politiche regionali” si prefiggono di ridurre le disparità di varia natura e il divario nei livelli di sviluppo tra le diverse regioni dell’Unione. La seconda disposizione, relativa alla cooperazione amministrativa tra istituzioni dell’Unione e amministrazioni dei Paesi membri, rappresenta una novità introdotta con il Trattato di Lisbona nel 2009 e nasce con il preciso riferimento a difficoltà di attuazione del diritto dell’Unione – non del diritto interno – soprattutto in alcuni ambiti cruciali quali la lotta contro la frode fiscale, la gestione del sistema bancario, la mobilità nel mercato del lavoro, la gestione dei servizi nel mercato interno.

A ben vedere, quindi, il tipo di assistenza tecnica definito dalla proposta di Regolamento non costituisce una novità nel panorama europeo. La “valvola” creata per ridurre disparità per lo più da attribuirsi a “svantaggi naturali”, insieme alla recente norma sulla cooperazione amministrativa, dovrebbero costituire la base per una disciplina che introduce la possibilità di istituire programmi volti a coadiuvare le amministrazioni nazionali anche nell’esecuzione delle riforme strutturali. Tuttavia, si fa fatica a comprendere come una norma disegnata per migliorare la capacità degli attori nazionali di dare attuazione al diritto dell’Unione sia qui richiamata in riferimento al diritto nazionale.

Inoltre, la peculiarità della proposta di Regolamento è rappresentata dall’intento di normalizzare e istituzionalizzare il ruolo di tecnici ed esperti internazionali nell’ambito dei processi nazionali. L’assistenza tecnica che può essere richiesta da un Paese, come abbiamo visto, si estende lungo un raggio di azione molto ampio che copre interventi relativi all’attuazione della normativa comunitaria o raccomandati dalla Commissione europea fino alle misure di policy nate su iniziativa dei governi nazionali. Finora, invece, i meccanismi di supporto tecnico forniti dall’Unione europea ai governi nazionali sono stati attuati all’interno di programmi caratterizzati dall’ eccezionalità dell’intervento esterno, o che lo hanno limitato a situazioni circoscritte.

Ad esempio, i Fondi strutturali europei (Fondo europeo di sviluppo regionale, Fondo sociale europeo, Fondo di coesione, Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca) prevedono che i Paesi beneficiari dei finanziamenti usufruiscano di assistenza tecnica da parte di esperti afferenti ad istituzioni europee e internazionali. Su iniziativa della Commissione, infatti, i Fondi strutturali possono sostenere misure di preparazione, sorveglianza, assistenza tecnica e amministrativa, valutazione e controllo dei relativi progetti.

Ancora, i programmi di assistenza finanziaria a cui sono sottoposti i Paesi in crisi, e a cui ora sono soggetti la Grecia e Cipro, prevedono che gli Stati interessati ricevano assistenza tecnica da parte di esperti internazionali. La proposta di Regolamento sugli SRSP fa proprio riferimento al caso della Grecia e di Cipro come esempi in cui il sostegno fornito dall’Unione sotto forma di assistenza tecnica è stato determinante per sostenere l’aggiustamento economico (si veda il Considerando numero 4). L’assistenza fornita alla Grecia è stata realizzata attraverso la Task Force for Greece, un gruppo di esperti (internazionali e afferenti alla Commissione europea) istituito nel 2001 con l’obiettivo di fornire supporto alle autorità greche nell’attuazione delle riforme, in linea con i programmi concordati tra Grecia, Unione europea e Fondo monetario internazionale. Il gruppo tecnico ha competenza nei seguenti ambiti: programmi della politica di coesione, ambiente e trasporti; bilancio e fiscalità; settore finanziario; riforme per favorire la concorrenza; riforma amministrativa; mercato del lavoro; Sanità; Giustizia; privatizzazione e lavori pubblici. Una assistenza tecnica analoga è stata prevista per Cipro. Nel 2014 il supporto tecnico che la Task Force ha fornito alla Grecia è stato oggetto di una valutazione da parte di consulenti indipendenti, che ne hanno confermato l’utilità nel sostenere l’attuazione del programma di aggiustamento economico.

