Accrescere la produttività e ridurre le disuguaglianze: l’OCSE indica la strada

Teresa Barbieri e Francesco Bloise analizzano il capitolo dell’ultimo Economic Outlook dell’OCSE dedicato all’analisi dei rapporti tra andamento della produttività e disuguaglianze e alla valutazione degli effetti che diversi interventi di policy possono avere su di esse. Dopo aver presentato i principali risultati, alcuni dei quali ancora provvisori, Barbieri e Bloise sottolineano l’importanza di una ricerca diretta a individuare politiche che siano in grado di sostenere la produttività e contenere le disuguaglianze.

L’OCSE, nell’ultimo Economic Outlook, ha riservato un capitolo a un tema spesso sottovaluto, ma di notevole importanza, ossia le dinamiche della disuguaglianza e della produttività,considerate comestrettamente collegate fra loro. L’obiettivo, in particolare, è quello di analizzare l’effetto di alcune politiche sia sulla disuguaglianza dei redditi, sia sulla produttività.

L’analisi parte dalla constatazione che, negli ultimi trent’anni, la crescita della produttività non è stata mai così contenuta come dopo la crisi economica mentre la crescita delle disuguaglianze, negli ultimi decenni, non ha subito alcuna battuta d’arresto.

In molti paesi avanzati, la crescita della produttività ha iniziato a indebolirsi all’inizio del 2000, e il rallentamento si è accentuato per la totalità dei paesi OCSE a seguito della crisi economica. Come si può notare dalla figura 1, estratta dal Rapporto, nei paesi OCSE, la crescita della produttività del lavoro è stata in media del 2%, tra il 1990 e il 2000; dell’1,9% nel periodo 2000-07 e dello 0.9% tra il 2007 e il 2014.Il trend non è stato, però, lo stesso in tutti i paesi: negli Stati Uniti, ad esempio, la crescita della produttività ha subito un’accelerazione all’inizio degli anni 2000, mentre nell’Area Euro e in Giappone, nello stesso periodo,la crescita della produttività è rallentata. In seguito alla crisi economica,in tutti i paesi OCSE, il tasso di crescita della produttività si è ridotto a circa la metà di quello degli anni 90.

Secondo l’OCSE, il rallentamento della produttività ha,di fatto,ostacolato la crescita dei salari reali,aggravando ulteriormente la situazione dei lavoratori, già prostrati dalla crescita delle disuguaglianze nei redditi da lavoro, iniziata negli anni 90. Questa affermazione è supportata dai risultati di un altro recente studiodell’OCSE (Kappeler et al., “Decoupling of Productivity and MedianWage Growth: Macro-Level Evidence”,OECD EconomicsDepartmentWorkingPapers2016) che indaga la crescita della produttività e dei salari in 23 paesi OCSE nel periodo 1990-2013. Secondo questo studio,la produttività è cresciuta del 3,1% l’anno dal 1990 al 2000 e soltanto dello 0,9%,nel periodo 2000-2013, con effetti di freno sui redditi da lavoro, che sono, tuttavia, cresciuti meno della produttività nell’intero periodo 1990-2013 (la crescita annua media di redditi da lavoro e produttività nel periodo è risultata, rispettivamente, pari all’1,5% e all’1,8%).La figura 2conferma come, in quasi tutti i paesi oggetto dello studio, il reddito da lavoro mediano sia cresciuto meno della produttività nell’arco di tempo considerato.

Fig.1: Tasso di crescita medio annuo della produttività del lavoro (prodotto per ora lavorata)

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Fig.2:. Tassi di crescita annui dei redditi da lavoro e della produttività in alcuni paesi OCSE , 1990-2013

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Per quel che riguarda l’andamento delle disuguaglianze, tra il 1990 e il 2000, il coefficiente di Gini calcolato sui redditi di mercato (ovvero senza tener conto delle imposte e dei trasferimenti) è cresciuto in maniera sostanziosa, come si evince dalla figura 3,mentre le politiche redistributive hanno contenuto la crescita delle disuguaglianze dei redditi disponibili (ottenuti dai redditi di mercato, sottraendo le imposte dirette e aggiungendo i trasferimenti monetari del welfare). Tra il 2000 e il 2011, il coefficiente di Gini è cresciuto meno che nel decennio precedente e in modo simile per i redditi di mercato e per quelli disponibili; in questo periodo, però,gli interventi redistributivi, sembrano essere stati meno efficaci nel contrastare la crescita delle disuguaglianze dei redditi di mercato.

Fig. 3: Variazione del coefficiente di Gini nei paesi OCSE: redditi di mercato e disponibili

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In particolare, se si guardano i redditi disponibili, le differenze nei tassi di crescita dei redditi sono più elevate agli estremi della distribuzione: dal 1990 il reddito del 10% più ricco è aumentato del 30%, mentre quello del 10% più povero è cresciuto solo del 4%.

Esaminiamo, ora,quali sono, secondo il rapporto, le politiche da mettere in atto per stimolare la produttività del lavoro e l’equità distributiva, distinguendo tra quelle in grado di agire positivamente su entrambi gli obiettivi, e quelle che, invece,possono porre di fronte a un trade-off.