Per concludere, ciò che della proposta di Regolamento sugli SRSP richiama maggiormente l’attenzione e desta non poca sorpresa, non è tanto, o non è soltanto, il configurarsi, in sé, di un ennesimo meccanismo volto ad erodere la sovranità degli Stati, ma è soprattutto l’ambito specifico in cui questo verrebbe ad operare, ovvero quello dell’attuazione di misure adottate anche a livello nazionale, oltre che il contesto generale delle riflessioni, che caratterizzano l’attuale fase dell’integrazione europea. Basti pensare, infatti, alle proposte e al dibattito riguardanti il rafforzamento del ruolo dei Parlamenti nazionali, l’istituzione di un Ministro delle Finanze europeo, la c.d. proposta dei 5 Presidenti, la valorizzazione della sussidiarietà nella proposta di Cameron, per poter facilmente riscontrare come i SRSP vadano, sia pure sommessamente per il momento, in un senso che appare del tutto opposto a quello di una tendenziale e pluridirezionale volontà di “politicizzazione” del quadro istituzionale dell’Unione, espressa proprio nei circuiti della “politica”.

Il fatto è che i “tecnocrati” non si arrendono (e verrebbe da pensare che questo fa comodo anche a qualche politico), anzi “pretendono ubbedienza” (G. Azzariti, Laterza, Roma-Bari, 2016). Quest’ulteriore erosione della sovranità degli Stati membri passa per le maglie di un atto di diritto derivato e prende di mira un livello ulteriore. Non si tratta più soltanto delle sedi d’indirizzo e di formulazione delle politiche, quanto piuttosto del successivo livello dell’esecuzione e attuazione delle stesse, e non più di esperienze legate a casi eccezionali o a specifici obiettivi di coesione, bensì di una normalizzazione di tali interventi introdotta con norme di carattere generale.

 E non ci si può non sentire disarmati dinanzi ad azioni che, di fatto, producono un’ulteriore erosione della sovranità degli Stati membri, quando queste vengono condotte sul filo di una legittimità non sufficiente a colmare il vuoto di trasparenza e di condivisione normalmente richieste ogniqualvolta vi sia una cessione di sovranità statale, che solo la revisione dei Trattati può garantire. Tanto più che nel caso degli instituendi SRSP si vorrebbe introdurre la possibilità di un ulteriore pericoloso svuotamento dei poteri esecutivi e amministrativi che, più passa il tempo, e meno sembra casuale. L’istituzione degli SRSP non riguarda, infatti, l’interazione/intromissione delle autorità sovranazionali nella formulazione delle politiche nazionali in vista di aggiustamenti macroeconomici, bensì un uso peculiare della leva della “cooperazione amministrativa” per indirizzare gli esecutivi anche nella fase di attuazione, nonché le amministrazioni nazionali, dopo che esecutivi e i Parlamenti nazionali sono stati già fortemente condizionati nella fase di indirizzo e formulazione. A tale riguardo, che la volontarietà dell’accesso all’assistenza tecnica – prevista nella proposta di Regolamento – possa garantire effettivamente l’autonomia decisionale dei governi nazionali e il loro concreto coinvolgimento nel processo di attuazione delle riforme, è tutto da valutare. D’altro canto, le autorità nazionali potrebbero essere inclini ad una sorta di de-responsabilizzazione nei confronti dei propri elettori.

Tutto questo appare, per l’appunto, sempre meno causale, e sempre maggiormente rispondente ad una precisa volontà di depoliticizzazione dei poteri di governo e, nella sostanza, della stessa sovranità (B. De Giovanni, Editoriale Scientifica, 2015). Con la “scusa” della crisi (A. Ciervo, Costituzionalismo.it, 2016), con la “scusa” della governabilità (E. Olivito, Costituzionalismo.it, 2016), della corruzione, dell’efficienza e dell’efficacia, il processo di sostituzione dei tecnici ai politici appare inarrestabile, in tutte le sue manifestazioni, tra queste, proprio una crescente tendenza alla procedimentalizzazione spesso fine a se stessa (G. Azzariti, Costituzionalismo.it, 2016).

Non resta che continuare ad adoperarsi per il disvelamento di tali processi e a riflettere sulle possibilità di nuove dimensioni che per la sovranità potrebbero configurarsi, anche alternative a quelle attuali, purché configurate sulla base di procedimenti trasparenti e legittimi.

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