Il sostegno alla domanda aggregata sembra essere di fondamentale importanza, sia per stimolare gli investimenti e per incrementare la produttività del lavoro, sia per ridurre la disuguaglianza nei redditi, attraverso i suoi effetti sul tasso di disoccupazione. In particolare, con la crisi finanziaria, la riduzione degli investimenti e l’incremento del numero di disoccupati hanno generato una dinamica caratterizzata da limitati incrementi di produttività, alto numero d’individui con reddito nullo (o molto basso) e, di conseguenza, scarsa crescita economica. Il suggerimento del Rapporto è di adoperare, contemporaneamente e in maniera sinergica, politiche monetarie, fiscali e strutturali per limitare l’incremento di povertà e disuguaglianza associato agli effetti ciclici della crisi e per favorire l’occupazione delle categorie più deboli. L’ampliamento delle risorse destinate agli investimenti pubblici viene poi suggerito con l’intento di incrementare la domanda aggregata e stimolare l’accumulazione di capitale, da cui ci si attendono effetti benefici sull’economia sia nel breve, sia nel lungo periodo.

Un’altra categoria di possibili azioni con effetti su produttività e disuguaglianza riguarda l’ammontare e la composizione della spesa pubblica. In particolare, la tabella 1 estratta dall’Economic Outlook, e a sua volta basata su un lavoro di  prossima pubblicazione di Fournier e Johansson, evidenzia come gli effetti della spesa pubblica varino a seconda delle differenti politiche attuate.

Tab.1: Effetti su crescita, produttività e eguaglianza distributiva di diverse misure di spesa pubblica

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Note: + effetto positivo e statisticamente significativo; – effetto negativo e statisticamente significativo; n.s. effetto non significativo al livello di significatività del 10%). 0/+ effetto significativo o meno a seconda se la politica è rivolta alla riduzione della disuguaglianza nei livelli di istruzione. Fonte: Stime OECD basatesu Fournier e Johansson (2016), “The Effect of the Size and the Mix of Public Spending on Growth and Inequality”, OECD Economics Department Working Papers, forthcoming; World Bank Worldwide Governance Indicators database.

Dalla tabella, ad esempio, si evince come migliorare l’efficacia della spesa governativa, o incrementarne l’ammontare, possa avere effetti positivi e statisticamente significativi sia sulla crescita della produttività, sia sull’equità distributiva. Migliorare i livelli di istruzione tramite incrementi degli investimenti pubblici, può essere utile, invece, a spingere verso l’alto il tasso di crescita della produttività nel lungo periodo, migliorando contemporaneamente l’equità distributiva.

Per quanto riguarda le politiche legate al grado di competitività dei mercati, il rapporto presenta evidenze sia a livello macroeconomico (Egert, 2016), sia a livello di settore industriale (Cette e altri, 2016), che d’impresa (Andrews e altri, 2015). Tali studi suggeriscono che interventi volti alla riduzione della regolamentazione dei mercati dei beni sono spesso associati ad incrementi sia della produttività del lavoro sia di quella totale dei fattori. Le politiche d’incentivo alla ricerca e sviluppo e all’innovazione, soprattutto se volte a migliorare la collaborazione tra università e imprese, sembrerebbero, invece, essere associate a una minore dispersione nei livelli di produttività, con effetti positivi sia sulla capacità produttiva, sia sull’equità distributiva (Andrews e altri, 2015).

Le evidenze sugli effetti che la regolamentazione del mercato del lavoro ha su produttività e distribuzione dei redditi sembrano, invece, più confuse. Generalmente gli studi che usano micro-dati a livello d’impresa o settore industriale sembrano mostrare un’associazione negativa tra Employment Protection Legislation (EPL) e livelli di produttività (Bassanini e altri, 2009; Andrews e altri, 2015). Gli studi basati su macro-dati evidenzierebbero, invece, effetti contrastanti dell’EPL sulla produttività e negativi sull’equità distributiva (OECD, 2011; Causa et al. “The Distributional Impact of Pro-Growth Reforms”, OECD, di prossimapubblicazione)

L’ultima classe di politiche analizzata nel rapporto riguarda gli interventi sui mercati finanziari, che dovrebbero mirare, secondo l’OCSE, a una graduale trasformazione delle istituzioni finanziarie e delle banche “too big to fail” in soggetti di minore entità, per tentare di ridurre il rischio sistemico associato al loro possibile fallimento improvviso. Alcune banche d’investimento molto importanti, infatti,sicure del salvataggio in caso di fallimento, hanno agito in maniera molto spregiudicata, eccedendo negli investimenti ad alto rischio e nella concessione del credito a soggetti privi di garanzie. Tale dinamica, oltre ad essere una delle cause scatenanti della crisi del 2008, ha anche ridotto i livelli di crescita e di produttività sistemica. Inoltre gli effetti negativi delle istituzioni “too big to fail”, secondo il Rapporto, non si fermerebbero qui. Le retribuzioni di chi lavora in queste istituzioni finanziarie sono significativamente più elevate rispetto a quelle di lavoratori simili operanti in altri settori. come prova anche la loro diffusa presenza tra coloro che percepiscono l’1% più alto dei redditi da lavoro.

In conclusione, il Rapporto contiene analisi interessanti, in particolare il tentativo di valutare gli effetti delle politiche non solo sulla produttività e sulla crescita,ma anche sulle disuguaglianze. Prevenire la formazione delle disuguaglianze nel mercato può essere molto importante e, a questo scopo,una valutazione più accurata degli effetti delle politiche non redistributive è- come si è già sostenuto sul Menabò – indispensabile soprattutto dopo l’accertamento degli insuccessi di alcune politiche neoliberiste e alla luce delle evidenze che mostrano come l’equità distributiva abbia un effetto positivo sulla crescita economica.

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